Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-05-2011) 03-11-2011, n. 39592

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione M.A. avverso la sentenza della Corte di appello di l’Aquila in data 28 gennaio 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato ex art. 624 bis c.p., commesso nel settembre 2002.

L’imputato è stato ritenuto responsabile di avere trafugato da una privata abitazione uno scatolone contenente stecche di sigarette.

Deduce:

1) La illegittimità costituzionale dell’art. 599 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non prevede che nel procedimento in camera di consiglio (quale quello di appello a seguito di adozione del rito abbreviato) la adesione del difensore alla astensione di categoria non possa valere quale impedimento atto a determinare il rinvio della trattazione del processo;

2) Il vizio di motivazione sulla responsabilità dell’imputato, condannato sulla base di emergenze (mancata giustificazione della sua presenza sul luogo del furto; riconoscimento da parte di un teste in ora notturna e con scarsa visibilità) o irrilevanti o scarsamente probanti.

3) La violazione dell’art. 133 c.p. con riferimento al diniego, che il ricorrente ritiene non motivato, della concessione di attenuanti generiche.

Il ricorso è infondato.

La prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 599 c.p.p. (in ordine alla quale la stessa Corte costituzionale ha rilevato una causa di inammissibilità nel fatto che la soluzione evocata dovrebbe passare attraverso una sentenza additiva del giudice delle leggi; v. ord. C. cost. N. 373 del 1998) è stata già valutata e ritenuta infondata dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006 Cc. (dep. 22/09/2006) Rv.

234146.

Nella relativa motivazione si effettua una disamina della compatibilità della norma citata sia con la Carta costituzionale che con i principi sovranazionali, disamina alla quale si aderisce, condividendola.

In particolare ha evidenziato il supremo consesso che "per quanto riguarda la nostra Carta fondamentale, si deve tenere presente che il giudice delle leggi ha costantemente riconosciuto conforme al dettato costituzionale la modulabilità delle forme e dei contenuti in cui si articola il diritto di difesa in relazione alle caratteristiche dei singoli procedimenti o delle varie fasi processuali, purchè di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione (v. Corte cost., sent., n. 175/1996); ha più volte conseguentemente osservato che l’effettività del diritto di difesa non deve necessariamente comportare che il suo esercizio debba essere disciplinato in modo identico nella multiforme tipologia dei riti …" "… Le argomentazioni finora svolte fanno parte, come detto, del corredo dell’orientamento dominante, il quale le estende anche ad altre ipotesi, quando, ad esempio, afferma che l’impedimento del difensore a comparire, mentre può essere causa di rinvio dell’udienza nel giudizio abbreviato di primo grado (sia che questo si svolga in camera di consiglio che in pubblica udienza), in virtù del richiamo operato dall’art. 441 c.p.p., comma 1, alle disposizioni previste per l’udienza preliminare, ivi comprese quelle di cui all’art. 420 ter c.p.p., (da riguardarsi come sicuramente compatibili con la natura del giudizio abbreviato), non può, invece, dar luogo a rinvio dell’udienza camerale fissata per la discussione dell’appello, ai sensi del combinato disposto dell’art. 443, comma 4, e art. 599 c.p.p., sui quali non hanno inciso, sotto il profilo che qui interessa, nè la legge di riforma del giudizio abbreviato (n. 479/1999), nè quelle successive, per cui rimane valido il principio secondo cui l’udienza camerale d’appello può essere rinviata, ai sensi del citato art. 599, comma 1 (nella parte in cui richiama l’art. 127 c.p.p.) e comma secondo, solo se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato il quale abbia chiesto di essere sentito personalmente o abbia manifestato la volontà di comparire" (Cass. Sez. 5^, sent. n. 22308/2004 RV 228093, Chinaglia; v. anche Cass. Sez. 4^, sent. SENT. 20576/2005 RV 231360, Arenzani).

Quanto, poi, alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, essa ha puntualizzato che l’art. 6, paragrafo 3 e, cit. – pur riconoscendo a ogni imputato "il diritto di difendersi personalmente o di fruire dell’assistenza di un difensore di sua scelta" – tuttavia non ne precisa le condizioni di esercizio, lasciando agli Stati contraenti la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto, in modo che si concili con i requisiti di un equo processo (v. C.E.D.U. Sez. 3^, sent. 27 aprile 2006 sul ricorso n. 30961/03, Sannino/Italia).

Il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile perchè integralmente versato in fatto.

La parte si limita a criticare il conclusivo giudizio di responsabilità basato su una pluralità di elementi ritenuti convergenti e gravi dal giudice procedente.

Censurare la valenza indiziaria del singolo elemento costituisce critica non assoggettabile al vaglio della Cassazione che giudica solo sulla completezza e sulla razionalità del ragionamento esibito dal giudice del merito.

E non v’è dubbio che, in linea di principio, non possa ritenersi illogico il riconoscimento operato da un soggetto, oltretutto in termini di similitudine e non di identità, nonostante l’ora notturna, essendo le più varie le condizioni che possono avere messo il soggetto stesso nelle condizioni positive per rendere una dichiarazione sul punto attendibile.

Ugualmente è del tutto priva di rilievo la considerazione del difensore sul diritto dell’imputato al silenzio essendo indubitabile che il giudice può valorizzare, se motiva congruamente, qualsiasi comportamento tenuto dall’imputato durante o dopo l’azione criminosa che gli si contesta.

Infine infondato è l’ultimo motivo di ricorso.

I giudici non hanno omesso di motivare in ordine al diniego delle circostanze generiche, avendolo fatto con riferimento all’elemento, valorizzabile ex art. 133 c.p., che hanno ritenuto di prevalente importanza.

Il punto è che il motivo di ricorso si evidenzia esso stesso non ammissibile perchè, in violazione dell’art. 581 c.p.p., non spiega le ragioni in fatto che, pur rappresentate (in ipotesi) al giudice dell’appello a sostegno della richiesta di attenuanti generiche, sarebbero state ingiustamente pretermesse.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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