Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-05-2012, n. 6918 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.M. propose opposizione al decreto ingiuntivo con il quale, a istanza di Daimler Chrysler Servizi Finanziari s.p.a., gli era stato intimato il pagamento di Euro 10.505,62, a titolo di restituzione delle rate di un finanziamento di pari importo asseritamente erogatogli dall’ingiungente per l’acquisto di un’autovettura presso la concessionaria Mercedes Benz di (OMISSIS).

A sostegno del mezzo l’opponente dedusse di nulla avere acquistato e di non avere nè chiesto, nè ottenuto finanziamento alcuno, disconoscendo le sottoscrizioni apposte sui documenti esibiti da Daimler.

Il Tribunale, con sentenza del 21 dicembre 2006, rigettò l’opposizione.

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello, in data 16 dicembre 2009, lo ha respinto.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte G. M., formulando tredici motivi, illustrati anche da memoria e notificando l’atto a Mercedes Benz Financial Services Italia s.p.a., già Daimler Chrysler Servizi Finanziari s.p.a., nonchè a Jupiter Finance s.p.a., quale cessionaria del credito vantato nei confronti del G..

Solo quest’ultima ha notificato controricorso, mentre nessuna attività difensiva ha svolto l’altra intimata.

Il collegio ha raccomandato una motivazione particolarmente sintetica.

Motivi della decisione

1. Nei motivi di ricorso l’impugnante lamenta vizi motivazionali, nonchè violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., n. 4 e art. 118 disp. att. cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale del tutto ignorato i rilievi con i quali nell’atto di appello era stata criticata la mancata valutazione degli elementi dimostrativi della assoluta estraneità del convenuto alla vicenda dedotta in giudizio, e per avere inoltre apoditticamente disatteso le articolate argomentazioni svolte dai periti di parte al fine di confutare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. Segnatamente il giudice di inerito si sarebbe acriticamente appiattito sulla tesi secondo cui la diversità delle scritture in verifica, rispetto a quelle del saggio grafico, sarebbe solo apparente, in quanto frutto, in entrambi i casi, di dissimulazione, senza considerare lo stato di agitazione da cui era stato verosimilmente colto lo scrivente in udienza, circostanza che avrebbe dovuto consigliare l’acquisizione di altre firme autografe di comparazione.

2. Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro intrinseca connessione, non hanno pregio.

Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito ha adeguatamente esplicitato le ragioni per le quali doveva ritenersi che il G., scrivendo sotto dettatura, avesse cercato di dissimulare la propria grafia. Ha poi evidenziato come, malgrado ciò, a un’analisi più approfondita, le sottoscrizioni apposte sul contratto di finanziamento rivelassero corrispondenze significative e tratti comuni con le scritture di comparazione, permanendo omologie non solo formali, ma rivelatrici di reattività gestuali acquisite.

Ha infine precisato che tali conclusioni non erano inficiate dai rilievi dei consulenti di parte ed erano per altro verso confermate dall’esame della sottoscrizione apposta sul contratto con cui l’autovettura in contestazione era stata nuovamente alienata, posto che la firma del G. che compariva in calce allo stesso presentava somiglianze ancora maggiori con le scritture di comparazione di cui al saggio grafico.

3. Ritiene il collegio che l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato, sostanzialmente incentrato sulle risultanze delle indagini del consulente, resista alle critiche svolte in ricorso, le quali, attraverso la surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano a sollecitare una rivalutazione degli esiti della espletata istruttoria, preclusa in sede di legittimità.

Valga al riguardo considerare che, per giurisprudenza assolutamente consolidata di questa Corte, il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento. In tale prospettiva è stata segnatamente esclusa la necessità che il decidente si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia, posto che queste restano implicitamente disattese, anche se non espressamente confutate. Ne deriva che, per infirmare sotto il profilo della insufficienza argomentativa la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il contenuto, la parte deve allegare le critiche ad essa mosse già dinanzi al giudice a quo e la loro rilevanza, risolvendosi altrimenti i motivi di ricorso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (confr.

Cass. civ., 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. civ. 3 aprile 2007, n. 8355).

A ciò aggiungasi che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità (confr. Cass. civ. 15 luglio 2011).

4. Ora la Corte d’appello ha esaustivamente argomentato le ragioni per le quali, mentre erano pienamente condivisibili le argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio, non le erano quelle dei consulenti di parte. E siffatta valutazione assorbe i rilievi critici in ordine ai riflessi sulla scrittura della tensione emotiva alla quale è presumibilmente sottoposto chi deve rilasciare un saggio grafico, rientrando siffatta considerazione nel bagaglio valutativo ordinario del perito grafico. Ne deriva che le relative censure, non denunciando vizi oggettivi dell’attività dell’ausiliario, sono al postutto prive di ogni consistenza.

Il ricorso è respinto.

L’impugnante rifonderà alla controparte le spese di giudizio, nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 (di cui Euro 1.800,00 per onorari), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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