Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-10-2011) 04-11-2011, n. 39778

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Milano del 9.6.2010, veniva confermata la pronuncia del gip del Tribunale di Monza che aveva condannato l’ A. alla pena di dieci mesi di reclusione per il reato di violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2: era risultato infatti che il ricorrente, sottoposto alla misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, aveva violato in due occasioni la prescrizione di presentarsi agli uffici di PS, cosicchè l’affermazione di colpevolezza era conseguita a quanto risultava esser stato accertato dalla medesima Autorità. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato per dedurre, con unico motivo, inosservanza della legge penale in ordine all’art. 42 cod. pen. per carenza dell’elemento soggettivo e per mancanza e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione. Viene ribadito che l’imputato, quanto al primo episodio contestato, non aveva coscienza e volontà di violare la legge, essendosi trovato in condizioni psichiche alterate a seguito dell’assunzione di sostanze stupefacenti e quanto al secondo episodio, viene ribadito che l’imputato aveva subito un intervento chirurgico alla gamba destra a causa di frattura scomposta, cosicchè era impossibilitato a scendere le scale di casa per andare a firmare.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso non sono specifici, avendo ripreso le doglianze avanzate in sede di appello, ma avendo trascurato le motivazioni puntuali che furono consegnate alle carte processuali dai giudici di seconde cure. Quanto infatti alla circostanza che l’ A. non abbia potuto recarsi a firmare, perchè in stato di intossicazione da sostanza stupefacente, la corte territoriale ha sottolineato che se mai fosse vera (poichè meramente asserita), detta realtà segnerebbe l’irresponsabilità della condotta tenuta dall’imputato ed il suo disinteresse per gli obblighi su di lui gravanti a seguito di misura di prevenzione, non potendo rivestire alcuna portata scriminante.

Quanto invece al secondo episodio di violazione, la corte territoriale ha correttamente sottolineato che l’infermità segnalata non era stata documentata e quindi non poteva essere ritenuto un giustificato motivo del mancato assolvimento dell’obbligo.

Deve quindi essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso. A tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 (mille) a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *