Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-05-2012, n. 6917

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Alcuni titolari di aziende agricole, che erano stati soci della soc. coop. SOLAR, esercitarono il diritto di recesso dalla società in occasione dell’incorporazione di questa nella Intesa soc. coop. a r.l. ed, all’atto della liquidazione del rimborso della quota di capitale sociale da ciascuno sottoscritta, videro porre in compensazione un credito concernente la restituzione di un contributo erogato dalla società per la realizzazione di nuovi impianti produttivi.

I soci agirono, dunque, contro la società perchè fosse loro rimborsata la quota di capitale sociale al netto di compensazione.

La domanda, accolta dal Tribunale di Ferrara, è stata respinta dalla Corte d’appello di Bologna.

Propongono ricorso per cassazione i soci attraverso due motivi.

Risponde con controricorso la società. I ricorrenti hanno depositato memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

Il primo motivo censura la sentenza per violazione dei canoni interpretativi del contratto, nonchè per vizi della motivazione. In estrema sintesi, i ricorrenti sostengono che la SOLAR (della quale essi erano soci, poi incorporata nella PAF, che in seguito prese il nome di Intesa) quando comunicò ai propri soci (tra i quali, appunto, i ricorrenti) che a loro sarebbe stata riconosciuta la facoltà di esercitare il diritto di recesso "senza incorrere in alcuna penale" entro il 30 aprile 2000, non poteva riferirsi allo statuto della società incorporante, che a quell’epoca non era stato neppure approvato. Sicchè, non sarebbe possibile riferire quell’inciso alla previsione dell’art. 7 lett. d) dello statuto della soc. Intesa.

Il secondo motivo censura la violazione della disposizione di cui all’art. 2384 c.c., nonchè il vizio della motivazione, in relazione al punto in cui la sentenza afferma che la rinuncia alla restituzione del contributo per nuovi impianti produttivi (erogato ai soci in attuazione del Programma di riconversione varietale ed avente natura di aiuto finanziario comunitario) non rientrava nei poteri del consiglio di amministrazione senza il vaglio e delibera dell’assemblea dei soci che quel programma aveva approvato. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Preliminarmente occorre rilevare che la violazione dei canoni ermeneutici risulta meramente enunciata nella rubrica del primo motivo ma nel corpo del motivo stesso la censura non risulta compiutamente svolta con riferimento all’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata. Piuttosto, il motivo si risolve nella mera proposizione di una diversa interpretazione degli atti ed, in particolare del bollettino del marzo 1999 (diretto dalla SOLAR ai suoi soci in occasione dell’incorporazione nell’Intesa), che ha costituito oggetto principale dell’interpretazione e che (in violazione del canone di autosufficienza) non risulta neppure integralmente trascritto.

La sentenza, in realtà, argomenta, in modo congruo e logico, circa il fato che al diritto alla restituzione dei contributi (erogati ai soci in attuazione del Programma di Riconversione Varietale) non può riconoscersi natura di "penale", posto che la relativa erogazione era stata Delib. Giunta Regionale in attuazione del Reg. CE n. 2200/1996 e che quei contributi stessi erano vincolati al perseguimento delle finalità prefissate dalla normativa comunitaria e di attuazione interna. Nel senso che l’erogazione del contributo era direttamente collegato e funzionale al conferimento del prodotto (ottenuto dai nuovi impianti) per almeno sette anni, sicchè l’inciso del quale s’è detto non può essere attribuito alla rinuncia della società di conseguire la restituzione dei contributi erogati. Altra logica considerazione svolta dai giudici d’appello è che i nuovi impianti, realizzati da ciascun socio grazie ai contributi in questione, restano di proprietà esclusiva dei soci stessi a seguito del recesso precedente al decorso dei sette anni. Ulteriore ragione per ritenere che attraverso la comunicazione del summenzionato bollettino la società non abbia inteso (nè avrebbe potuto farlo) rinunziare al rimborso.

Considerazioni, tutte queste, che hanno efficacia assorbente sia in relazione alle altre ragioni addotte dal provvedimento impugnato (tra cui il riferimento allo statuto della società Intesa), sia a quelle avanzate nel ricorso.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Il diverso esito dei giudizi di merito consiglia la totale compensazione delle spese sostenute dalle parti nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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