Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-12-2011, n. 6416 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sig.ra C. M. M. inoltrava nei mesi di ottobre – novembre 2007 e marzo 2008 due specifiche istanze al Comune di Bibbona, di cui con una segnalava l’avvenuta (illegittima) esecuzione presso la cappella gentilizia "Gardini", sita nel cimitero comunale, di lavori di manutenzione, in specie tinteggiatura e rivestimento in bitume, commissionati dalla sig.ra M. R. C. (qualificatasi proprietaria) e instava l’Amministrazione comunale affinchè venisse ripristinato il precedente stato dei luoghi, stante, a suo dire, la illegittimità di dette opere.

Con una seconda richiesta poi la predetta chiedeva altresì al Comune di verificare se la cappella in questione è un edificio pubblico o privato e se è in regime di concessione e quali fossero i titoli in possesso della sig.ra C. in ordine tale sacro edificio.

Non avendo il Comune dato riscontro a tali istanze, la sig.ra M. esperiva innanzi al Tar per la Toscana il rimedio ex art. 21 bis della legge n.1034 al fine di veder dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Bibbona sulle anzidette istanze, con la condanna dell’Amministrazione a concludere il procedimento da lei attivato.

L’adito Tar con sentenza n.1329/09 respingeva il ricorso, ritenendo non sussistente in capo all’intimato Comune un obbligo a dare riscontro alle suindicate prodotte richieste.

La sig,ra M. insorge avverso detto decisum, ritenuto errato ed ingiusto, deducendo a sostegno del proposto appello i seguenti motivi:

Fondatezza dei motivi del ricorso proposti in primo grado;

Erronea valutazione circa la legittimazione processuale e la sussistenza di una posizione soggettiva qualificata. Violazione del criterio della c.d. vicinitas.

Si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso la sig.ra M. R. C. e l’Amministrazione statale per i Beni e le Attività Culturali, mentre non risulta costituito il Comune di Bibbona.

Alla camera di consiglio odierna la causa viene trattenuta per la decisione.

Tanto premesso, l’appello si appalesa infondato, meritando le impugnate statuizioni del giudice di primo grado la relativa conferma sia pure con alcune correttive precisazioni qui di seguito indicate.

Il rimedio giurisdizionale avverso il silenzio- rifiuto di cui all’art.21 bis della legge Tar è configurato dalla tradizione giurisprudenziale come uno strumento sollecitatorio volto a superare l’inerzia della pubblica amministrazione all’emanazione di un provvedimento amministrativo di tipo esplicito, a fronte di una posizione di interesse legittimo vantata dall’interessato (cfr Cons. Stato Sez. V 10/2/2004 n.947; idem 2/11/2004 n.7088).

Ciò preliminarmente precisato, la sig.ra M. ha chiesto con una delle due richieste formulate al Comune di Bibbona che l’amministrazione accerti e/o dichiari il regime giuridico della cappella gentilizia "Gardini", se questa sia pubblica o privata e di far sapere gli eventuali titoli vantati su tale cappella dalla sig.ra C., committente di lavori di manutenzione sul manufatto stesso.

Ora, avuto riguardo alla natura e consistenza dell’interesse fatto valere con la formulata richiesta, va escluso che qui vengano in rilievo poteri autoritativi della P.A. a fronte dei quali poter eventualmente configurare un comportamento di inerzia dell’Amministrazione ad esercitarli, versandosi, invece, in una controversia in cui si rivendica l’accertamento di posizioni giuridiche di diritto soggettivo, riguardanti, in particolare, diritti domenicali e/o possessori in ordine alla cappella gentilizia di che trattasi.

Se così è, non appare ammissibile il rimedio ex art.21 bis avverso il silenziorifiuto giacchè l’interesse al giusto procedimento nella specie è superato ed assorbito da una posizione sostanziale (di diritto soggettivo) che non può trovare tutela attraverso lo strumento processuale ex art.21 bis citato come attivato innanzi al giudice amministrativo, perché non è questa la sede per veder soddisfatto "il bene della vita" che in concreto mira a realizzare la sig.ra M.

In altri termini, la pretesa sostanziale rivendicata dall’appellante non appartiene al genus dell’interesse per il quale è possibile ottenere una statuizione che stigmatizzi ed annulli un eventuale silenzio tenuto dall’Amministrazione, dovendo, invero, siffatta posizione essere fatta valere innanzi al giudice dei diritti soggettivi, quello cioè munito della cognitio a dirimere la relativa controversia. (Cfr Cons Stato Sez. V 17/1/2011 n.210).

Il ricorso contro il silenzio è altresì inammissibile e comunque infondato anche in riferimento all’altra richiesta, quella volta a veder invalidare le autorizzazioni di tipo edilizio eventualmente concesse alla controinteressata per la realizzazione dei lavori sopra menzionati.

Il giudice di prime cure ha statuito la non configurabilità di un silenziorifiuto collegandola all’assenza di una posizione legittimante della ricorrente di prime cure e il Collegio sul punto ritiene di dover correggere la motivazione del decisum, dal momento che alla sig.ra M. non può non riconoscersi, in relazione alle circostanze di fatto dalla stessa riferite (l’avere un congiunto tumulato in quel sepolcreto) una legittimatio ad causam, rinvenendosi piuttosto ragioni di improponibilità dell’azione proposta dall’interessata nelle caratteristiche (o se si vuole nei limiti) del giudizio instaurato ex art.21 bis citato, come disegnate e circoscritte più volte dalla giurisprudenza.

Invero, la ricorrente M. persegue in concreto lo scopo di voler far adottare al Comune una determinazione di autotutela con la quale mettere in non cale i titoli ad aedificandum rilasciati, anche per silentium alla sig.ra C., ma anche qui non è attraverso il giudizio avverso il silenzio- inadempimento che può essere fatta valere la pretesa sostanziale a veder dichiarato illegittimo l’operato dell’Amministrazione, ben avendo potuto l’interessata a tempo debito impugnare tali titoli o il silenzioassenso eventualmente formatosi.

Aderire alla tesi della ricorrente significherebbe ammettere una sorta di escamotage che permette di aggirare l’adempimento di oneri processuali di natura decadenziale imposti in via diretta al soggetto che ha interesse a contestare la legittimità di provvedimenti della P.A. e in ciò non si invera l’ interesse al giusto procedimento che da solo (ed esso solo) tipizza l’ambito del giudizio previsto per far constare l’inerzia (illegittima) dell’Amministrazione.

In forza delle suestese considerazioni, l’appello si appalesa infondato e va perciò respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio in complessive euro 1.500,00 (millecinquecento/00) di cui euro 1.000,00 a favore della controinteressata sig.ra M. R. C. ed euro 500,00 a favore dell’intimata Amministrazione statale per i Beni e le Attività Culturali che si è limitata ad una semplice resistenza formale.

Nulla spese nei confronti del Comune di Bibbona, non costituito in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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