T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 05-12-2011, n. 3112 Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente era stata inquadrata nei ruoli dell’I.N.P.S. a seguito dello scioglimento del Servizio Contributi Agricoli Unificati a far data dal 9.10.1995 con il riconoscimento della precedente qualifica rivestita pari al VI livello funzionale.

Faceva presente, però, che di fatto era stata adibita a mansioni inerente alla VII qualifica funzionale e produceva documentazione che doveva provare lo svolgimento di tali mansioni.

Chiedeva pertanto il riconoscimento della qualifica ricoperta a far data dal 9.10.1995 con il conseguente trattamento economico facendo altresì presente che a far data dal 31.12.97 era vacante un posto riconducibile alla VII qualifica funzionale.

L’I.N.P.S. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso facendo presente che i dipendenti dell’ex SCAU erano stati inquadrati nei ruoli dell’Istituto e erano state loro assegnate le medesime mansioni che svolgevano nell’amministrazione di provenienza.

Peraltro faceva presente che laddove parte delle mansioni svolte fossero riconducibili ad un profilo superiore con la contrattazione collettiva in vigore al momento del passaggio era stata riconosciuta un’indennità compensativa laddove si fosse verificato uno svolgimento di mansioni esorbitanti dal profilo professionale di appartenenza

Vi era poi stata una progressione di carriera in virtù delle norme contrattuali vigenti tanto che la ricorrente aveva acquisito la ex VII qualifica funzionale a decorrere dal 24.9.99.

Concludeva altresì precisando che la giurisdizione del giudice amministrativo si arrestava alla valutazione del rapporto di lavoro al 30.6.1998 quando vi era stata la modifica legislativa che aveva assegnato al giudice del lavoro le controversie attinenti il pubblico impiego contrattualizzato.

Il ricorso non è fondato.

A prescindere dalla attribuibilità delle funzioni in concreto svolte dalla ricorrente alla VII o alla VI qualifica funzionale secondo la diversa valutazione tra le parti in causa, non vi sono i presupposti per il riconoscimento dello svolgimento delle mansioni superiori.

Il ricorrente dipendente dell’INPS rivendicava il trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori di dirigente, il diritto a siffatto trattamento (in assenza di una espressa disposizione di legge concernente lo specifico settore dell’Amministrazione), va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla entrata in vigore del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, che con l’art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina di cui all’art. 56 D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (in tal senso Cons. St. 1595/2003 e 6429/2006).

L’attuale disciplina dello svolgimento delle mansioni superiori è descritta dall’art. 52,comma 2, D.lgs. 165\2001 che così recita: "Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza. ".

In precedenza l’art. 56 D.lgs. 29\1993, nella versione in vigore fino al 23.11.1998 e quindi applicabile al periodo del rapporto di lavoro che come ricordato dall’amministrazione resistente non può spingersi oltre il 30.6.1998, consentiva l’attribuzione temporanea di mansioni superiori ma senza pagamento di differenze retributive né tanto meno di superiore inquadramento.

È, comunque, orientamento di una consolidata giurisprudenza di ritenere che l’esercizio di fatto di mansioni superiori rispetto a quelle proprie non rilevi, ai fini della spettanza del diritto a differenze retributive, non potendosi applicare al pubblico impiego l’art. 2103 del codice civile, in un periodo precedente alla entrata in vigore del D.Lgs. 387/1998 (cfr.: Cons. Stato V, 19.6.2009 n. 4063; idem, 29.7.2003 n. 4301).

Non può applicarsi al caso di specie il principio di tutela lavorativa contenuto nell’art. 36 della Costituzione (e nell’art. 2126 del codice civile), sussistendo un limite invalicabile nei princìpi di organizzazione dei pubblici uffici e delle pubbliche funzioni, di cui agli artt. 51 e 97 della Costituzione (cfr.: Cons. Stato IV 15.9.2009 n. 552; idem V, 29.7.2003 n. 4301). Analogamente, stante un orientamento uniforme della giurisprudenza, l’art. 13 della legge n. 300 del 1970 non può riguardare la fattispecie – ancorché gli artt. 55 e seguenti del D.Lgs. 3.2.1993 n. 29 estendano le norme civilistiche e dei contratti collettivi ai rapporti di pubblico impiego – atteso che l’obbligo di adeguare il trattamento economico alle mansioni esercitate è azionabile nel settore pubblico, solo nei limiti delle previsioni di norme speciali (cfr.: Cons. Stato V, 29.7.2003 n. 4301).

Il ricorso pertanto deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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