Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-12-2011, n. 6420 Destituzione e dispensa dall’impiego Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato chiesto dall’odierno appellante M. N. l’annullamento della determinazione con la quale il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio con decorrenza dal 9 marzo 2009 e degli atti connessi.

Questi aveva prospettato numerosi motivi di censura incentrati sui vizi di eccesso di potere e violazione di legge.

Il Tribunale amministrativo regionale, con la impugnata sentenza resa all’adunanza camerale del 14 aprile 2011 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività degli impugnati provvedimenti ha analiticamente e partitamente esaminato le doglianze proposte e le ha respinte.

In particolare, il primo giudice ha rammentato che l’odierno appellante aveva riportato una condanna a due anni di reclusione, emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per il reato di cui all’art. 319 c.p. (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio).

La contestata condotta riposava nell’avere – in qualità di appartenente alla Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Modena – in cambio di denaro o altra utilità, fatto pervenire ad un detenuto beni mobili di varia natura, nonché messaggi provenienti dall’esterno della struttura detentiva, e per aver informato altri detenuti della pendenza di probabili indagini nei loro confronti.

Posto che, ai sensi degli artt. 653 e 445 cpp detta pronuncia regiudicata faceva stato nel procedimento disciplinare; che nell’ambito di detto procedimento era stato utilizzato ed autonomamente vagliato l’imponente compendio probatorio già valutato dal giudice penale; che la sanzione applicata appariva proporzionata alla gravissima condotta commessa, il primo giudice ha respinto il ricorso.

Peraltro il Tribunale amministrativo ha anche rilevato che l’amministrazione aveva accuratamente vagliato le giustificazioni dedotte dall’odierno appellante (relative alle minacce da questi in passato subite) e, nell’ambito della propria discrezionalità, e con statuizione non abnorme né superficiale aveva ritenuto che queste comunque avessero valenza secondaria, e non meritevole di incidere in senso favorevole all’appellante sull’entità della sanzione disciplinare da infliggere

Avverso la sentenza in epigrafe l’ originario ricorrente ha proposto un articolato appello evidenziando che la motivazione della impugnata decisione era apodittica e non teneva conto della labilità ed inconsistenza del supporto accusatorio e della circostanza che il provvedimento impugnato si era acriticamente fondato sulle resultanze acquisite in sede penale (trattandosi di pronuncia ex art. 444 c.p.p. l’amministrazione avrebbe dovuto autonomamente e rigorosamente vagliare i fatti contestati).

Alla odierna camera di consiglio del 6 dicembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1.Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti rese edotte della possibilità di immediata definizione della causa, la controversia può essere decisa nel merito tenuto conto della infondatezza dell’appello.

1.1.La prima censura, fondata sul vizio di carenza di istruttoria e di autonoma valutazione dei fatti è certamente infondata, sol che si consideri che in sede disciplinare l’appellante ha ammesso di avere commesso i fatti contestatigli (sia pur prospettando la sussistenza di circostanze esimenti, o comunque attenuanti).

Non è dato comprendere – a fronte di un compendio probatorio cristallizzato sulle resultanze di intercettazioni telefoniche ed ambientali, e su riprese di videocamere, completato dalla confessione dell’appellante (pag. 2 del verbale del consiglio di disciplina, laddove questi si rimette alla clemenza dell’ organo giudicante)- quale ulteriore vaglio in punto di verificazione del fatto storico, già ritenuto sussistente dal giudice penale, avrebbe dovuto compiere l’ appellata amministrazione.

2.Anche il secondo motivo appare al Collegio distonico rispetto alla realtà processuale: nel verbale del consiglio di disciplina, richiamato nel provvedimento impugnato si dà atto della (peraltro palese) incidenza delle gravi condotte contestate con il permanere del rapporto di impiego intrattenuto con l’amministrazione.

3. Quanto alla prospettata censura di sproporzione ed eccessiva afflittività della sanzione irrogata, si rammenta che, per pacifica giurisprudenza dalla quale il Collegio non intende discostarsi- "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento." (ex multis, si veda Consiglio Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830).

In particolare, si è di recente affermato che "le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità -l’amministrazione dispone, infatti, di un ampio potere discrezionale nell’apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con una valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo.".(Consiglio Stato, sez. VI, 22 marzo 2007, n. 1350).

All’appellante, oltre al delitto di corruzione è stata contestata la gravissima aggravante di avere commesso il fatto al fine di favorire il clan camorristico dei "casalesi", di guisa che pare al Collegio certamente non abnorme né sproporzionata la sanzione applicatagli.

3.1. Tale convincimento consente di ritenere altresì destituita di fondamento la doglianza relativa alla omessa ponderazione delle "giustificazioni" della propria condotta prospettate dall’appellante (asserite pressioni psicologiche subite da un detenuto, squilli anonimi al cellulare dei propri familiari, danni riportati alla propria vettura), atteso che non appare irragionevolmente esercitata la discrezionalità dell’amministrazione laddove questa, avuto riguardo alle delicatissime funzioni affidate all’appellante, ha ritenuto impossibile il permanere di un rapporto fiduciario con l’appellante che (anche a volere prestar credito alle proprie "discolpe") intimorito da possibili future ritorsioni si era prestato a compiere una condotta gravemente scorretta, oltre che penalmente rilevante.

3.2.In ultimo non è ammissibile la censura (pag. 32 del ricorso in appello) secondo cui, il provvedimento sarebbe nullo in quanto privo di motivazione, anche per relationem, non essendo stata ivi richiamata la relazione della commissione di disciplina in quanto costituisce motivo nuovo, non precedentemente proposto in primo grado (art. 104 comma 1 del codice del processo amministrativo e, in passato, art. 345 del codice di procedura civile)

4. Conclusivamente, l’appello va respinto.

5. La natura e la particolarità della controversia consentono di compensare tra le parti le spese processuali sostenute.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) numero di registro generale 9083 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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