T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 05-12-2011, n. 3107

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 12 novembre 2010 e depositato il 23 novembre successivo, la ricorrente ha impugnato la nota del 2 settembre 2010, con cui il direttore dell’Area Infrastrutture e Mobilità – Settore Gestione Rete Stradale e Mobilità Ciclabile della Provincia di Milano ha disposto la revoca dell’autorizzazione n. 161816 rilasciata alla medesima ricorrente il 18 gennaio 2010, relativa alla posa di un impianto pubblicitario di servizio, di cui ha ordinato la rimozione.

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e di eccesso di potere per violazione dei principi del giusto procedimento.

L’adozione del provvedimento impugnato – quale atto di secondo grado, in quanto ha revocato una precedente autorizzazione – è stata preceduta da un avviso di avvio del procedimento di un solo giorno, non consentendosi in tal modo una effettiva partecipazione della ricorrente al procedimento medesimo.

Distinte doglianze attengono alla violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e di eccesso di potere per travisamento dei fatti, insussistenza dei presupposti e difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato sarebbe stato erroneamente qualificato come revoca della precedente autorizzazione, invece che di annullamento oppure di decadenza per il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’atto ampliativo; del resto, farebbe capo alla Provincia, in tale frangente, soltanto la tutela della sicurezza della circolazione stradale e non di altri interessi, da comparare in ogni caso con l’affidamento creatosi in capo al privato.

Ulteriori doglianze riguardano la violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 51 del Regolamento del Codice della strada e degli artt. 3 e 23 del Codice della strada e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti.

L’asserzione della Provincia in ordine alla distanza, di soli 10 cm invece che di 3 m, dell’impianto installato dalla linea bianca delimitante la piazzola di sosta sarebbe fondata sull’erronea interpretazione dell’art. 51, comma 2, lett. a, del Regolamento, in quanto la distanza andrebbe calcolata dalla carreggiata e non dalla banchina; in ogni caso la distanza di 10 cm intercorrerebbe tra l’impianto e la linea bianca della piazzola di sosta e non della carreggiata dove scorre il traffico.

Infine, vengono dedotti la violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 23 del Codice della strada e l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti di fatto e per sviamento della causa del potere.

La contestazione, da parte della Provincia, in relazione alla mancata esposizione del messaggio di servizio sarebbe viziata, in quanto, al momento del sopralluogo, l’impianto era ancora in fase di installazione e se si fosse instaurato un corretto procedimento, ciò sarebbe certamente emerso. Nemmeno sarebbe stato emanato un invito ad adeguare l’impianto alle prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Milano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1391/2010 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato e fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito del ricorso.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di trattazione del merito, la ricorrente ha ribadito la sua posizione.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Con la terza censura, da esaminare in via prioritaria, atteso il suo carattere sostanziale e assorbente, la ricorrente contesta l’asserzione della Provincia in ordine alla distanza, di soli 10 cm invece che di 3 m, dell’impianto installato dalla linea bianca delimitante la piazzola di sosta, giacché la stessa sarebbe fondata sull’erronea interpretazione dell’art. 51, comma 2, lett. a, del Regolamento del Codice della strada, in quanto la distanza andrebbe calcolata dalla carreggiata e non dalla banchina; in ogni caso, la distanza di 10 cm intercorrerebbe tra l’impianto e la linea bianca della piazzola di sosta e non della carreggiata dove scorre il traffico.

2.1. La censura è meritevole di accoglimento nei sensi di seguito specificati.

Per quanto interessa in questa sede, l’art. 51, comma 2, lett. a, del Regolamento del Codice della strada stabilisce che "il posizionamento di cartelli, di insegne di esercizio e di altri mezzi pubblicitari fuori dai centri abitati e dai tratti di strade extraurbane per i quali, in considerazione di particolari situazioni di carattere non transitorio, è imposto un limite di velocità non superiore a 50 km/h, salvo i casi specifici previsti ai successivi commi, lungo o in prossimità delle strade dove ne è consentita l’installazione, è autorizzato ed effettuato nel rispetto delle seguenti distanze minime: a) 3 m dal limite della carreggiata".

Il provvedimento impugnato, prendendo le mosse dalla predetta disposizione normativa, ne assume la violazione ad opera della ricorrente, la quale avrebbe installato l’impianto pubblicitario a soli 10 cm dalla linea bianca delimitante la piazzola di sosta.

Tuttavia, come appare evidente, la piazzola di sosta è uno spazio ben diverso dalla carreggiata e quindi non è possibile l’applicazione della disposizione sopra richiamata al caso oggetto del presente contenzioso (si veda anche la foto all. 8 al ricorso).

Del resto, non si potrebbe far luogo nemmeno ad una applicazione estensiva o analogica della predetta disposizione, atteso che una banchina di sosta non è soggetta agli stessi standard di sicurezza che devono applicarsi alle carreggiate, dove i veicoli circolano anche ad una certa velocità e, di regola, non possono fermarsi o sostare.

Pertanto, la censura in oggetto deve essere accolta.

3. Con la quarta doglianza si assume l’illegittimità della contestazione, da parte della Provincia, della mancata esposizione del messaggio di servizio; siffatto presupposto sarebbe viziato in ragione della circostanza che, al momento del sopralluogo, l’impianto era ancora in fase di installazione e se si fosse instaurato un corretto procedimento, ciò sarebbe certamente emerso. Nemmeno sarebbe stato emanato un invito ad adeguare l’impianto alle prescrizioni contenute nel titolo autorizzativo.

3.1. Anche questa censura è fondata.

La mancata indicazione del messaggio di servizio è stata giustificata dalla ricorrente con il non ancora avvenuto completamento, al momento del sopralluogo, del pannello da installare, che sarebbe stato ultimato di lì a poco (come specificato nella nota all. 7 al ricorso).

In ogni caso, considerato che il pannello risultava comunque già esposto e quindi nessuna decadenza automatica avrebbe potuto prodursi, sarebbe stato compito dell’Amministrazione riconoscere un termine alla ricorrente per adeguarsi alle prescrizioni contenute nell’atto autorizzativo, pena la caducazione dello stesso. Ciò non risulta avvenuto nel caso di specie.

Nemmeno può essere apprezzata la circostanza che l’art. 10 del Regolamento provinciale per l’installazione dei cartelli pubblicitari e lo stesso atto autorizzativo stabilissero la decadenza in caso di mancata installazione dell’impianto nel termine di 90 giorni dal rilascio dell’autorizzazione, visto che tale motivazione non è contenuta nel provvedimento impugnato e quindi si pone alla stregua di motivazione postuma, non ammessa (cfr. Consiglio di Stato, V, 15 novembre 2010, n. 8040; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 17 ottobre 2011, n. 2450).

Di conseguenza, anche tale censura risulta da accogliere.

3.2. La fondatezza delle predette doglianze determina, previo assorbimento delle restanti censure, l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento dell’atto con lo stesso ricorso impugnato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto con lo stesso ricorso impugnato.

Condanna la Provincia di Milano al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Dispone, altresì, la rifusione del contributo unificato sempre a favore della ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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