Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 03-11-2011, n. 39714

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.S. è stato rinviato a giudizio avanti il Tribunale di Genova per rispondere dei reati previsti dall’art. 81 cpv, art. 609 bis comma 2, n. 1 e art. 609 bis, comma 2, n. 1, art. 609 ter cod. pen.. All’esito del dibattimento, i Giudici, con sentenza 10 marzo 2010, hanno ritenuto l’imputato responsabile solo del reato di cui all’art. 81 cpv, art. 609 quater cod. pen., per avere commesso atti sessuali nei confronti di C.S.G. minore degli anni quattordici e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di anni sei di reclusione; il Tribunale ha assolto l’imputato dal reato di violenza sessuale, nei confronti dello stesso ragazzo quattordicenne, con la formula "perchè i fatti non sussistono".

A sostegno della conclusione, i Giudici hanno evidenziato che il rapporto sessuale (che rientrava in una articolata relazione personale nella quale il B. fungeva da genitore di supporto al ragazzo) non aveva connotati di coazione, subordinazione o abuso di autorità dell’imputato sul giovane; pertanto, hanno modificato la primitiva contestazione e reputato insussistente il delitto commesso quando il minore aveva compiuto gli anni quattordici.

In esito allo appello del Pubblico Ministero, la Corte territoriale di Genova, con sentenza 14 dicembre 2010, ha ritenuto l’imputato responsabile di entrambi i reati addebitatigli nella loro originaria formulazione e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante, lo ha condannato alla pena di anni dodici di reclusione.

La Corte ( dopo avere disatteso i motivi di appello inerente alla nullità dello avviso di conclusione delle indagini ed alla incertezza dell’età della vittima) ha rilevato come non si potesse parlare di un rapporto paritario tra il ragazzo- poco più che un bambino, sradicato dal suo ambiente, in condizioni socioeconomiche degradate, sedotto dai regali che l’indigenza della sua famiglia non poteva procurargli – ed il B. cinquantenne che per soddisfare i suoi insani istinti si è comprato un partner a poco prezzo; il minore per la sua immaturità ha accettato squallidi giochi erotici sedotto dal comportamento pseudogenitoriale dell’imputato che gli ha procurato danni permanenti.

Per l’annullamento della sentenza, B. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo nei motivi principali ed aggiunti:

– che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è nullo perchè inoltrato quando ancora era in corso l’incidente probatorio;

– che non è corretta la sussunzione dei fatti nei ritenuti reati perchè non è provato lo stato di inferiorità del ragazzo e la seduzione attraverso la elargizione di modestissimi regali non integra la nozione di atto sessuale abusivo : un filmato ha permesso di verificare che i rapporti tra i due non erano squilibrati;

– che la Corte, ha modificato la pena in pejus anche sul bilanciamento delle circostanze (tema non coinvolto dall’appello del Pubblico Ministero).

Per quanto concerne la prima deduzione, deve rilevarsi, come già osservato dai Giudici di merito, che, al momento dell’invio dello avviso di conclusione delle indagini, era già esaurito l’incidente probatorio concernente l’audizione del minore ed era in corso quello per l’accertamento di patologie sessualmente trasmissibili il cui esito era ininfluente; per questo eventuale reato, non è stata elevata alcuna contestazione per cui non è riscontrabile la dedotta violazione dei diritti della difesa che è stata posta in grado di espletare le facoltà conferite dall’art. 415 bis cod. proc. pen..

Nel merito, non sussiste dubbio alcuno sulla ricostruzione materiale dei fatti ed, in particolare, sulla circostanza, non contestata dalla difesa, che tra imputato e parte lesa si fossero instaurati rapporti sessuali anche quando il ragazzo era inferiore agli anni quattordici.

Il problema che il caso pone, risolto in modo differente dai due Giudici di merito, consiste nello stabilire se gli atti sessuali fossero stati posti in essere dallo imputato con abuso delle condizioni di inferiorità del minore.

Il Tribunale è pervenuto alla ricordata decisione avendo come referente una intercettazione video che riprendeva uno spaccato di vita ed "domestica" tra l’imputato ed il ragazzo, i loro dialoghi, le loro iterazioni ed un rapporto sessuale. Da tale captazione, il Tribunale ha tratto la conclusione che tra i due intercorreva un deviato rapporto imitante quello tra padre e figlio non connotato da squilibrio tra i due o abuso di autorità da parte dell’imputato (non ponendosi,tuttavia, il problema di come e quando tale relazione paritaria si fosse instaurata). La Corte di appello ha diversamente deciso con motivazione non esaustiva: la omissione incide sulla corretta sussunzione dei fatti nelle norme di riferimento per il reato commesso ai danni del minore di anni quattordici ed è decisiva per il residuo nel quale proprio la condotta abusiva rendeva penalmente rilevante la relazione sessuale tra l’imputato ed il giovane.

Ora la Corte di Appello ha posto l’accento sulla distanza di età, sul differenziale di potere tra imputato e vittima che ha accettato gli atti sessuali per il comportamento accattivante dell’imputato; in sostanza, ha motivato solo sul peculiare rapporto interpersonale e, quindi, sulla condizione di inferiorità della vittima che si presentava come un soggetto debole di fronte all’agente.

I Giudici non hanno esteso il loro esame alla sussistenza degli altri elementi integrativi della condotta tipica della fattispecie dell’art. 609 bis cod. pen., comma 2, n. 1 e non hanno tenuto conto che il differenziale di potere tra l’incube ed il succube è rilevante, al fine che interessa, quando il soggetto attivo agisca con "induzione " ed "abuso" delle condizioni di menomazione della vittima; tali nozioni sono state messe a fuoco nella giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Sez 3 sentenza 44978/2010).

L’abuso consiste nel doloso sfruttamento della inferiorità della persona offesa e nella distorta utilizzazione delle sue condizioni sì che il soggetto in difficoltà viene strumentalizzato e ridotto ad un mezzo per l’altrui soddisfazione sessuale.

L’induzione si realizza con un comportamento positivo mediante il quale l’agente con attività di persuasione suggestione, pressione o coartazione morale (cioè, con una sopraffazione non costrittiva o intimidatoria, ma psicologica) istiga o convince quello passivo ad aderire all’atto sessuale che diversamente non avrebbe compiuto. Su tutta questa complessa tematica delle dinamiche intersoggettive tra imputato e vittima, la motivazione della sentenza in esame è silente. Per questa lacuna argomentativa, la decisione deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova; tale conclusione, per il suo carattere assorbente, esonera il Collegio dal considerare la residua censure del ricorrente.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

Roma 21 settembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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