Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2011) 03-11-2011, n. 39726 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con decreto in data 7 febbraio 2011 il GIP del Tribunale di Ferrara disponeva il sequestro preventivo di una piscina con vasca delle dimensioni di mq 128, circondata da pedane in legno, poste nell’area demaniale in concessione dello stabilimento balneare (OMISSIS) di (OMISSIS) comune di (OMISSIS), in danno di B. P., indagato per i reati di cui all’art. 1161 c.n., D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 141, lett. A), D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), art. 734 c.p..

Rilevava il GIP che l’opera in questione era stata autorizzata per la stagione balneare e doveva essere rimossa entro il mese di ottobre 2010. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità, riteneva il GIP che la occupazione di suolo demaniale con opere di natura stagionale protratta oltre il termine previsto nelle autorizzazioni integrasse i reati di costruzione abusiva e di abusiva occupazione del suolo demaniale. Sussisteva quindi il fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), nonchè il periculum in mora in quanto la libera disponibilità del manufatto determinava la protrazione del reato.

2) Ricorre per cassazione B.P., denunciando, con il primo motivo, la erronea applicazione di legge con particolare riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).

La sentenza della S.C. richiamata dal GIP a sostegno del disposto sequestro è inconferente. La piscina di cui è stato disposto il sequestro insiste su area data in concessione allo stabilimento balneare per l’intera annualità dietro pagamento di un canone.

Inoltre l’autorizzazione n. 112 del 3.12.2009, rilasciata dal Comune di Comacchio, non riguarda la sola stagione balneare di riferimento, ma ha durata quinquennale (dal 2009 al 2013). Eventualmente, quindi, la indebita permanenza di opere autorizzate (anche se temporaneamente) può essere sanzionata in via amministrativa ai sensi dell’art. 1164 c.n..

Esclusa quindi la ipotizzabilità del reato di cui all’art. 1161 c.n. e necessitando di approfondimenti le ipotesi di cui all’art. 734 c.p. e D.Lgs. n. 42 del 2004, il fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) è assolutamente insussistente. Il titolo come si è visto non può ritenersi scaduto e l’opera in questione è sottratta dalla stessa amministrazione comunale alla necessità di permesso di costruire stante la natura precaria dell’intervento.

Con il secondo motivo denuncia la carenza e manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale ha omesso di considerare che l’opera era da tempo ultimata e che, per di più, nel caso di specie l’area su cui la piscina insiste è comunque in concessione al ricorrente e che il titolo autorizzatorio aveva una validità di 5 anni. Non è possibile pertanto ipotizzare ulteriori conseguenze dannose e condotte tipiche del reato di cui ai capo d). Il GIP apoditticamente ha ritenuto che il manufatto abusivo ultimato abbia riverberi negativi sull’assetto urbanistico. Come affermato dalla Suprema Corte spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, valutare adeguatamente il pericolo derivante dal libero uso della cosa.

Il GIP ha, invece, completamente omesso tale valutazione.

3) Il primo motivo di ricorso è infondato. L’autorizzazione richiamata risultava rilasciata "ai soli fini demaniali marittimi" e, come espressamente enunciato, non esimeva "dal possesso delle altre prescritte autorizzazioni (titolo edilizio, autorizzazione ambientale).

Il titolo edilizio non era (inizialmente) richiesto in ragione della precarietà dell’opera.

E, secondo giurisprudenza pacifica di questa Corte, il requisito della precarietà va individuato in relazione alla oggettiva ed intrinseca destinazione dell’opera medesima (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 8316 del 10.6.94).

La mancata rimozione alla scadenza faceva però venir meno detta precarietà, per cui è configurabile il fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.

Ha richiamato il GIP la condivisibile decisione di questa Corte (cass.sez.3 n.17062 del 21.3.2006) che aveva ad oggetto una fattispecie assolutamente analoga. Si legge in motivazione: "…..era titolare di concessione demaniale rilasciata dalla competente Autorità Amministrativa, per l’uso della spiaggia antistante lo stabilimento e da destinare ad attività di balneazione..;

………aveva ottenuto anche l’autorizzazione comunale per la realizzazione di opere precarie edili, nella specie chioschi, cabine, passerelle, da utilizzare per la sola durata della stagione balneare.

Consegue che al termine del periodo estivo,…. aveva l’obbligo di rimuovere le predette opere precarie. L’omessa rimozione di tali opere rendeva le stesse illegittime ed illecite perchè realizzate senza i prescritti titoli abilitativi, in zona sottoposta a tutela ambientale. Al riguardo va rilevato che la concessione demaniale, di cui era in possesso…. lo legittimava all’uso pluriennale dei suolo, non certo ad installare sul litorale marino manufatti edili senza essere provvisto della prescritta concessione edilizia, concessione (ora permesso di costruire) che, nella specie, non poteva essere rilasciato stante la natura demaniale del suolo". 3.1) Fondato è invece il secondo motivo di ricorso.

A norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione pud essere proposto soltanto per violazione di legge. Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 2/2004. Terrazzi), nel concetto di violazione di legge può, però, comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l’art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall’art. 606 c.p.p., lett. e), nè tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento. Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con la sentenza n.25932 del 29.5.2008 – Ivanov, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

3.1.1) In ordine al periculum in mora la motivazione del provvedimento impugnato è meramente apparente ed apodittica. Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte non c’è dubbio che, anche dopo il completamento delle opere, sia consentito il sequestro, purchè il pericolo della libera disponibilità dell’immobile presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistendo nel protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato (Cass.sez.un.sent. n. 12878 del 2003). "Il pericolo, attinente alla libera disponibilità dei bene, come già si è detto, deve presentare i caratteri della concretezza e dell’attualità. In tal senso si sono pronunciate espressamente queste Sezioni Unite (Cass. Sez. U. 14.12.1994 – Adelio), sottolineando che, ancorchè manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale all’art. 274 c.p.p., lett. c), è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., quale misura anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all’illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell’indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione dei bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività.

In altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo". Il decreto impugnato va, pertanto, annullato limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Ferrara, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia al Tribunale di Ferrara.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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