Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che D.V., con ricorso del 17 novembre 2010, hanno impugnato per cassazione deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 5 ottobre 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1- in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitisi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 1415,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla domanda, ed ha compensato per la metà le spese di giudizio;
che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 15.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 9 marzo 2008, era fondata sui seguenti fatti incontestati: a) il D., asseritamente creditori del diritto alla riliquidazione della pensione, aveva adito la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto con ricorso del 14 maggio 2001;
b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 9 marzo 2007;
che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in due anni e dieci mesi ed ha liquidato equitativamente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.415,00, calcolata sulla base di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, tenuto conto della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita).
Considerato che, con i motivi di censura – i quali possono essere congiuntamente esaminati -, i ricorrenti denunciano come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) la riduzione dell’indennizzo in considerazione della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita) e delle peculiarità del giudizio presupposto; c) la liquidazione delle spese;
che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;
che, in particolare, le censure sub a) e sub b) sono fondate, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni, orientamento che, nella specie, avrebbe condotto ad una liquidazione dell’indennizzo in misura pari ad Euro 2.125,00, per i due anni e dieci mesi di irragionevole ritardo;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato con assorbimento della censura sub c);
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;
che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 2.125,00 per due anni e dieci mesi di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 806,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 311,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avvocatessa Anna Rita Moscioni, dichiaratasene antistataria, spese che vanno compensate per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso;
che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze a pagare al ricorrente la somma di Euro 2.125,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 806,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 311,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avvocatessa Anna Rita Moscioni, dichiaratasene antistataria, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 595,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
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