Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-05-2012, n. 6935

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Poste italiane spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Milano, pubblicata il 22 dicembre 2009.

La controversia ha per oggetto un contratto di somministrazione stipulato tra Poste italiane spa e la E-Work il 1 aprile 2005 prevedendo la causale "punte di più intensa attività cui non è possibile far fronte con le risorse normalmente impiegate, in considerazione dello spostamento delle lavorazioni dai CPO sui CMP, spostamento lavorazioni estero e dogana da (OMISSIS) ai CMP della (OMISSIS)". Il lavoratore C.M. propose ricorso al giudice del lavoro, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 impugnando il contratto di lavoro somministrato del 1 aprile 2005, scaduto il 30 giugno 2005, stipulato in attuazione del su indicato contratto di somministrazione tra Poste italiane spa e la E-Work. Il Tribunale accolse il ricorso: dichiarò sussistente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il lavoratore e l’impresa utilizzatrice Poste italiane spa, condannando la società a riammettere il lavoratore in servizio e pagargli le retribuzioni dal 18 ottobre 2006. La Corte d’appello ha rigettato l’appello di Poste italiane spa, confermando il punto cruciale della sentenza di primo grado, costituito dal fatto che la società non ha provato la sussistenza delle ragioni indicate nella causale del contratto di somministrazione. Affermato il principio per il quale non basta indicare la ragioni della somministrazione nel contratto, ma è poi necessario che l’utilizzatore vi si attenga e che la prestazione di lavoro corrisponda a tali ragioni, la Corte ha motivato il perchè tale prova non solo non è stata data, ma non è stata neanche prospettata. Il ricorso di Poste italiane spa è articolato in quattro motivi.

Il C. si è difeso con controricorso ed ha depositato una memoria per l’udienza.

Con il primo motivo si denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Il motivo è inammissibile perchè, in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, pur diffondendosi in una lunga esposizione, non specifica quale è il fatto su cui verterebbe il vizio di motivazione e non motiva perchè lo stesso è controverso e perchè lo stesso è decisivo. Inoltre non spiega in cosa consisterebbe la contraddizione della motivazione e perchè la stessa sarebbe insufficiente.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. In questo caso l’assunto è che la Corte avrebbe palesemente errato nel valutare le prove e che la società non aveva l’onere di provare la corrispondenza tra il lavoro effettivamente svolto dal C. e le ragioni indicate come causale del ricorso al lavoro in somministrazione.

La censura sulla valutazione della prova va al di là dell’ambito del giudizio di cassazione ed è formulata in modo inammissibile in questa sede. L’affermazione relativa all’onere della prova è erronea:Se il datore di lavoro convenuto sostiene che l’attività descritta nel ricorso introduttivo e la sua difformità rispetto alla causale indicata nel contratto di somministrazione non sussistono e non corrispndono alla realtà dei fatti, ha l’onere di contestare specificamente tali affermazioni e di provare le circostanze di segno contrario da lui indicate, cosa che nel caso specifico, secondo il motivato giudizio della Corte di merito, non è stato fatto.

Con il terzo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 assumendo che l’omessa indicazione nel contratto individuale delle ragioni della somministrazione non inficia il contratto medesimo e non è in alcun modo sanzionata. Anche questo motivo è infondato perchè non tiene conto del fatto che la Corte ha deciso rilevando la mancata prova delle causali indicate nel contratto di somministrazione stipulato tra l’impresa fornitrice e l’impresa utilizzatrice, che è contratto distinto e diverso da quello stipulato tra l’impresa fornitrice ed il lavoratore. Con il quarto motivo si denunzia violazione art. 1206 c.c. e segg., in materia di messa in mora e corrispettività delle prestazioni. La Corte avrebbe errato "perchè ha ritenuto di individuare il momento di messa in mora nel tentativo di conciliazione, ancorchè questo non contenesse una dichiarazione di messa a disposizione delle prestazioni lavorative". Anche questo motivo è inammissibile perchè sostiene che l’interpretazione fornita dalla Corte di merito del contenuto della richiesta di tentativo di conciliazione sia errata senza riportarne il testo e senza spiegare perchè in quel testo non possa riconoscersi, come invece ha fatto la Corte, una dichiarazione di messa a disposizione delle proprie energie lavorative da parte del lavoratore. La censura si risolve in una apodittica negazione, senza argomentazione, di una valutazione di merito della Corte.

Il ricorso, pertanto, nel suo complesso è infondato e deve essere rigettato. Le spese vanno poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 50,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali, con distrazione all’avv.to Luigi Zezza, dichiaratosi anticipatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *