T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 05-12-2011, n. 9563

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente F. ha acquistato con contratto di leasing del 23 febbraio 2006 un terreno sito in Roma e avente accesso principale da Via di Macchia Palocco 233. Sull’area insistono tre palazzi di circa 60.000 mq. L’intero complesso è condotto in locazione da T.I. ed è adibito al controllo e allo smistamento del traffico telefonico internazionale.

La controinteressata A.U. S.p.A. è proprietaria di una serie di terreni confinanti con la proprietà della ricorrente, aventi una superficie complessiva notevolmente più ampia, e sui quali non insiste alcun fabbricato.

Tutte le aree in questione sono inserite nell’ambito della Centralità Metropolitana ed Urbana "Acilia – Madonnetta" di cui all’art. 65, comma 5 delle NTA del Nuovo Piano Regolatore della Città di Roma.. In particolare, si tratta di una centralità "da pianificare" sulla base di uno schema di progetto preliminare a iniziativa pubblica o privata.

La ricorrente premette inoltre:

– di aver acquistato l’area su cui insistono gli edifici locati a Telecom, principalmente al fine di acquisire la titolarità della maggioranza assoluta del valore catastale degli immobili ricadenti all’interno dell’ambito di intervento. Ciò allo scopo di presentare uno Schema di assetto Preliminare per realizzare un proprio progetto urbano, posto che la normativa delle NTA del piano adottato (nel 2003) già prefigurava questa base la possibilità di formare un consorzio abilitato a presentare al Comune lo strumento esecutivo esteso a tutto l’ambito di intervento, con facoltà di espropriare i privati che non intendessero aderirvi (nella specie, se del caso, i terreni dell’odierna controinteressata Società A.U.);

– di aver contestato in sede giurisdizionale civile – con azione di accertamento negativo su cui è intervenuta una declaratoria di difetto di giurisdizione ad opera delle SS.UU. della Corte di cassazione in sede di regolamento – il diritto dell’odierna controinteressata a presentare un SAP che prevede il passaggio di una strada sull’area occupata da due dei tre edifici attualmente esistenti (proposta presentata da ultimo presso il Comune di Roma in data 24 gennaio 2008);

– di aver depositato comunque presso il Comune di Roma in data 11 febbraio 2008 anche una propria proposta di SAP diretta a realizzare un progetto per l’intera Centralità.

1.1 La ricorrente contesta, in buona sostanza, le modificazioni apportate alle NTA del Nuovo Piano Regolatore Generale con l’Accordo di Copianificazione e la definitiva approvazione del Piano ai sensi dell’art. 66 – bis della L.R n. 38/99. Essa sostiene:

a) che dette modifiche abbiano immotivatamente e ingiustamente inciso:

– sul criterio di determinazione del valore degli immobili su base catastale, a meno di voler ritenere che l’art. 13, comma 15 delle nuove NTA – che corregge il criterio con riferimento alle aree edificabili facendo riferimento all’imponibile ICI – non si applichi ai Progetti Urbani in quanto disciplinati da previsioni speciali;

sulla legittimazione alla presentazione dello strumento urbanistico non solo dei proprietari, ma anche degli "aventi titolo" (come l’odierna ricorrente, che è titolare dell’immobile in virtù di contratto di leasing);

b) che la modifica dell’altro requisito riferito al possesso della maggioranza assoluta dei "diritti edificatori" nella maggioranza delle "previsioni edificatorie", va considerata illegittima, anche se tale criterio non si cumulerebbe con quello riferito al valore catastale dell’immobile;

c) che la procedura della Conferenza di Copianificazione e di approvazione definitiva del Nuovo P.R.G. risulta viziata sotto vari profili procedimentali;

d) che i provvedimenti impugnati appaiono privare la ricorrente della posizione di unico soggetto legittimato a presentare il SAP.

Conseguentemente la ricorrente propone tre motivi di impugnazione così rubricati:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 66bis, comma 5, L.R. n. 38/99, nonché degli artt. 8, 9 e 10 della L. n. 1150/42; eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti e difetto di motivazione; violazione dell’art. 97 Cost, come espressione dei principi di buon andamento e imparzialità della P.A;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del regolamento interno del Consiglio comunale approvato con delibera C.C. n. 100 del 25 luglio 2002, nonché del principio del contraddittorio procedimentale; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti;

3) eccesso di potere per sviamento, illogicità e contraddittorietà manifeste, violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione; violazione dell’art. 1 del D.P.R. n. 380/2011; violazione dell’art. 41 della Costituzione; violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 per carenza assoluta di motivazione.

La ricorrente chiede altresì anche il risarcimento dei danni.

Con successivi motivi aggiunti, depositati il 23 luglio 2008, la ricorrente ha impugnato:

– il verbale di accertamento con adesione del 16 novembre 2007 n. 408180 – Prot. del 16.11.2007, con cui il Comune di Roma e Roma Entrate S.p.A. hanno concluso con la società A.U. s.r.l. una procedura di accertamento con adesione ai fine della determinazione dell’importo dovuto a titolo di ICI, relativamente alle aree edificabili in possesso della medesima società in Acilia – Madonnetta, Via Macchia Palocco;

– gli atti presupposti e consequenziali, ivi compreso l’eventuale provvedimento del Comune di Roma autorizzante la sottoscrizione del predetto verbale.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Roma (ora Roma Capitale) e le controinteressate Soc A.U. Srl, Soc. P.&.C.R.E.A. Spa, resistendo al ricorso con eccezioni di rito e deduzioni di merito.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 7 luglio 2011 e quindi trattenuto in decisione.

4. A prescindere da ogni possibile questione in ordine all’opportunità di integrare il contraddittorio processuale chiamando in giudizio gli altri soggetti comunque coinvolti nella titolarità di diritti attinenti agli immobili in questione, va esaminata preliminarmente l’eccezione con cui le difese di Roma Capitale e di A.U. S.p.A. sostengono che il ricorso è inammissibile perché l’Amministrazione non ha ancora adottato i provvedimenti applicativi della previsione di piano.

Infatti, in linea di principio, nei confronti del piano regolatore generale, al pari di tutti gli atti a contenuto generale, il termine per impugnare decorre dal momento in cui si verifica la lesione dell’interesse sostanziale (Consiglio di Stato, sez. VI, 8 settembre 2009, n. 5258), e ciò in particolare ove si tratti di norme tecniche, le quali esplichino l’effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1868).

Nella specie, poi, l’Amministrazione infatti ancora non ha adottato alcun provvedimento conclusivo sulla proposta di SAP presentata dalla ricorrente, in pendenza del relativo procedimento; mentre la nota n. 6620/2008, impugnata in questa sede, costituisce un atto di natura evidentemente interlocutoria, essendo rivolta a chiedere alla società la documentazione dei requisiti soggettivi che abilitano alla presentazione della proposta in questione Solamente all’atto della conclusione del procedimento sarà possibile verificare – anche in correlazione all’esito del corrispondente procedimento sulla proposta dell’odierna controinteressata – l’eventuale insorgenza di una lesione della posizione della ricorrente con il correlativo emergere dell’attualità dell’interesse al ricorso.

Del resto, la complessità delle questioni interpretative che vengono in rilievo in questa vicenda è evidenziata dal fatto che la stessa ricorrente non esclude – come risulta dal tenore complessivo del ricorso – la possibilità di interpretazioni ad essa favorevoli del combinato disposto delle norme di piano. Il che consente di non escludere, in questa fase, un possibile esito della procedura in questione che si riveli in concreto non lesivo per la ricorrente medesima, anche in relazione all’esito alle decisioni coinvolgenti la posizione dell’odierna controinteressata e il contenuto della proposta della stessa.

Né tantomeno questo giudice potrebbe, allo stato, pronunciare una sorta di sentenza avente un sostanziale contenuto di accertamento, con riferimento a un potere ancora non compiutamente esercitato mediante l’adozione delle determinazioni finali da parte dell’Amministrazione (art. 34, comma 2 c.p.a.).

Le censure proposte con il ricorso devono quindi essere dichiarate inammissibili per difetto di interesse a ricorrere.

5. Quanto ai motivi aggiunti, deve rilevarsi il difetto di giurisdizione, dato che:

– l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. n. 546/2992, come sostituito dall’art. 12 della L. 28 dicembre 2001 n. 448, stabilisce che tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere, ivi compresi quelli comunali, restano attribuite alla giurisdizione tributaria

– detta giurisdizione ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento (cfr. Cassazione civile, sez. un., 16 marzo 2009, n. 63159). E’ vero che nella specie viene in rilievo l’impugnazione dell’atto di accertamento con adesione da parte di un terzo, ossia da parte dell’odierna ricorrente; e che la Commissione Tributaria Provinciale con sentenza 137/44/11 del 23 marzo 2011 ha dichiarato difetto di legittimazione attiva della medesima. Ma questo profilo non infirma la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario, trattandosi appunto di un atto diretto alla determinazione del contenuto dell’obbligazione tributaria, contestato sotto il profilo della regolarità procedimentale e della sussistenza dei requisiti formali e sostanziali per la conclusione dell’accertamento con adesione.

6. Conclusivamente occorre dichiarare inammissibili per difetto di interesse le censure di cui al ricorso principale, anch con riferimento alla conseguente richiesta risarcitoria; mentre va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sui motivi aggiunti, trattandosi di questione rientrante nell’ambito della giurisdizione tributaria.

7. Attesa la peculiarità della questione sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) dichiara inammissibili per difetto di interesse le censure di cui al ricorso principale e la conseguente domanda risarcitoria;

b) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sui motivi aggiunti, come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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