Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 04-11-2011, n. 40022

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 30.4.2010 la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza, emessa dal Gup del Tribunale di Salerno in data 10.2.2004 e appellata dal P.G., dichiarava G. A. colpevole del reato di cui all’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1 in danno di D.D., amica delle figlie, e, concesse le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti all’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, lo condannava, con la diminuente del rito, alla pena di anni 3, mesi 4 di reclusione.

Ricordava, innanzitutto, la Corte territoriale che il GIP, dopo aver esposto il materiale probatorio, aveva ritenuto che il fatto andasse qualificato ai sensi dell’art. 609 bis c.p. e art. 609 quater c.p., n. 1 e u.c., non essendo stata adoperata, secondo la stessa ipotesi accusatoria, violenza e minaccia. Secondo il GIP la prova in ordine alla circostanza aggravante di cui all’art. 609 quater c.p., u.c., era, però, insufficiente, per cui doveva procedersi all’assoluzione dell’imputato. Per i fatti successivi, commessi in danno della parte offesa dopo il compimento dei dieci anni, difettava la condizione di procedibilità, mancando agli atti qualsiasi manifestazione della volontà di querelarsi da parte dei genitori esercenti la potestà sulla minore. Tanto premesso, riteneva la Corte territoriale (concordando con il GIP) parzialmente contraddittoria la prova in ordine alla circostanza che gli abusi fossero iniziati quando la parte offesa frequentava la quarta elementare e non aveva compiuto ancora i dieci anni, per cui, sotto tale aspetto, il reato non era procedibile d’ufficio. Sussisteva, invece, il presupposto della inferiorità fisica e/o psichica della minore, come emergeva dalla perizia specialistica psichiatrica del dott. B., per cui non vi era alcun dubbio in ordine alla sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1. Ricorreva, inoltre, la circostanza aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, non avendo la persona offesa compiuto gli anni 14 all’epoca dei fatti.

Riteneva poi la Corte di concedere le circostanze attenuanti generiche, in ragione dell’incensuratezza dell’imputato, che dichiarava equivalenti alla suddetta aggravante.

2) Ricorre per cassazione G.A., denunciando la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 598 e 522 c.p.p., art. 521 c.p.p., comma 2.

All’imputato era stata contestata indubitabilmente l’ipotesi di cui all’art. 609 bis c.p., comma 1, tanto che lo stesso GIP non aveva ritenuto di sussumere il fatto medesimo sub art. 609 bis c.p., comma 2, mancando nell’imputazione qualsiasi riferimento alla condizione di inferiorità fisica o psichica della p.o. ed all’abuso di tale condizione da parte dell’imputato. Tanto era stato evidenziato anche con la memoria dell’11.2.2009. La Corte, non fornendo alcuna risposta, invece di disporre tutt’al più la trasmissione degli atti al PM., ha pronunciato sentenza di condanna per un fatto diverso da quello contestato.

Nè poteva il solo riferimento nella imputazione all’art. 609 bis c.p., comma 2. far ritenere contestata la fattispecie concreta. E sotto tale profilo si eccepiva, comunque, la violazione degli artt. 178, 180 c.p.p., e art. 417 c.p.p., comma 1, lett. b) per enunciazione del fatto in forma non chiara e non precisa (questione che diventava rilevante solo a seguito dell’appello del P.G.).

Deduce ancora l’inosservanza dell’art. 230 c.p.p., con conseguente nullità della perizia ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), per essere stato impedito al difensore di partecipare alla fase iniziale dell’incontro tra il perito e la persona offesa (a nulla rilevando la presenza del consulente di parte). Anche tale eccezione era stata inutilmente proposta con la memoria in data 11.2.2009. Denuncia altresì la mancanza e/o contraddittorietà della motivazione, essendosi la Corte limitata a far proprie le conclusioni del perito, senza alcuna valutazione del materiale probatorio. Denuncia, infine, la mancanza di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed in particolare al giudizio di mera equivalenza tra circostanza aggravante e circostanze attenuanti generiche.

3) Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

3.1) Quanto all’eccepito difetto di correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza, è assolutamente pacifico che si ha violazione di detto principio solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito. La verifica dell’osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta – che realizza l’ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione- venga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell’originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l’imputato non ha avuto modo di difendersi (cfr. ex multis Cass.pen.sez. 6, 8.6.1998 n.67539).

