Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 03-11-2011, n. 39717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Questore di Campobasso, con provvedimenti in data 4.6.2010, notificati il 14.6.2010, imponeva a L.P., C. D., S.S., B.F., I. A. le prescrizioni di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6.

Il P.M. richiedeva la convalida del provvedimento.

Il Gip del Tribunale di Campobasso, con ordinanza in data 18.6.2010, convalidava il provvedimento del Questore.

2) Propongono ricorso per cassazione i predetti, a mezzo del difensore. Quanto a S.S. si deduce la violazione del termine massimo di 96 ore previsto per la convalida. Per gli altri ricorrenti si assume che la richiesta di convalida da parte del P.M. sia intervenuta dopo le 48 ore previste dalla legge. Denunciano, inoltre, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla necessità e modalità dell’obbligo di presentazione.

3) Il primo motivo di ricorso è fondato.

3.1) La Corte Costituzionale, con sentenza n. 512 del 2002, ha affermato che la misura di prevenzione di cui al secondo comma della L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6 e succ.modif., rientra tra le forme di restrizione della libertà personale, per cui trovano applicazione le garanzie previste dall’art. 13 Cost. Può essere imposta, quindi, solo con atto motivato dell’A.G. e nei soli casi e modi previsti dalla legge (comma 2); in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, è però consentito all’autorità di pubblica sicurezza di adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto (comma 3). Con un’interpretazione costituzionalmente orientata, la sentenza della Corte Cost., quindi, specifica che la misura di prevenzione di cui al secondo comma dell’art. 6 cit. (il testo meramente letterale farebbe pensare ad un provvedimento restrittivo della libertà personale attribuito in via esclusiva e non solo provvisoria all’autorità di P.S.) è riconducile alla previsione dell’art. 13 Cost., comma 3, ribadendo quanto già sostenuto in precedenza (cfr.sent.n.144 del 1997) e cioè la necessità che il destinatario del provvedimento impositivo della misura abbia "una piena e previa conoscenza dei diritti di difesa di cui può fruire in tale giudizio".

Le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 44273/2004), dopo aver richiamato il contenuto delle decisioni della Corte costituzionale sopraindicate, hanno affermato che il controllo di legalità deve svolgersi su tutti i presupposti legittimanti la misura, vale a dire:

a) la pericolosità dei soggetto, verificando se i fatti indicati dal Questore possano costituire indizio sicuro della ritenuta pericolosità; b) l’adeguatezza della misura in relazione alla sua durata, la quale se ritenuta eccessiva, può essere anche ridotta ma non aumentata ex officio dal giudice, c) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il Questore a provvedere. Quanto al diritto di difesa, hanno ribadito che il soggetto destinatario della misura deve poter interloquire nel procedimento, presentando memorie e deduzioni ed esaminando la documentazione che giustifica l’adozione della misura e che è stata trasmessa dal Questore ("Diversamente la possibilità di presentare memorie o deduzioni sarebbe vanificata dalla mancata conoscenza degli atti e la possibilità di interloquire – già sensibilmente ridotta per un contraddittorio solo cartolare e consentito in termini temporali assai ristretti – sarebbe sostanzialmente elusa).

3.1.1) Tanto premesso risulta dagli atti che il decreto del Questore venne notificato a S.S. il 14.6.2010 alle ore 12,10 e che l’ordinanza di convalida del GIP fu emessa il 18.6.2010 (e depositata in pari data senza alcuna indicazione di orario). Non potendosi stabilire, con certezza, che il provvedimento di convalida sia stato emesso prima delle ore 12,10 del 18.6.2010 (l’unico dato certo è rappresentato dal timbro apposto dalla Procura della Repubblica, al momento della ricezione, avvenuta però in orario successivo e cioè alle ore 13,15), deve ritenersi violato il termine di 96 ore, previsto dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 3 a pena di inefficacia della misura. Per quanto riguarda gli altri ricorrenti il decreto del Questore venne notificato in data 14.6.2010, mentre la richiesta di convalida del P.M. intervenne solo in data 18.6.2010 (nella stessa ordinanza del GIP del 18.6.2010 si da atto che la richiesta è stata "avanzata dal P.M. in data odierna"), e quindi ben oltre il termine di 48 ore previsto dal cit. art. 6, comma 3, a pena di inefficacia della misura.

Come affermato dalla giurisprudenza più recente di questa Corte, "offerendo il vizio alla ritualità della procedura di convalida, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio" (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 16405 del 10.3.2010; conf. Cass. pen. sez. 3 n. 18530 del 10.3.2010; Cass.pen.sez.3 n. 21344 del 15.4.2010).

L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorte ovviamente ogni altra doglianza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alle prescrizioni relative all’obbligo di presentazione.

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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