Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-07-2011) 03-11-2011, n. 39616

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.M. è stato condannato dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale de L’Aquila per il reato di cui all’art. 483 c.p. e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95; contro la predetta sentenza ha proposto appello, che è stato dichiarato inammissibile dalla Corte dell’Aquila per palese difetto di specificità dei motivi, mancando ogni correlazione critica tra le argomentate ragioni poste a fondamento della decisione impugnata e gli assunti meramente apodittici e congetturali dell’appellante, il quale avrebbe dedotto genericamente l’inattendibilità della ricostruzione probatoria dei fatti e l’eccessività della pena.

Contro l’ordinanza di inammissibilità propone ricorso per cassazione il V., esplicitando due motivi di ricorso:

1. con il primo motivo deduce violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. C) per essere stato deciso l’appello senza fissazione dell’udienza camerale e per non essere stato dato all’imputato il diritto di difendersi, mentre il Procuratore Generale ha potuto esprimere il suo parere, con ciò verificandosi una violazione del contraddittorio e, dunque, dell’articolo 111 della costituzione;

2. con il secondo motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 591 c.p.p., in relazione all’art. 581, lett. C) in relazione all’omessa enunciazione dei motivi con indicazione esatta delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno; sotto questo profilo evidenzia il ricorrente come il giudice di primo grado si sarebbe limitato a raccontare lo svolgersi del processo – omettendo in toto di pronunciarsi sulla circostanza, pur documentalmente provata, che l’autore materiale del falso contestato era un terzo – ed avrebbe erroneamente negato le attenuanti generiche.

Il procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, affetto dalla stessa genericità del ricorso in appello.

Con memoria depositata il 30.06.2011, la difesa ha replicato alle conclusioni del P.G. sia sulla violazione del contraddittorio che sulla specificità dei motivi di appello.

Motivi della decisione

Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini in cui si dirà.

Il primo motivo è infondato: il ricorrente deduce violazione del contraddittorio per essere stato deciso l’appello senza fissazione dell’udienza camerale e per non essere stato dato all’imputato il diritto di difendersi, mentre il Procuratore Generale ha potuto esprimere il suo parere. Orbene, questa Corte ha già avuto modo di affermare che quando l’inammissibilità dell’impugnazione deve essere pronunciata dal giudice di secondo grado ( art. 591 c.p.p., comma 2) il procedimento si svolge in camera di consiglio senza contraddittorio e il provvedimento non deve essere preceduto dagli adempimenti previsti in via generale dall’art. 127 c.p.p. per i procedimenti in camera di consiglio, nè, in particolare, dall’avviso alle parti della data dell’udienza (cfr. Cassazione penale, sez. 5^, 08/04/1992) (1 V. anche Cassazione penale, sez. 1^, 19/09/1991: "Il procedimento per declaratoria dell’inammissibilità dell’impugnazione non deve svolgersi nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p..

Infatti, la disciplina prevista da tale articolo non deve essere applicata a tutti i casi nei quali il giudice delibera in camera di consiglio, ma solo a quelli per cui la legge prevede espressamente l’applicazione di tale procedura e, per quanto concerne la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, l’art. 591, n. 2 stesso codice si limita a disporre che "Il giudice…, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza l’inammissibilità", senza richiamare l’art. 127. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, era stata eccepita la nullità dell’ordinanza di inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 127 cit., sul rilievo che il comma 5 di tale articolo prevede la suddetta sanzione processuale per la violazione delle regole intese ad assicurare il contraddittorio nei casi in cui si deve procedere in camera di consiglio)"; nondimeno, la procedura "de plano" prevista dall’art. 634 per la declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione non esclude la possibilità, da parte della Corte d’Appello, di una previa acquisizione del parere del pubblico ministero (cfr. Cassazione penale, sez. 6^, 22/02/1996, n. 890).

E’ ben vero che la giurisprudenza richiamata si è formata prima della modifica costituzionale relativa all’art. 111, ma questa Corte non ritiene che nel caso di specie vi sia stata lesione del contraddittorio, non essendo necessario, perchè questo vi sia, che sia fissata un’udienza in cui le parti possano comparire.

Il contraddittorio è rispettato, viceversa, ogni qual volta le parti siano messe in condizioni di difendersi e di prospettare le proprie ragioni, nella convinzione che il risultato del processo sia migliore se perseguito attraverso la dialettica tra le parti, piuttosto che nella ricerca solipsistica del giudice-inquisitore; nel caso di specie la difesa ha avuto modo di rappresentare per prima le proprie questioni attraverso il proprio ricorso ed all’organo del pubblico ministero è stato appunto assicurato il contraddittorio, domandandogli il suo parere sul ricorso.

La procedura de plano di cui all’art. 591 c.p.p., comma 2, riduce sicuramente in modo vistoso il contraddittorio tra le parti, in conformità con la particolarità del procedimento, ma non si può dire che lo elimini del tutto, tanto più che alla difesa è ancora consentito il ricorso per cassazione; nè si può ritenere che il contraddittorio si attui solo in udienza, ben potendo esservi un contraddittorio esclusivamente cartolare.

E per la legittimità delle procedure "de plano" pur dopo la modifica costituzionale si sono implicitamente pronunciate sia le sezioni unite (Cassazione penale, sez. un., 11/04/2006, n. 14991), sia le sezioni semplici (cfr. Cassazione penale, sez. 1^, 30/11/2005, n. 1391; Cassazione penale, sez. 4^, 04/07/2005, n. 31431; Cassazione penale, sez. 2^, 28/01/2005, n. 8773), mentre la Corte Costituzionale ritiene comunque – conformemente alla propria costante giurisprudenza – la piena compatibilità con il diritto di difesa di modelli a contraddittorio eventuale e differito (modelli, cioè, che, in ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza, adottino lo schema della decisione "de plano" seguita da una fase impugnatoria eventuale a contraddittorio pieno, attivata dalla parte che intenda insorgere rispetto al decisum; cfr. Corte costituzionale, 05/12/2003, n. 352).

Pur tenendo conto della giurisprudenza citata dalla difesa, si deve comunque rilevare che questa Corte ha recentemente ribadito che rientra nell’insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa (pertanto è stata ritenuta manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 41 c.p.p., comma 1, per asserita violazione dell’art. 6 Cedu e dell’art. 111 Cost., nella parte in cui consente al giudice collegiale competente di dichiarare inammissibile la richiesta di ricusazione senza previa fissazione dell’udienza camerale; Cassazione penale, sez. 2^, 18/02/2010, n. 8808).

Per questi motivi il primo motivo di ricorso deve essere respinto;

merita, invece, accoglimento, il secondo motivo di ricorso, laddove evidenzia che il ricorso in appello, dichiarato inammissibile dalla Corte per genericità, era invece specifico.

Rileva questa Corte che l’atto di appello, dopo una parte iniziale in effetti assolutamente generica, sostiene poi che la falsa attestazione del V. era dipesa da una dichiarazione del padre, relativa alla propria posizione fiscale, per cui a quest’ultimo andava attribuita la responsabilità del reato.

Dunque almeno un motivo di ricorso era presente nell’atto di impugnazione e, sebbene molto scarno e illustrato in modo molto superficiale, meritava una risposta nel merito, tanto più che sul punto nulla dice la sentenza di primo grado.

Per tale motivo l’ordinanza di inammissibilità deve essere annullata, con trasmissione degli atti alla Corte d’appello de L’Aquila per il giudizio.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello de L’Aquila per il giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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