Sicchè "non sussiste violazione del principio di correlazione della sentenza all’accusa contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l’immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d’effettiva difesa" (cfr.sez.6 n.35120 del 13.6.2003). Anche di recente questa Corte ha ribadito il principio che "si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa" (cfr.Cass.sez.6 n.12156 del 5.3.2009). A parte il fatto che nella contestazione era espressamente riportato anche l’art. 609 bis c.p., comma 2 e l’età della persona offesa, il prevenuto ha avuto la possibilità di esercitare pienamente la sua difesa anche in relazione all’ipotesi ritenuta nella sentenza della Corte di Appello (cfr. memoria 11.2.2009).

3.2) In relazione, poi, all’eccezione di indeterminatezza del capo di imputazione, a parte i rilievi in precedenza svolti, va comunque rilevato che l’imputato ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato.

Questa Corte, con la sentenza a sezioni unite del 21.6.2000 n.16 – Tammaro, ha affermato che "il giudizio abbreviato costituisce un procedimento a "prova contratta", alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, a mezzo del quale le parti accettano che la regiudicanda sia definita all’udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già acquisti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento.

Tuttavia tale negozio processuale di tipo abdicativo può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati, ma resta privo di negativa incidenza sul potere-dovere del giudice di essere, anche in quel giudizio speciale, garante della legalità del procedimento probatorio. Ne consegue che in esso, mentre non rilevano nè l’inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè quella coessenziale ai peculiari connotati del processo accusatorio, in virtù dei quali il giudice non può utilizzare prove, pure assunte "secundum legem", ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento secondo l’art. 526 c.p.p. con i correlati divieti di lettura di cui all’art. 514 c.p.p. (in quanto in tal caso il vizio sanzione dell’atto probatorio è neutralizzato dalla scelta negoziale delle parti, di tipo abdicativo), nè le ipotesi di inutilizzabilità "relativa" stabilite dalla legge in via esclusiva con riferimento alla fase dibattimentale, va attribuita piena rilevanza alla categoria sanzionatorìa dell’inutilizzabilità cosiddetta "patologica", inerente, cioè, agli atti probatori assunti "contro legem", la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedimento, comprese quelle delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare, nonchè le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito".

La giurisprudenza successiva ha costantemente ribadito che "nel giudizio abbreviato sono rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità cosiddette patologiche. Ne consegue che l’irritualità nell’acquisizione dell’atto probatorio è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti di tipo abicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza rispetto delle forme di rito" (Cass.sez.3 n.2924O del 9.6.2005;

conf.Cass.sez.6 n.14099 del 30.1.2007; Cass.sez.3 n.39407 del 26.9.2007).

E la nullità di cui all’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c) e comma 2, certamente, non è a carattere assoluto, non attenendo nè all’intervento dell’imputato nè alla sua assistenza o rappresentanza (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 2,16.4.1996 n. 3757).

3.3) Fondati sono invece il secondo e terzo motivo di ricorso.

3.3.1) E’ indubitabile che anche il difensore abbia diritto di partecipare alle operazioni peritali, come reiteratamente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte. ("Il difensore che ne abbia fatto richiesta ha diritto di assistere alle operazioni peritali. Ne segue che, nel giudizio di cognizione la sua esclusione da luogo, indipendentemente dalla presenza, o non, dei consulenti di parte, a nullità di ordine generale attinente all’assistenza dell’imputato" cfr.ex multis Cass.pen.sez. 1, n.3643 del 19.6.2008 e, più di recente, Cass.pen.sez.6 n.3523 del 9.12.2008).

3.3.2) La Corte territoriale, poi, si è limitata ad argomentare in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante, che rendeva il reato procedibile di ufficio, riportando e facendo proprie le conclusioni del perito. Per di più ha omesso ogni valutazione del materiale probatorio in relazione alla stessa affermazione di responsabilità. Soltanto in premessa ha ricordato che il giudice di primo grado, dopo una ricostruzione dell’intero materiale probatorio dalla quale emergevano precisi elementi di prova a carico dell’imputato diffusamente esposti ed esaminati in sentenza" (pag.

1).

Non ha considerato, però, che il GUP si era limitato a riportare, nella esposizione del fatto, le acquisizioni probatorie, emergenti anche dalle indagini difensive. Non aveva, invece, espresso alcuna valutazione sulle stesse ai fini dell’affermazione della penale responsabilità per il reato ascritto, essendosi soffermato preliminarmente sulla qualificazione giuridica del fatto contestato e sulla sua procedibilità. 3.4) La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Napoli, che, pur potendo pervenire alle medesime conclusioni, terrà conto dei rilievi sopra indicati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *