Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 03-11-2011, n. 39712

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 21.12.2009 il GIP del Tribunale di Torino condannava A.N., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per la scelta del rito, alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. "per avere, tenendo la minore N.D.A. ,.ch.av.co.in.un.va.ap.tr.la.tr.de.sc. d.u.c.e.i.c.p.u.b.e.t.c. l.m.i.s.i.f.e.t.i.c.b.e.

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Sc.). I Carabinieri, inoltre, avevano sorpreso l’imputato disteso su un materasso, con la cerniera dei pantaloni aperta, come emergeva inoppugnabilmente dal verbale di arresto. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, poi, l’invocazione di aiuto da parte della ragazza, che si trovava nella cantina ed affermava di non poter uscire, era avvenuta contestualmente ed i Carabinieri avevano trovato la medesima in "posizione fetale" e gravemente turbata. Nè d’altra parte era realistico pensare che una sedicenne potesse mistificare posizione e stato d’animo e, quindi, camuffare il volontario approccio sessuale per non dispiacere i genitori.

Tali risultanze oggettive corroboravano le dichiarazioni della parte offesa, la quale aveva affermato di essere stata trascinata in cantina contro la sua volontà e di aver subito l’atto sessuale.

Condivisibile era pertanto l’assunto del GIP, secondo cui l’eventuale genesi amicale dell’incontro non escludeva certamente la configurabilità del reato.

Con un’analisi puntuale delle risultanze processuali i giudici di merito hanno, quindi, disatteso la tesi difensiva, palesemente non coerente e non credibile e per di più smentita dalle acquisizioni probatorie.

In particolare hanno escluso che la denuncia della minore fosse strumentale e tesa a giustificare la sorpresa in flagranza per evitare conseguenze familiari.

3.3) Infine la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che non ricorressero i presupposti per concedere le invocate circostanze attenuanti.

Quanto all’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, questa Corte ha ripetutamele affermato che essa deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima (bene- interesse tutelato dalla norma) sia stata compressa in maniera non grave.

Deve quindi farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, quali mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione esercitato sulla vittima, condizioni fisiche e mentali di questa, caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, così da poter ritenere che la libertà sessuale sia stata compresso in modo non grave, come, pure, il danno arrecato anche in termini psichici (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 5002 del 7.U.2006; Cass. pen. sez. 3 n. 45604 del 13.11.2007).

Bisogna tener conto cioè, oltre che della materialità del fatto, di tutte le modalità della condotta criminosa e del danno arrecato alla parte lesa ovvero degli elementi indicati dall’art. 133 c.p., comma 1, ma non possono venire in rilievo gli ulteriori elementi di cui al comma secondo dello stesso articolo 133, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena" (Cass. pen. sez. 3 n. 2597 del 25.11.2003).

Anche di recente questa Corte ha ribadito che ai fini del riconoscimento dell’attenuante della minore gravità non rileva di per sè la "natura" e "l’entità dell’abuso, essendo necessario valutare il fatto nei suo complesso (Cass. sez. 3 n. 10085 del 5.2.2009).

I Giudici del merito hanno escluso l’applicazione dell’attenuante, considerando opportunamente che le modalità della condotta erano particolarmente allarmanti (trascinamento violento della ragazza in una cantina, piccola e buia, che impediva libertà di movimento) e le conseguenze psicologiche risultavano estremamente gravi per la personalità ancora in formazione della minore, peraltro "ingannata da un precedente rapporto di amicizia con il reo e che l’ha portata in buona fede a seguire A. fino al punto di non ritorno".

Conseguentemente e coerentemente con la grave entità del danno cagionato alla persona offesa è stata ritenuto non esaustivo il risarcimento dei danni (consistito nel pagamento della somma di Euro 2.000,00) e quindi non applicabile la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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