T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 05-12-2011, n. 3109

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava la delibera indicata in epigrafe che aveva dichiarato l’inefficacia di una precedenti delibera emessa dall’Ospedale Buzzi, poi inserito nell’ambito della ASL resistente al momento della creazione delle Aziende Sanitarie Locali, con la quale era stato confermato il diritto del dott. A. ad essere iscritto al FIP (Fondo Integrativo Pensioni) recependo il contenuto di una deliberazione dell’Ospedale Maggiore del 1961 istitutiva del Fondo in questione.

Il ricorrente era stato assunto nel 1961 presso l’Ospedale Cà Granda e poi presso l’Ospedale san Carlo ed all’epoca il personale era iscritto obbligatoriamente al FIP, successivamente era stato trasferito all’Ospedale Buzzi che non aveva istituito il FIP e con la delibera revocata dal provvedimento impugnato aveva ottenuto che si continuasse ad alimentare tale Fondo sia con i contributi versati dal dipendente che con quelli dovuti dal datore di lavoro.

La ASL 41 in esecuzione della delibera impugnata aveva restituito i contributi fino ad allora versati al ricorrente per la parte da lui versata nel corso del rapporto ai sensi dell’art. 20 del Regolamento istitutivo del Fondo che prevedeva che qualora il dipendente fosse cessato dal servizio prima di aver maturato il diritto alla pensione, dovevano essere restituiti i contributi personali accreditati e quelli volontari oltre agli interessi in misura legale.

Nell’unico motivo di ricorso il ricorrente afferma che con la delibera del 1991 l’Ospedale Buzzi aveva recepito nel proprio ordinamento quello a suo tempo adottato dall’Ospedale Maggiore che gli avrebbe consentito di ottenere, all’atto della cessazione del rapporto, il trattamento integrativo della pensione.

L’operatività della delibera avrebbe perfezionato il diritto del ricorrente a percepire il trattamento integrativo anche perché la delibera fu sottoposta positivamente al controllo tutorio del CO.RE.CO.

Il diritto a percepire tale emolumento era garantito dall’art. 17 L. 152\68 che, dopo aver sancito il divieto di cumulo di trattamenti pensionistici, aveva disposto una deroga per i dipendenti degli enti locali in servizio alla data del 1.3.66 che consentiva loro di conservare le prestazioni previdenziali integrative.

Tale disciplina legislativa non era stata modificata dalle norme sullo stato giuridico dei dipendenti dell’istituito Servizio Sanitario Nazionale né da norme contrattuali che non avevano competenza in materia pensionistica.

Da ciò derivava il diritto del ricorrente a percepire il trattamento previsto dal F.I.P. o quanto meno la parte maturata fino al momento del trasferimento dell’Ospedale Buzzi alla ASL resistente.

Come ipotesi ulteriormente subordinata il ricorrente chiedeva che gli venissero restituiti non solo i contributi da lui versati ma anche quelli versati dal datore di lavoro essendo comunque una prestazione in suo favore di cui l’ente non poteva indebitamente arricchirsi.

Si costituiva in giudizio l’Azienda U.S.S.L. 41 per chiedere il rigetto del ricorso richiamando quanto previsto dall’art. 70 DPR 348\83.

Il ricorso è fondato solo parzialmente.

E’ necessario ricostruire la disciplina prevista per il FIP allo scopo di verificare quale sia la perdurante efficacia di un Fondo che in via generale era stato abolito fin dall’epoca della L. 152\68.

A tal fine soccorre una recente pronuncia della sezione Lavoro della Corte di Cassazione nr. 14333\2010 che ha ricostruito quale sia il regime giuridico applicabile a coloro che avevano conservato il diritto a fruire del trattamento pensionistico integrativo, precisando peraltro che si tratta di una lettura dell’ordinamento condivisa sia dalla giurisprudenza civile che da quella amministrativa.

In merito, infatti, la sentenza afferma: "la L. 8 marzo 1968, n. 152 "Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli Enti locali" nell’art. 17 rubricato come: "Divieto di trattamenti previdenziali e pensionistici aggiuntivi" dispone quanto segue: "E’ fatto divieto alle amministrazioni degli enti locali di corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici in favore dei propri dipendenti in aggiunta al trattamento dovuto dagli enti previdenziali cui il personale medesimo è iscritto per legge. I trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici deliberati dagli organi competenti a favore del personale degli enti locali entro il 1 marzo 1966 e debitamente approvati dagli organi di tutela sono mantenuti limitatamente al personale in servizio a tale data.

I trattamenti supplementari suindicati devono essere decurtati di una somma pari all’ammontare dell’aumento apportato dalla presente legge al trattamento di fine servizio corrisposto dall’INADEL’.

Il D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, nell’art. 70, composto da un unico comma, ha stabilito che "A decorrere dall’entrata in vigore del decreto che approva il presente accordo, cessano di avere efficacia nei confronti del personale confluito nel comparto sanitario le norme specifiche dei settori di provenienza".

Nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2006/19234; 2006/20336 e da ultimo Sezioni unite n. 22750/2009) è stato precisato che i trattamenti supplementari previsti dalla L. 8 marzo 1968, n. 152, art. 17 sono stati mantenuti in favore del personale in servizio alla data del 1 marzo 1966 fino all’entrata in vigore del D.P.R. n. 348 del 1983, il quale prevedeva che, a decorrere dalla sua entrata in vigore, le norme specifiche dei settori di provenienza cessassero di avere efficacia nei confronti del personale confluito nel comparto sanitario, ed ha quindi riconosciuto il diritto al trattamento supplementare, fino al vigore della norma regolamentare ma non oltre.

Sulle stesse linee si è collocata anche la giurisprudenza amministrativa secondo la quale il termine finale per il computo di un trattamento supplementare conservato a norma della L. n. 152 del 1968, cit. art. 17 va fissato alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 348 del 1983 (C.d.S. sez. 5 2005/60)…. l’art. 123 del regolamento ospedaliero prevede la erogazione dell’indennità nel momento in cui si danno le condizioni da esso previste, ossia la cessazione dal servizio del dipendente di ruolo, e non prima. Questa disposizione, essendo stata efficace sino alla data del 20 luglio 1983, determina effetti limitati a tale data, vale a dire che attribuisce il diritto al trattamento supplementare fino a tale data, ma lo attribuisce secondo quanto da essa previsto ossia, appunto, al momento della cessazione dal servizio, di talchè non sussiste ritardo nella erogazione della indennità che correttamente è stata pagata alla data di cessazione del servizio.".

Si tratta, come ricordato dalla sentenza, di un orientamento pacifico di tutta la giurisprudenza che si è occupata dell’applicazione delle norme in esame e da cui il Collegio non trova motivi per discostarsi.

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, è proprio l’art. 70 DPR 348\83 ad aver stabilito la definitiva soppressione dell’istituto previdenziale consentendo al personale che ne aveva fruito di ottenere le prestazioni maturate fino alla data di entrata in vigore del DPR 348\83 al momento del collocamento in congedo.

La delibera revocata emessa nel 1991 dal Collegio Commissariale dell’Ospedale Buzzi era pertanto illegittima poiché recepiva norme regolamentari relative ad un Fondo che era ormai stato soppresso in modo definitivo con il DPR 348\83 continuando a far maturare un trattamento integrativo che invece doveva ritenersi ormai congelato a quanto era maturato al momento dell’entrata in vigore del DPR 348\83.

Sotto questo profilo la delibera impugnata è pienamente legittima, mentre non altrettanto può dirsi quanto alle determinazioni assunte in tema di restituzione dei contributi versati.

Il ricorrente aveva legittimamente maturato fino al 20.7.1983 il diritto a conseguire il trattamento nascente dall’iscrizione al FIP solo che per effetto delle disposizioni sopravvenute era venuta meno la possibilità di continuare ad alimentare il Fondo, ma non era venuto meno il diritto a conseguire quanto fino a quel momento maturato all’atto del collocamento in pensione.

Non è corretta pertanto l’applicazione dell’art. 20 del Regolamento istitutivo del Fondo che riguardava il personale che fosse cessato dal servizio prima di aver maturato il diritto alla pensione.

Nel caso di specie non vi è stata alcuna cessazione dal servizio del ricorrente e pertanto secondo quanto riconosciuto dalla sentenza prima riportata, oltre che da Cass. 11983\2010 e 22750\2009 solo per citare le pronunce più recenti, al momento del pensionamento doveva essere corrisposto al dott. A. quanto era maturato fino alla data del 20.7.1983.

Pertanto la restituzione di quanto versato dal ricorrente deve essere limitata a ciò che risulta trattenuto per i periodi successivi al 20.7.1983, mentre l’amministrazione resistente dovrà provvedere ad effettuare il calcolo di quanto era maturato a quella data che dovrà essere corrisposto al ricorrente.

Sulla probabile differenza tra quanto restituito all’esito della delibera impugnata e quanto dovuto alla luce del criterio sopra esposto dovranno essere riconosciuti gli interessi legali a decorrere dalla data della precedente corresponsione e fino al saldo.

Le spese di lite possono essere compensate in virtù della parziale soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente annullando i punti 1) e 2) della delibera impugnata secondo quanto indicato in motivazione e respingendo quanto al resto.

Dichiara in conseguenza di ciò che il dott. A. ha diritto alla liquidazione del trattamento pensionistico integrativo calcolato secondo i criteri indicati in sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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