T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 06-12-2011, n. 9600 Efficacia dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La P. s.p.a. (d’ora in poi soltanto P.) è una società del Gruppo PAM, operante nel settore della grande distribuzione organizzata ed è presente nel Comune di Roma con sette esercizi commerciali in diversi punti del territorio comunale; tra questi vi è la grande struttura di vendita sita all’interno del Centro Commerciale denominato " Roma est" in via Collatina.

Essendo asseritamente venuta a conoscenza dell’intervenuta apertura al pubblico di un nuoco Centro Commerciale denominato " Tiburtino shopping center" ubicato nel vicino Comune di Guidonia Montecelio alla distanza di 8 km. dal Centro " Roma est", ha chiesto l’accesso alla documentazione amministrativa concernente la realizzazione del detto centro commerciale e, quindi, è ricorsa a questo Tribunale avverso il diniego di accesso.

Premesso di avere avuto la piena conoscenza di tutti gli atti del procedimento di cui trattasi soltanto nel mese di febbraio 2010, nonché argomentata la propria legittimazione ed il proprio interesse a ricorrere in quanto operatore economico del settore, la società P.,con il ricorso in trattazione, notificato in data 30.3.2010 e depositato in data 15.4.2010, ha impugnato tutti gli atti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 28 della legge regionale Lazio 18 novembre 1999, n. 33, ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria.

I due titoli, edilizio e commerciale, nel caso di specie sarebbero stati rilasciati in tempi diversi e sarebbero materialmente distinti, e non risulterebbe, peraltro, che sia stata condotta una unica istruttoria o che vi sia stata in altro modo una interdipendenza tra gli stessi,; di conseguenza non potrebbe trovare applicazione il disposto di cui all’articolo 28, comma 6, della L.R. Lazio n. 33 del 1999 che, nel caso di rilascio contestuale dei due titoli di cui trattasi, attribuisce un termine di 48 mesi, e non invece di 36 mesi, ai fini dell’inizio dell’attività commerciale.

Essendo stata rilasciata l’autorizzazione commerciale in data 27.12.2004, il termine sarebbe inutilmente spirato alla data del 27.12.2007 con la conseguente decadenza della società interessata dalla stessa né la proroga potrebbe essere validamente richiesta successivamente alla scadenza del termine di riferimento.

2- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 28 della legge regionale Lazio 18 novembre 1999, n. 33, e dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria e per sviamento.

Il termine di 36 mesi di cui al comma 7 dell’artcolo 28 della L.R. n. 33 del 1999 di cui in precedenza sarebbe stato sostanzialmente eluso dalla serie continua di proroghe, rinnovi, volture e riduzioni delle superfici intervenuti nel tempo.

3- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria e per sviamento.

Sarebbe, altresì, illegittima la proroga del termine di inizio dei lavori edilizi, in quanto, da un lato, questa presuppone l’attuale vigenza del termine da prorogare e, dall’altro, in quanto la stessa, ai sensi dell’articolo 15 d.P.R. n. 380 del 2001, è subordinata all’esistenza di fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso ed il cui onere probatorio ricade sull’interessato; nel caso di specie, invece, la società E. s.r.l. (d’ora in poi soltanto E.) si sarebbe limitata ad utilizzare, al riguardo, una mera formula di stile.

4- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 30 della legge regionale Lazio 18 novembre 1999, n. 33, ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria e per sviamento.

La proroga dei termini per l’inizio dell’attività commerciale non sarebbe stata richiesta nei termini di legge e sarebbe stata comunque concessa a chi non era titolare dell’autorizzazione stessa.

5- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 del D. Lgs. n. 114 del 1998 e dell’articolo 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento.

In conseguenza alla decadenza del titolo autorizzatorio l’amministrazione comunale avrebbe dovuto provvedere alla rinnovazione del relativo procedimento con una nuova ponderazione degli interessi coinvolti nella vicenda.

Con la successiva istanza del 15.4.2010 la ricorrente ha insistito ai fini dell’acquisizione in via istruttoria della documentazione del comune concernente il procedimento ediliziourbanistico relativo alla realizzazione del centro in questione.

La Provincia di Roma si è costituita in giudizio in data 27.4.2010, con comparsa di mera forma e, con la successiva memoria del 6.5.2010, ha dedotto, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla questione dedotta in giudizio, trattandosi esclusivamente di atti adottati da parte del Comune di Guidonia Montecelio.

La società controinteressata E. si è costituita in giudizio in data 7.5.2010 con memoria difensiva con la quale ha dedotto in via preliminare l’irricevibilità del ricorso per tardività, avendo avuto la società ricorrente piena cognizione degli atti impugnati nel corso delle trattative intraprese con la società I.G.D. s.p.a. (d’ora in poi soltanto IGD) ai fini del subentro nel contratto preliminare di compravendita della porzione del centro commerciale della complessiva superficie di 11.500 mq. da destinare ad ipermercato.

La società IGD si è costituita in giudizio in data 7.5.2010, depositando memoria difensiva con la quale – dato atto della pendenza in fase istruttoria dinanzi al Tribunale civile di Venezia del ricorso di cui al rg. n. 350572008, avente ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla rottura ingiustificata delle trattative- ha dedotto, in via preliminare, il difetto di legittimazione ad agire, e di interesse a ricorrere della ricorrente, in quanto, da un lato, non esisterebbe una distanza minima di legge tra un ipermercato, divenuto, in realtà, dopo la riduzione della relativa superficie, un supermercato, ed un centro commerciale che siano situati in diversi territori comunali e, dall’altro, non sarebbe stato addotto alcun concreto danno economico, nonché, nel merito, la sua infondatezza, con conseguente richiesta di rigetto del ricorso.

Il Comune di Guidonia Montecelio si è costituito in giudizio in data 7.5.2010 con memoria difensiva con la quale ha argomentatamente dedotto, dapprima, l’infondatezza nel merito del ricorso nonché, conclusivamente, l’inammissibilità del ricorso per il difetto di legittimazione e di interesse a ricorrere da parte della società ricorrente.

Con la memoria del 10.5.2010 la E., dopo avere diffusamente ripercorso in punto di fatto l’intera vicenda, ha dedotto, in via preliminare, l’irricevibilità per tardività del ricorso, nonché l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e di interesse a ricorrere e, nel merito, la sua infondatezza, con conseguente richiesta di rigetto.

Con l’ordinanza n. 2020/2010 dell’11.5.2010, successivamente corretta con l’ordinanza n. 3338/2010, sono stati disposti incombenti istruttori; l’ordinanza, a seguito dell’istanza di ottemperanza della ricorrente del 30.12.2010, è stata eseguita da parte del comune resistente in data 18.1.2011.

Con il ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 18.3.2011 e depositato in data 5.4.2011, la ricorrente, alla luce dell’adempimento istruttorio dell’amministrazione comunale del gennaio 2011, ha impugnato i medesimi provvedimenti di cui al ricorso introduttivo, deducendone l’illegittimità per gli ulteriori seguenti motivi di censura:

1- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria e per sviamento.

Poiché i lavori edilizi sarebbero iniziati, sulla base della ulteriore documentazione in atti, in data 16.5.2005, e non invece nella diversa data indicata dalla controinteressata del 3.11.2005, al momento della richiesta di proroga dell’efficacia della concessione edilizia, il termine era già scaduto e, pertanto, non validamente prorogabile e, comunque, la richiesta di proroga non sarebbe stata adeguatamente motivata con riferimento ai fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà dell’interessato.

2- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria e per sviamento sotto un diverso profilo.

Le opere di urbanizzazione previste nella convenzione di lottizzazione nella quale è subentrata la controinteressata non sarebbero state realizzate nei termini previsti, ossia nel triennio successivo alla stipulazione della convenzione stessa e, comunque, per le predette opere non sarebbe mai stata richiesta la proroga del relativo termine.

3- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 28 della legge regionale Lazio 18 novembre 1999, n. 33, e dell’articolo15 del d.P.R. n. 380 del 2001, ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria, per sviamento e per illogicità della motivazione.

Essendo stata richiesta la proroga dell’efficacia della concessione edilizia quando oramai era inutilmente decorso il termine originario, anche la richiesta di proroga del termine di attivazione dell’esercizio commerciale, in quanto collegata all’efficacia del titolo edilizio, sarebbe stata illegittimamente concessa da parte dell’amministrazione comunale.

Con la memoria del 4.5.2011 la E. si è costituita in giudizio sul ricorso per motivi aggiunti, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza nel merito.

Con memoria del 26.5.2011 si è, altresì, costituita in giudizio sul ricorso per motivi aggiunti anche la società IGD, con la quale, in via preliminare, ha ribadito l’irricevibilità per tardività e l’inammissibilità per difetto di legittimazione ed interesse nonché ha dedotto ulteriormente l’inammissibilità in quanto mera riproposizione di motivi di censura già articolati nel ricorso introduttivo, e, nel merito, ha più approfonditamente argomentato l’infondatezza, insistendo per il rigetto.

Con la memoria del 3.6.2011, infine, anche il comune si è costituito in giudizio sul ricorso per motivi aggiunti, ribadendo l’inammissibilità nonché l’infondatezza nel merito del ricorso.

Con la memoria del 24.6.2011 la E. ha inisistito per il rigetto del ricorso.

Infine, con la memoria del 6.7.2011, la ricorrente ha ripercorso in punto di fatto i passi salienti della vicenda di cui trattasi nonché l’iter processuale del giudizio in trattazione, ribadendo tutte le proprie censure ed insistendo per l’accoglimento del ricorso introduttivo e dei successivi motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 14.7.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

1- In via preliminare devono essere affrontate le eccezioni in rito di irricevibilità ed inammissibilità sotto molteplici profili dedotte negli scritti difensivi da parte dell’amministrazione comunale resistente nonché delle società controinteressate.

2- Con una prima eccezione è stata dedotta l’inammissibilità del ricorso introduttivo del presente giudizio nonché del ricorso per motivi aggiunti per difetto da parte della società ricorrente della legittimazione a ricorrere e dell’interesse ad agire.

La società P. è una società del Gruppo PAM, operante nel settore della grande distribuzione organizzata – presente nel Comune di Roma con sette esercizi commerciali in diversi punti del territorio comunale, tra i quali vi è la grande struttura di vendita sita all’interno del Centro Commerciale denominato " Roma est" in via Collatina, in virtù dell’autorizzazione commerciale n. 61 rilasciata dal Comune di Roma in data 2.3.2007, che impugna i titoli commerciali ed ediliziurbanistici in virtù dei quali è stato realizzato il nuovo Centro Commerciale, denominato " Tiburtino shopping center", ubicato nel vicino Comune di Guidonia Montecelio ed alla distanza di 8 km. da " Roma Est".

Si premette che P. è titolare esclusivamente di un ipermercato, alla luce del tenore testuale della relativa autorizzazione commerciale in copia agli atti, che è situato all’interno del centro commerciale "Roma Est", mentre, nel caso di specie, trattasi della realizzazione di un centro commerciale, all’interno del quale era prevista la realizzazione di un ipermercato; tuttavia, a seguito della richiesta di riduzione della superficie di vendita nel corso del 2009, la specifica struttura commerciale di cui trattasi è stata modificata da ipermercato a supermercato, ossia un esercizio più piccolo rispetto alla originaria previsione.

Il centro commerciale Tiburtino ed il centro commerciale Roma Est sono collocati nel territorio di due diversi, sebbene contigui, comuni, atteso che, mentre il primo è situato nell’area sovracomunale di cui al punto b.4 "provincia di Roma, escluso il Comune di Roma", il secondo, invece, è situato "nell’area metropolitana omogenea coincidente con il Comune di Roma" di cui al punto a.

Trattasi, pertanto, di due centri commerciali che incidono nell’ambito metropolitano della città di Roma con un bacino di utenza di notevoli dimensioni; inoltre, in particolare, il centro commerciale del quale si doglie in questa sede è servito prevalentemente dalla viabilità ordinaria, mentre il centro commerciale all’interno del quale insiste l’ipermercato della ricorrente è direttamente servito dall’autostrada collegata a bretella di penetrazione nel comune di Roma, di tal che può ragionevolmente ritenersi che i due centri non possano essere ritenuti completamente omogenei tra di loro, stante le differenziazioni di localizzazione e territoriali, con i necessari conseguenti riflessi sui relativi bacini di utenza.

Peraltro vige nel settore commerciale di cui trattasi, in particolare, il principio della piena concorrenza, in attuazione del quale deve essere sostenuta e favorita la presenza sul territorio di una pluralità di attività tra le quali gli utenti possano scegliere; ed infatti, tra l’altro, ai sensi dell’articolo 3 del D. L. n. 223 del 2006, sono venute meno le limitazioni relative alle distanze minime tra attività commerciali.

Ed inoltre la P. non ha fornito alcuna prova concreta in ordine al concreto ed effettivo decremento di clientela ed ai presunti danni conseguenti all’apertura del supermercato di cui trattasi.

Tanto premesso, tuttavia, l’apertura di un centro commerciale di notevoli dimensioni, in località caratterizzata dalla presenza di importanti collegamenti stradali e con ampia disponibilità di parcheggi, per effetto del grande richiamo notoriamente esercitato sui consumatori dalla possibilità di procedere ad acquisti di ogni genere con un solo spostamento verso un unico centro ed a condizioni di prezzo spesso più vantaggiose, è in grado di esercitare un impatto economico che non può essere ristretto ai commercianti siti nell’area nella quale la nuova struttura commerciale è stata autorizzata a collocarsi, ma inevitabilmente si riverbera sugli esercenti dei Comuni viciniori ai quali va di conseguenza riconosciuta la legittimità ad insorgere avverso il provvedimento che ne ha autorizzato l’apertura, atteso che la vicinitas costituisce, per i titolari e i proprietari di strutture di vendita, un collegamento stabile tra il ricorrente qualificato per l’attività esercitata e la zona interessata dall’intervento assentito e va valutata alla stregua di un giudizio che tenga conto della natura e delle dimensioni dell’opera programmata, della sua destinazione, delle sue implicazioni urbanistiche ed anche delle conseguenze prodotte dal nuovo insediamento sulla qualità della vita di coloro che per residenza, attività lavorativa e simili sono in durevole rapporto con la zona in cui sorge la nuova opera; segue da ciò che il bacino di utenza da prendere in considerazione, ai fini del riconoscimento del pregiudizio che radica l’interesse al ricorso giurisdizionale, può estendersi per un raggio di decine di chilometri, che necessariamente travalica gli ambiti tracciati ai fini della programmazione degli insediamenti commerciali (Consiglio di Stato, sez. V, 20 febbraio 2009, n. 1032).

Da quanto esposto, pur nella consapevolezza di un recente indirizzo giurisprudenziale in senso contrario, si ritiene che ne consegua, nel caso di specie, la sussistenza della legittimazione e dell’interesse a ricorrere da parte della P..

3- Con una seconda eccezione è stata dedotta l’irricevibilità per tardività del ricorso introduttivo nonché del ricorso per motivi aggiunti in quanto, da un lato, la società ricorrente avrebbe avuto piena contezza degli atti impugnati nel corso delle trattative condotte con la società controinteressata IGD negli anni 2007 e 2008 ai fini del subentro della P. nella posizione dell’IGD nel contratto preliminare di cui al rep. n. 18168/8690 del 31.5.2005 per l’acquisto della piena proprietà della porzione del centro commerciale destinata all’ipermercato, della complessiva superficie di mq. 11.500 nonché nella titolarità della relativa autorizzazione commerciale n. 2156 del 27.12.2004, e, dall’altro, gli stessi atti autorizzatori di natura edilizia ed urbanistica sarebbero già stati in precedenza impugnati con ricorso straordinario al Capo dello Stato, di contenuto generico, sebbene successivamente rinunciato da parte della stessa ricorrente.

Ne conseguirebbe la piena ed effettiva conoscenza degli atti impugnati in data anteriore a quella dedotta in ricorso del 2.2.2010 e, relativamente alla quale, il termine di decadenza di legge ai fini dell’impugnazione, alla data di notificazione del ricorso in trattazione, sarebbe già ampiamente decorso.

In ricorso è stato dedotto da parte della ricorrente di avere appreso soltanto dalla stampa locale nel mese di aprile 2009 dell’intervenuta apertura al pubblico del centro commerciale di cui trattasi; è stato, altresì, rilevato che la stessa ha potuto prendere visione, per la prima volta, della documentazione concernente le autorizzazioni commerciali impugnate soltanto a seguito dell’esibizione della relativa documentazione da parte dell’amministrazione comunale in data 2.2.2010, in esecuzione della sentenza di questo Tribunale n. 11753 del 26.9.2009.

Tuttavia, nel corso del 2007 la IGD ha comunicato alla E. di avere intrapreso con la P. trattative per l’acquisto da parte di quest’ultima della detta parte del centro commerciale da destinarsi ad ipermercato, chiedendone l’assenso ai fini della relativa modifica contrattuale nonché alle modifiche ai permessi di costruire già rilasciati richieste da parte di P. per adattare l’immobile alle proprie esigenze commerciali.

A seguito di una serie di incontri tra le parti si è svolta la fase della negoziazione che ha portato alla redazione di una prima bozza della lettera di intenti in data 11.12.2007 elaborata ed inviata dalla stessa P. ed avente ad oggetto il contratto preliminare sottoscritto tra la E. e la IGD nel 2005 nonché le modificazioni alla struttura richieste ai fini del subentro; a questa prima versione della bozza sono seguite le versioni del 19.12.2007 e quindi quella definitiva dell’8.1.2008, sottoscritta in data 13.1.2008.

Nella bozza delle lettere di cui sopra, nella parte relativa alle premesse, si legge che "Il Centro Commerciale, ai sensi dei conseguiti permesso di costruire n. 81/05 ed autorizzazione commerciale n. 2156/04 avrà una superficie lorda…All’interno del Centro commerciale è prevista la realizzazione di un ipermercato avente una SLP di circa mq. 11.500…" e che "Il Venditore ha preso atto che P. ha avanzato alcune proposte di natura progettuale relative alla porzione di ipermercato…e si è reso disponibile a valutarle… qualora siano compatibili con i permessi e autorizzazioni già conseguiti…".

La trattativa, che ha portato alla sottoscrizione della lettera di intenti del 13.1.2008, è stata successivamente interrotta da parte della stessa P.; e, relativamente al presunto recesso ingiustificato tra le trattative, pende giudizio risarcitorio dinanzi al Tribunale civile di Venezia di cui al rg. n. 3505/2008 instaurato proprio da parte della società IGD nei confronti della P. (giudizio che si è concluso in primo grado, nelle more della trattazione del presente giudizio con la sentenza n..1600 del 21.6.2011, con la quale sono state rigettate le domande avanzate).

Nell’ambito delle dette trattative la questione concernente la validità dell’autorizzazione al commercio n. 2156 del 2004 è evidentemente stata posta in rilievo da parte della ricorrente; è infatti in copia agli atti uno scambio di email tra la E. e l’IGD avente proprio il detto oggetto e nella quale viene ripercorsa in modo puntuale l’intera vicenda al fine di addivenire alla conclusione che la scadenza di validità del titolo autorizzatorio sarebbe intervenuto soltanto in data 26.12.2008, salvo proroga ai sensi dell’articolo 30 della l.,r. Lazio n. 33 del 1999, email che risulta essere stata condivisa con P., sebbene nelle more della visione della relativa documentazione ivi indicata.

Peraltro è comprovato in atti, in quanto risultante dalla lettera di P. del 13.3.2008, che la lunga attività di negoziazione posta in essere tra le parti interessate, è stata, ulteriormente, corroborata da un’attività di due diligence che ha necessariamente implicato, attesa la sua specifica natura, un’indagine legale, amministrativa, commerciale e fiscale di tutta l’operazione.

La detta circostanza, peraltro, è comprovata proprio dal tenore testuale della nota del 13.3.2008 nella quale si legge che "in questi due mesi abbiamo avuto modo di verificare con estrema attenzione tutta la documentazione che ci è stata messa a disposizionee in particolare quella attinente al progetto…".

Tuttavia, come risulta dalla documentazione versata in atti, e come già ricordato in precedenza, le trattative tra le parti si sono interrotte con la lettera del 13.3.2008, di tal che P. non ha avuto diretta ed immediata cognizione degli atti e provvedimenti concernenti i titoli edilizi e commerciali adottati in epoca successiva e, in particolare, della seguente documentazione:

– richiesta della E. di proroga del termine di validità dei titoli del 12.6.2008;

– concessione della richiesta proroga da parte del comune di cui alle note prot. n. 52405 dell’1.7.2008 e 76655 del 6.10.2008;

– concessione edilizia in variante n. 273 dell’1.7.2008 e autorizzazioni commerciali nn. 2168 dell’11.9.2008 e 2172 del 26.2.2009.

Ed è proprio sulla predetta ulteriore documentazione che si basano le censure di cui al ricorso introduttivo del presente giudizio.

Comunque, attesa l’infondatezza nel merito del ricorso per le motivazioni di cui di seguito, si ritiene di potere prescindere dalla verifica dell’eventuale fondatezza dell’eccezione di cui trattasi.

4. E’ stata, altresì, dedotta l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, non soltanto per i medesimi profili di cui in precedenza ma anche in quanto meramente reiterativi delle censure già articolate con il ricorso introduttivo del giudizio.

L’eccezione non merita condivisione in quanto, da un lato, trattasi di motivi nuovi e, dall’altro, laddove trattasi dei medesimi motivi gli stessi sono stati riarticolati e rinforzati sulla base della documentazione della quale la ricorrente ha acquisito conoscenza in data successiva alla notificazione del ricorso introduttivo; anche il terzo ed ultimo dei motivi aggiunti, che è sostanzialmente reiterativo, purtuttavia è stato riformulato alla luce delle nuove evenienze istruttorie.

5- Infine la Provincia di Roma ha dedotto con la memoria di costituzione in giudizio il difetto di legittimazione passiva, atteso che non sarebbe stato impugnato, nel presente giudizio, alcun atto o provvedimento riconducibile alla stessa.

L’eccezione merita condivisione; ed infatti, dall’esame della documentazione in atti, emerge come le censure dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio nonché con il successivo ricorso per motivi aggiunti siano state formulate esclusivamente avverso provvedimenti adottati da parte del comune di Guidonia Montecelio.

Peraltro, sulla base della normativa regionale di settore, di cui alla l.r. Lazio n. 33 del 1999 ed alle deliberazioni della Giunta regionale Lazio n. 2618 del 27.12.2000 e del Consiglio regionale Lazio n. 131 del 6.11.2002, ai fini dell’apertura delle grandi strutture di vendita al dettaglio, il parere reso dalla Provincia competente per territorio, reso in sede di conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 29 della l.r. Lazio n. 33 del 1999, sebbene concorra a comporre l’atto deliberativo finale di autorizzazione, non è vincolante ai fini del rilascio del relativo titolo autorizzatorio.

6. Preliminarmente alla trattazione in merito del ricorso introduttivo del presente giudizio nonché dei successivi motivi aggiunti, avuto riguardo, nello specifico, al tipo di contestazioni sollevate, appare necessario, sebbene brevemente, ripercorrere in punto di fatto la vicenda di cui trattasi.

Con istanza di cui al prot. n. 37214 del 20.11.2002, la E. ha chiesto al Comune di Guidonia Montecelio il contestuale rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura di una grande struttura di vendita di 32.199 mq nonché della relativa concessione edilizia ai sensi della legge regionale Lazio n. 33 del 1999 e facendo uso della modulistica predisposta ed approvata con deliberazione della Giunta regionale Lazio n. 2618 del 27.12.2000.

Nell’ambito del procedimento si sono espressi con parere favorevole sia il Comune di Guidonia Montecelio che la Provincia di Roma e la Regione Lazio e, quindi, la conferenza di servizi convocata ai sensi dell’articolo 29 della l.r. Lazio n. 33 del 1999.

Il comune ha rilasciato l’autorizzazione commerciale di cui al prot. n. 2156 del 27.12.2004 per la superficie di vendita di 32.199 mq. (e la superficie complessiva di mq. 50.495), prevedendo che l’autorizzazione "è integralmente subordinata e correlata all’acquisizione… del permesso di costruire di cui all’istanza assunta al prot. n. 37214 del 20 novembre 2002…" e che "L’apertura del centro commerciale metropolitano dovrà avvenire entro quarantotto mesi.dal rilascio della presente autorizzazione amministrativa, ovvero entro dodici mesi dall’ultimazione dei lavori di costruzione…".

Il comune, successivamente, ha rilasciato la relativa concessione edilizia di cui al n. 81 in data 25.2.2005; sono seguite numerose varianti alla detta concessione di cui ai nn. 523 del 15.12.2005, 609 del 7.12.2006, 457 del 6.9.2007 e 273 dell’1.7.2008, per i motivi che di seguito verranno indicati.

Intanto la E. aveva stipulato, in data 30.5.2005, con la Congregazione religiosa delle suore ancelle della divina provvidenza, un contratto di compravendita avente ad oggetto il fondo edificabile sito nel Comune di Guidonia Montecelio, in località Martelona, della complessiva superficie di mq. 198.491 (ove doveva essere realizzato il detto centro commerciale), accettando anche la convenzione per il piano di lottizzazione sottoscritta tra la congregazione ed il comune in data 24.2.2004, e subentrando nei relativi obblighi ed oneri; l’autorizzazione alla lottizzazione è stata, poi, successivamente, concessa con il permesso di costruire n. 360 del 15.9.2004.

La E. aveva stipulato, altresì, nella medesima data del 30.5.2005, con la società IGD il contratto preliminare di vendita avente ad oggetto il centro commerciale nel suo complesso, condizionato sospensivamente nei suoi effetti al conseguimento da parte della E. della variante al progetto (ai fini della riduzione della superficie dagli originari 70.000 mq. a circa mq. 53.000 con l’eliminazione del secondo piano interrato e del secondo piano, lasciando, tuttavia, immutata la superficie di vendita), che è stata conseguita con il permesso in variante n. 523 del 15.12.2005 ai sensi dell’articolo 32 del d.P.R. n. 381 del 2001, con il quale si è determinato un rilevante mutamento delle caratteristiche e delle strutture dell’edificio commerciale.

Successivamente, rinvenuta nel sottosuolo una faglia sismica suborizzontale inattiva che ha imposto la revisione dell’intero progetto assentito ai sensi dei due permessi nn. 81/2005 e 523/2005, stante l’obbligo di inedificabilità ad una distanza minima di 20 metri e la conseguente necessità di rivedere il posizionamento e le modalità costruttive dell’intero complesso alla luce delle prescrizioni tecniche imposte dal Genio civile, sono stati rilasciati i permessi di costruire in variante nn. 609 del 7.12.2006 e 457 del 6.9.2007.

In particolare la necessità di rispettare le predette prescrizioni tecniche ha comportato una serie difficoltà in relazione alle progettate strutture portanti, con l’obbligo dello spostamento del posizionamento dell’edificio e della modificazione sostanziale di diversi aspetti distributivi, funzionali, architettonici ed impiantistici, e la conseguente necessità di riprogettazione di gran parte delle strutture dell’edificio; attesa la complessità e lunghezza dell’iter approvativo del nuovo progetto di competenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici, è stato predisposto un ulteriore nuovo progetto avente ad oggetto strutture completamente diverse, di competenza del genio civile che ha quindi dato il proprio favorevole parere di cui alla nota prot. n. 219317 del 23.4.2007.

Intanto, nel corso del 2007, la IGD ha comunicato alla E. di avere intrapreso con la P. trattative per l’acquisto da parte di quest’ultima della detta parte del centro commerciale da destinarsi ad ipermercato, chiedendone l’assenso ai fini della relativa modifica contrattuale nonché alle modifiche ai permessi di costruire già rilasciati richieste da parte di P. per adattare l’immobile alle proprie esigenze commerciali.

La E. ha richiesto, con l’istanza di cui al prot. n. 47048 del 12.6.2008, di sollecito alle precedenti analoghe istanze del 10.4.2008 e 6.6.2008, il rilascio del permesso di costruire in variante "vista la vastità dell’intervento e la complessità realizzativa delle opere ed il coinvolgimento in fase autorizzativa di vari enti" nonché la proroga del termine di ultimazione dei lavori edilizi per 12 mesi fino al 3.11.2009 "in base all’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 6.6.2001", in riscontro, con il provvedimento di cui al prot. n. 52405 dell’1.7.2008, il comune dato atto che "i lavori erano iniziati come da comunicazione di cui al prot. n. 74958 del 3.11.2005", e che, pertanto, la domanda era stata presentata prima della scadenza del termine, ha concesso la richiesta proroga, ritenendo plausibili le motivazioni addotte da parte della società (essendo a conoscenza in via diretta delle sopraggiunte difficoltà di ordine tecnico incontrate nella realizzazione dell’opera di cui trattasi a seguito del rinvenimento della faglia inattiva nel terreno).

Con la successiva l’istanza di cui al prot. n. 58914 del 24.7.2008 la società E. ha chiesto, ai sensi del punto 14, lett. A, della deliberazione del Consiglio regionale n. 131 del 2002, la reintestazione dell’autorizzazione commerciale n. 2156 del 27.12.2004 in favore della società I.G.D; in riscontro il comune, con la nota di cui al prot. 2168 dell’11.9.2008, ha provveduto alla richiesta reintestazione.

Con la contestuale istanza di cui al prot. n. 58913, la E. ha chiesto, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della l.r. Lazio n. 33 del 1999, la proroga del termine di attivazione dell’autorizzazione commerciale n. 2156 del 27.12.2004, coincidente con il termine di ultimazione dei lavori in proroga; in riscontro il comune, con il provvedimento di cui al prot. n. 76655 del 6.10.2008, ha concesso la richiesta proroga.

La stessa Regione Lazio, con la nota di cui al prot. n. 144708 del 23.9.2008, aveva intanto riscontrato l’istanza di proroga, ritenendola presentata nei termini di legge di cui al richiamato articolo 30 della l.r. Lazio n. 33 del 1999.

Con l’istanza di cui al prot. n. 92147 del 28.11.2008, la IGD ha chiesto al comune il rilascio di una nuova autorizzazione amministrativa, avendo il centro commerciale di cui trattasi subito, in fase di realizzazione, trasformazioni concernenti la riduzione della superficie di vendita nonché la diversa ripartizione delle superfici di vendita tra settore alimentare e settore non alimentare; in riscontro il comune ha provveduto al rilascio della richiesta autorizzazione n. 2172 del 26.2.2009.

Ed infatti, come in precedenza rilevato, a seguito degli eventi idrogeologici calamitosi verificati nel corso dell’anno 2008, si è rivelato un maggior grado di franosità della faglia situata a ridosso del manufatto in costruzione, il che ha reso necessaria la rimodulazione dell’edificio stesso nonché delle relative opere di urbanizzazione.

Quindi, con atto a rogito notaio Cenni, rep. 16363 del 27.3.2009, la IGD ha dato seguito al contratto preliminare di vendita del 2005, ed ha definitivamente acquisito in proprietà l’immobile di cui trattasi.

In data 12.2.2009 il comune ha rilasciato il certificato di agibilità del manufatto realizzato e, nel mese di marzo 2009, il centro commerciale è stato aperto ufficialmente al pubblico.

7. Nel merito valgono le considerazioni che seguono.

Si premette ulteriormente che il legittimo esercizio di un’attività commerciale è ancorato, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanisticoedilizia dei locali in cui essa viene posta in essere; pertanto l’impugnativa dei provvedimenti urbanistici può essere strumentalmente utilizzata al fine esclusivo di bloccare sostanzialmente il rilascio dell’autorizzazione commerciale.

7.1- Con il primo motivo di censura è stato dedotto che i due titoli, edilizio e commerciale, nel caso di specie, sarebbero stati rilasciati in tempi diversi e sarebbero materialmente distinti, e non risulterebbe, peraltro, che sia stata condotta una unica istruttoria o che vi sia stata in altro modo una interdipendenza tra i due detti titoli; di conseguenza non potrebbe trovare applicazione il disposto di cui all’articolo 28, comma 6, della L.R. Lazio n. 33 del 1999 che, nel caso di rilascio contestuale dei due titoli di cui trattasi, attribuisce un termine di 48 mesi, e non invece di 36 mesi, ai fini dell’inizio dell’attività commerciale; in particolare, essendo stata rilasciata l’autorizzazione commerciale in data 27.12.2004, il termine sarebbe inutilmente spirato alla data del 27.12.2007, con la conseguente decadenza della società interessata dalla detta autorizzazione né la proroga potrebbe essere validamente richiesta successivamente alla scadenza del termine di riferimento.

La legge regionale LAZIO 18 novembre 1999, n. 33, dispone al comma 6 dell’articolo 28, rubricato " Disposizioni per il rilascio dell’autorizzazione.", che "… 6. L’apertura di una grande struttura di vendita caso di rilascio contestuale della concessione edile della autorizzazione alla vendita, deve avvenire entro quarantotto mesi dalla data del rilascio dell’autorizzazione ovvero entro dodici mesi dall’ultimazione di tutti i di costruzione, decorsi i quali l’autorizzazione decade, salvo il caso di proroga di cui all’articolo 30.

7. In tutti gli altri casi l’apertura di una grande struttura di vendita deve avvenire entro 36 mesi dal rilascio dell’autorizzazione, decorsi i quali, l’autorizzazione decade, salvo il caso di proroga di cui all’articolo 30…".

Il successivo articolo 30, rubricato " Proroga, revoca, reintestazione e cessazione delle autorizzazioni.", a sua volta, dispone che " 1. Ai sensi dell’articolo 22, comma 4, lettera a), del d.lgs. 1141998, è consentita una sola proroga del termine per l’attivazione fino ad un massimo di un anno dei termini di cui agli articoli 27, comma 2, lettera e) e 28, commi 6 e 7, per ritardi non imputabili al soggetto autorizzato.

3.La richiesta di proroga per le grandi strutture di vendita deve contenere la motivazione del ritardo ed essere presentata al comune nel termine perentorio di 90 giorni precedenti la scadenza dell’autorizzazione, salvo il caso in cui il motivo del ritardo intervenga successivamente a tale termine e comunque entro il periodo di validità dell’autorizzazione stessa. Il comune concede la proroga dopo aver acquisito il parere favorevole della struttura regionale competente in materia di commercio….".

Il legislatore regionale ha, quindi, considerato in maniera diversa, ai fini della determinazione del termine per l’attivazione dell’esercizio commerciale, il caso in cui il centro commerciale per il quale viene richiesta l’autorizzazione debba ancora essere realizzato al momento di presentazione dell’istanza da quello in cui, invece, la struttura edilizia sia già esistente; il richiamo alla contestualità del rilascio del titolo edilizio concessorio e del titolo autorizzatorio commerciale deve, pertanto, essere correttamente inteso alla luce dell’esigenza di cui il legislatore ha voluto tenere conto. Ai predetti fini non si ritiene che sia necessaria l’unicità del procedimento amministrativo da intendersi come contestualità dell’istruttoria e coincidenza temporale per i rilascio dei due titoli.

Che debba trattarsi esclusivamente di una "correlazione" tra i due procedimenti si evince, in modo particolare, proprio dalla deliberazione del Consiglio regionale n. 131 del 6.11.2002, concernente il "Documento programmatico per l’insediamento delle attività commerciali su aree private", al punto 12 a, nonché dalla deliberazione della Giunta comunale del Comune di Guidonia Montecelio n. 323 del 17.12.2003, al punto 9 della parte seconda.

La detta "correlazione" si realizza (secondo quanto disposto nella deliberazione G.C. n. 323/2003) con la previsione che l’ufficio urbanistica, al termine dell’istruttoria della richiesta di rilascio del titolo edilizio, "secondo la tempistica e i procedimenti amministrativi previsti", deve dare notizia al settore commercio dell’intervenuto rilascio (punto 8, parte seconda) e che l’attività commerciale, seppure autorizzata, rimane subordinata al rilascio del relativo titolo edilizio.

Si tratta, pertanto, di procedimenti amministrativi che corrono in parallelo alla favorevole conclusione di entrambi, indipendentemente da quale dei due si concluda per primo, è condizionato il soddisfacimento dell’interesse di cui è portatore il privato richiedente.

L’articolo 24, comma 1, lett. c), sub 5, della l.r. Lazio n. 33 del 1999 disciplina i Centri Commerciali Metropolitani, nel cui ambito rientra la struttura di cui trattasi, come una categoria di "grandi strutture di vendita" e, in relazione alle grandi strutture di vendita, gli articoli 28, 29 e 30 della l.r. Lazio n. 33 del 1999 disciplinano le due procedure per il rilascio, la proroga, la revoca e la re intestazione dell’autorizzazione commerciale, a seconda che la detta autorizzazione commerciale sia o meno richiesta contestualmente al relativo titolo edilizio.

Nel caso di specie l’invocata disposizione normativa di cui al comma 6 dell’articolo 28, che disciplina il procedimento di rilascio contestuale dei due titoli, trova pienamente applicazione, nonostante i due titoli siano stati in concreto rilasciati in tempi diversi e siano materialmente distinti, considerato che:

– la società E. s.r.l. ha chiesto al Comune di Guidonia Montecelio, con l’istanza di cui al prot. n. 37214 del 20.11.2002 il contestuale rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura di una grande struttura di vendita di 32.199 mq nonché della relativa concessione edilizia ai sensi della legge regionale Lazio n. 33 del 1999 e facendo uso della modulistica predisposta ed approvata con deliberazione della Giunta regionale Lazio n. 2618 del 27.12.2000;

– dal verbale del 25.11.2004 della conferenza di servizi indetta ai sensi dell’articolo 29 della l.r. Lazio n. 33 del 1999 emerge come la stessa si sia riunita "per l’esame dell’istanza di rilascio di autorizzazione amministrativa (e concessione ediliziaora permesso di costruire)" e che, pertanto, si trattasse di una struttura commerciale per la quale era stato contestualmente richiesto il rilascio dei relativi titoli edilizio e commerciale;

– il comune, in riscontroprevio richiamo del punto 13 della deliberazione C.R. n. 131 del 2002, che prescrive che, anche nel caso in cui l’istanza sia stata presentata dopo l’entrata in vigore della legge regionale ma antecedentemente alla pubblicazione della stessa deliberazione, l’autorizzazione commerciale debba intendersi comunque correlata alla concessione edilizia e rilasciata ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell’articolo 28 della l.r.Lazio n. 33 del 1999, gli ha rilasciato l’autorizzazione commerciale di cui al prot. n. 2156 del 27.12.2004 per la superficie di vendita di 32.199 mq. (e la superficie complessiva di mq. 50.495), prevedendo che l’autorizzazione "è integralmente subordinata e correlata all’acquisizione… del permesso di costruire di cui all’istanza assunta al prot. n. 37214 del 20 novembre 2002…" e che "L’apertura del centro commerciale metropolitano dovrà avvenire entro quarantotto mesi.dal rilascio della presente autorizzazione amministrativa, ovvero entro dodici mesi dall’ultimazione dei lavori di costruzione…".

Da un lato, pertanto, la E. ha dimostrato di avere fatto riferimento proprio al procedimento unico di cui al comma 6 e, dall’altro, è l’amministrazione comunale che ha dato la prova di avere in tal senso operato, individuando secondo la disciplina specifica ivi prevista, il termine dei 48 mesi ai fini dell’attivazione dell’autorizzazione commerciale la cui efficacia è dichiaratamente subordinata all’acquisizione del permesso di costruire relativo.

Essendo stata rilasciata l’autorizzazione n. 2156 in data 27.12.2004, il predetto termine sarebbe venuto a scadenza soltanto in data 27.12.2008.

E risulta in atti che la E. con l’istanza di cui al prot. n. 58913 del 30.5.2008, ha chiesto, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della l.r. Lazio n. 33 del 1999 la proroga del termine di attivazione dell’autorizzazione commerciale n. 2156 del 27.12.2004, per renderlo coincidente con il termine di proroga di ultimazione dei lavori e che, in riscontro, il comune, con il provvedimento di cui al prot. n. 76655 del 6.10.2008, ha concesso la richiesta proroga.

La richiesta di proroga del 30.5.2008 risulta, pertanto, essere stata presentata nel termine perentorio del 27.9.2008 di cui al richiamato comma 3 dell’articolo 30 dei 90 giorni antecedenti la scadenza dell’autorizzazione che sarebbe intervenuta nell’indicata data del 27.12.2008.

Deve, peraltro, rilevarsi come la richiesta di proroga sia stata formulata solo fino al 3.11.2009 mentre, ai sensi del comma 3 dell’articolo 30, la E. avrebbe potuto richiedere la proroga di 12 mesi a decorrere dalla data di scadenza dell’originario termine dei 48 mesi dal rilascio del titolo di cui al comma 6 dell’articolo 28 e, pertanto, fino al 27.12.2009 o, addirittura, fino al 3.11.2010, ossia ai 12 mesi successiva alla data finale di ultimazione dei lavori edili (termine prorogato ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001) ai sensi del medesimo comma 6 di cui in precedenza, nella parte in cui prevede alternativamente il termine dei dodici mesi dall’ultimazione di tutti i lavori di costruzione.

7.2- Con il secondo motivo di censure la ricorrente ha dedotto che il termine di 36 mesi di cui al comma 7 dell’articolo 28 della l.r. Lazio n. 33 del 1999 sarebbe stato sostanzialmente eluso da parte della E. attraverso la serie continua di proroghe, rinnovi, volture e riduzioni delle superfici che caratterizzano la vicenda di cui trattasi.

Anche il predetto motivo non merita condivisione.

Ed infatti dall’esposizione in fatto che precede è facilmente rinvenibile quali fossero le esigenze e le connesse motivazioni sostanziali sottese alle molteplici richieste formulate nel corso del tempo da parte della E. e della sua avente causa IGD e concernenti, da un lato, le varianti all’originario permesso di costruire e, dall’altro, la proroga del termine per l’attivazione dell’autorizzazione commerciale. Non sembra, pertanto, che, nel comportamento delle controinteressate possa rinvenirsi quell’intento dilatorio e di aggiramento dei termini di legge su cui si incentra la censura in trattazione.

Peraltro, per quanto attiene alle numerose varianti concesse, deve rilevarsi che – indipendentemente dalla qualificazione in termini di variante "principali", che debbono necessariamente essere precedute nella loro realizzazione da una concessione o un atto autorizzativi, e minori, c.d. "in corso d’opera", che, invece, possono essere eseguite anche senza preventivo atto autorizzativo, il quale, tuttavia, dovrà essere richiesto prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori, la loro disciplina si caratterizza per l’essere la modifica comunque soggetta ad un atto autorizzativo, e per il fatto che tutti i termini di inizio e fine dei lavori non subiscono variazioni, essendo riferiti sempre al momento iniziale di approvazione del progetto (salvo l’autonomo rilievo che le nuove opere possono al più esplicare ai fini della proroga del termine finale di completamento dell’opera, in esito però ad un apposito subprocedimento distinto da quello di approvazione della variante in corso d’opera).

La presentazione di varianti, pertanto, non determina, come conseguenza, la modificazione degli originari termini di cui all’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001.

E, inoltre, l’esigenza di certezza, efficacia ed efficienza del procedimento amministrativo perseguita attraverso la normativa nazionale e regionale nella materia, nella parte in cui viene fissato, da un lato, un termine di inizio e di conclusione dei lavori edilizi e, dall’altro, di attivazione dell’esercizio commerciale, non potrebbe giustificare la eventuale mancata valutazione di rilevanti esigenze particolari sopravvenute nel corso della realizzazione dell’opera, delle quali, appunto, il sistema tiene conto attraverso la previsione degli istituti della variante edilizia e della proroga dei termini di validità ed efficacia dei titoli edilizi e commerciali.

7.3- Con il terzo motivo di censura la ricorrente ha dedotto che sarebbe, altresì, illegittima la proroga del termine di inizio dei lavori edilizi, ottenuta con il provvedimento dell’1.7.2008, in quanto, da un lato, presuppone l’attuale vigenza del termine e, dall’altro, in quanto la stessa, ai sensi dell’articolo 15 d.P.R. n. 380 del 2001, è subordinata all’esistenza di fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso il cui onere probatorio ricade sull’interessato, mentre, nel caso di specie, la E. si sarebbe limitata ad utilizzare, al riguardo, una mera formula di stile e lo stesso svolgimento dell’attività di cantiere, per cui l’interessata avrebbe richiesto ed ottenuto tre diverse varianti nel breve arco temporale di un anno e mezzo, escluderebbe la sopravvenienza di fatti nuovi ed imprevisti.

Il richiamato articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, rubricato " Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire.", dispone testualmente che " 1. Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata non può superare i tre anni dall’inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnicocostruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari….".

La proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica di provvedimento di secondo grado, perché modifica, solo parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall’atto originario (cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4498) e, nello specifico, in materia edilizia, la differente qualificazione tra provvedimenti di rinnovo della concessione edilizia e di proroga dei termini di ultimazione dei lavori è riscontrabile nel senso che mentre il rinnovo della concessione presuppone la sopravvenuta inefficacia dell’originario titolo concessorio e costituisce, a tutti gli effetti, una nuova concessione, la proroga è atto sfornito di propria autonomia che accede all’originaria concessione ed opera semplicemente uno spostamento in avanti del suo termine finale di efficacia (e, peraltro, la proroga può essere disposta con provvedimento motivato sulla scorta di una valutazione discrezionale che in termini tecnici si traduce nella verifica delle condizioni che la giustificano) (cfr. da ultimo, T.A.R. AbruzzoL’Aquila, sez. I, 2 luglio 2008, n. 863); in materia edilizia, le norme sulla proroga dei termini previsti per la realizzazione di interventi soggetti a permesso di costruire di cui all’articolo15 sono, peraltro, di stretta interpretazione, rappresentando le stesse una deroga alla disciplina generale dettata al fine di evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più.

Per quanto attiene ai termini di cui sopra – poiché il termine triennale di ultimazione dei lavori decorre per espresso disposto normativo dalla data di inizio dei lavori, si premette che, l’inizio dei lavori, ai sensi dell’articolo 15, comma 2, deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi; pertanto, i lavori debbono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici (e sarebbe illegittimo un provvedimento di decadenza ai sensi del comma 4 laddove non sia preceduto da una rigorosa istruttoria volta a comprovare in modo inequivoco che i lavori non siano effettivamente già iniziati al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione urbanistica) e che il senso della disposizione va ricostruito in conformità con i principi generali dell’ordinamento, con particolare riferimento a quelli di efficacia, pubblicità e trasparenza sanciti dalla legge n. 241 del 1990 e che, pertanto, in forza di tali principi, non pare discutibile che il termine per l’inizio dei lavori debba farsi decorrere non dalla semplice emanazione del permesso di costruire, bensì dalla materiale consegna dell’atto al destinatario, o comunque da un momento non anteriore a quello in cui l’interessato stesso sia stato posto in condizione di conoscere l’avvenuta emanazione del permesso (T.A.R. LiguriaGenova, sez. I, 17 febbraio 2011, n. 322; T.A.R. SiciliaPalermo, sez. II, 1 febbraio 2011, n. 181).

La scadenza del termine apposto all’autorizzazione edilizia per l’avvio (e l’ultimazione) dei lavori, riferendosi soltanto alle modalità cronologiche di esercizio di una facoltà del destinatario, non determina, automaticamente, la cessazione di effetti del provvedimento, ma costituisce soltanto il presupposto per l’accertamento eventuale della decadenza dall’autorizzazione edilizia; con la conseguenza che, ove la richiesta di proroga del termine sia proposta anteriormente alla scadenza del termine, legittimamente tale termine viene prorogato dalla pubblica amministrazione attraverso una motivazione "per relationem" al provvedimento originario, considerato che nei provvedimenti ampliativi della sfera giuridica di un soggetto determinato, qualora non emerga, con immediatezza, la presenza di soggetti controinteressati, non è necessaria una motivazione particolarmente ampia e complessa (Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4498).

La decadenza disciplinata dall’articolo 15 consegue all’inerzia dell’interessato; e, tuttavia, per l’appunto questa deve essere esclusa se venga rappresentata la sussistenza di fatti sopravvenuti che possono legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 15 e queste siano oggetto di valutazione e verifica in sede amministrativa.

La proroga del termine triennale di ultimazione dei lavori dalla data di rilascio della concessione edilizia può avvenire tuttavia solo in presenza di fatti estranei alla volontà del concessionario, che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione, l’onere della cui sussistenza incombe esclusivamente sul richiedente la proroga stessa.

I detti fatti sopravvenuti che possono legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi dell’articolo 15, comma 2, non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa qualora l’interessato proponga un’apposita domanda di proroga, il cui accoglimento è indefettibile affinché non sia pronunciata la decadenza del titolo edilizio (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4423) (e, al riguardo, si ritiene che la presentazione della domanda di variante in corso d’opera non può essere configurata di per sé come fatto estraneo alla volontà del titolare della concessione edilizia e, pertanto come causa di forza maggiore idonea a giustificare la proroga del termine di ultimazione dei lavori).

Peraltro, secondo un orientamento in materia, nel caso in cui l’amministrazione sia a conoscenza di eventi che hanno impedito al titolare della concessione edilizia di ultimare i lavori, la stessa non può adottare un provvedimento di decadenza della concessione, trovando applicazione, anche senza richiesta del concessionario, la proroga del termine per la ultimazione dei lavori per fatti estranei alla volontà del concessionario che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione (T.A.R. CalabriaReggio Calabria, sez. I, 20 aprile 2010, n. 420 e T.A.R. SiciliaPalermo, sez. III, 19 febbraio 2007, n. 560); senza necessariamente dovere giungere a condividere le predette conclusioni, tuttavia, può fondatamente ritenersi che, in presenza di una tempestiva istanza di proroga che non contenga la puntuale indicazione dei fatti sopravvenuti non imputabili sulla base dei quali sia stata formulata la richiesta, nel caso in cui l’amministrazione sia comunque a conoscenza piena ed effettiva dei detti fatti, legittimamente la stessa possa provvedere a concedere la richiesta proroga del termine di ultimazione dei lavori edilizi.

Nel caso di specie il comune ha riscontrato l’istanza di cui al prot. n. 37214 del 20.11.2002 della E. di contestuale rilascio dei titoli edilizio e commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita, provvedendo all’adozione della concessione edilizia di cui al n. 81 del 25.2.2005, cui sono seguite le numerose varianti di cui ai nn. 523 del 15.12.2005, 609 del 7.12.2006, 457 del 6.9.2007 e 273 dell’1.7.2008, per i motivi in precedenza indicati nella parte espositiva in punto di fatto.

La concessione n. 81 del 25.2.2005 prevedeva i termini di legge di inizio ed ultimazione dei lavori, conformemente al relativo disposto normativo rispettivamente in uno e tre anni.

La E. ha richiesto, con l’istanza di cui al prot. n. 47048 del 12.6.2008, di sollecito alle precedenti analoghe istanze del 10.4.2008 e 6.6.2008, il rilascio del permesso di costruire in variante "vista la vastità dell’intervento e la complessità realizzativa delle opere ed il coinvolgimento in fase autorizzativa di vari enti" nonché la proroga del termine di ultimazione dei lavori edilizi per 12 mesi fino al 3.11.2009 "in base all’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 6.6.2001", e, in riscontro, con il provvedimento di cui al prot. n. 52405 dell’1.7.2008, il comune, dato atto che "i lavori erano iniziati come da comunicazione di cui al prot. n. 74958 del 3.11.2005", e che, pertanto, la domanda era stata presentata prima della scadenza del termine, ha concesso la richiesta proroga, ritenendo plausibili le motivazioni addotte da parte della società.

Sebbene, pertanto, l’istanza di proroga della E. non contenesse la specifica e puntuale indicazione dei fatti sopravvenuti non imputabili alla stessa che avrebbero legittimato la concessione della proroga, tuttavia, non si ritiene che, esclusivamente per la predetta circostanza, possa fondatamente ritenersi che il provvedimento di proroga fosse illegittimo, atteso che deve ritenersi che l’amministrazione fosse a conoscenza in via diretta (e non potesse non esserlo alla luce dell’evidenza giornalistica data alla cosa nonché dell’esame da parte della stessa delle richieste di rilascio della variante del permesso di costruire dalla società per ovviare ai problemi di realizzazione del progetto cosi come in precedenza approvato) delle sopraggiunte difficoltà di ordine tecnico incontrate dalla società nella realizzazione tecnica dell’opera di cui trattasi a seguito dei noti eventi alluvionali dell’autunno del 2008 e dei conseguenti smottamenti nonché del rinvenimento della faglia sismica suborizzontale inattiva nel terreno di insistenza dell’opera in questione; peraltro non si ritiene che possa seriamente dubitarsi del fatto che trattasi di un’opera complessa di notevoli dimensioni e caratterizzata da particolari difficoltà realizzative (l’opera infatti consiste nella realizzazione di una grande struttura di vendita della superficie complessiva superiore ai 30.000 mq.) per la cui realizzazione sia necessaria la partecipazione di una pluralità di amministrazioni e tenuta in considerazione l’ulteriore circostanza che l’amministrazione comunale ha provveduto al rilascio nel tempo di più di una variante alla concessione edilizia, e, pertanto, deve pluralità.ritenersi che fosse pienamente a conoscenza delle difficoltà di diverso tipo comunque incontrate da parte della società in fase di realizzazione dell’opera.

In sostanza sia l’istanza di proroga del termine che il provvedimento di proroga dello stesso da parte dell’amministrazione devono essere correttamente contestualizzate nell’ambito del continuo confronto intercorso tra la società e l’amministrazione relativamente alla realizzazione dell’opera, in conseguenza del quale deve fondatamente ritenersi che il comune avesse piena contezza di tutti gli eventi che hanno impedito alla società di completare l’esecuzione dell’opera nell’originario termine di legge.

Per quanto attiene alla regolarità da un punto di vista temporale della richiesta di proroga del termine di cui trattasi, deve rilevarsi quanto segue.

Il comune, dato atto, nel provvedimento di concessione della richiesta proroga, che i lavori erano iniziati come da comunicazione di cui al prot. n. 74958 del 3.11.2005, e che, pertanto, la domanda era stata presentata prima della scadenza del termine; assunta come riferimento per l’inizio dei lavori l’indicata data del 3.11.2005, infatti, il triennio di cui al comma 1 dell’articolo 15 sarebbe venuto a scadenza soltanto in data 3.11.2008, mentre è attestato in atti che la suddetta proroga è stata richiesta, come più volte ricordato, da parte della E. sin dal 12.6.2008.

7.4- Con il quarto motivo di censura la ricorrente ha dedotto che la proroga del termine per l’inizio dell’attività commerciale del 6.10.2008 non sarebbe stata richiesta nei termini di legge e, comunque, sarebbe stata concessa in favore di un soggetto che, al momento, non era più titolare dell’autorizzazione stessa, in quanto l’autorizzazione commerciale di cui trattasi era stata trasferita alla IGD in data 11.9.2008.

Ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 30 della l.r. Lazio n. 33 del 1999, nel caso di cui al comma 6 dell’articolo 28, è consentita una sola proroga del termine per l’attivazione fino ad un massimo di un anno per ritardi non imputabili al soggetto autorizzato e la relativa richiesta, per le grandi strutture di vendita, deve contenere la motivazione del ritardo ed essere presentata al comune nel termine perentorio di 90 giorni precedenti la scadenza dell’autorizzazione.

Nel caso di specie, come in precedenza ricordato, la richiesta di proroga del suddetto termine fino al 3.11.2009 è stata tempestivamente avanzata da parte della E., legittimata a farlo in quanto al detto momento titolare formale dell’autorizzazione in questione, con l’atto di cui al prot. n. 58913 del 24.7.2008; in riscontro il comune ha, pertanto, provveduto alla concessione alla stessa E., in quanto formale richiedente, della detta proroga con l’atto di cui al prot. n. 76655 del 6.10.2008, indirizzato per conoscenza anche alla IGD, nel quale si è dato, altresì, atto che, nelle more della trattazione dell’istanza, era stata rilasciata da parte dello stesso comune l’autorizzazione n. 2168 dell’11.9.2008 ai fini del subentro della IGD nella posizione della E. relativamente all’autorizzazione commerciale n. 2156 del 27.12.2004 e con la formulazione della richiesta all’IGD di comunicazione della volontà di avvalersi della suddetta proroga; risulta comprovato in atti, poi, che l’IGD, con la nota di cui al prot. n. 84286 del 31.10.2008, vi ha dato sollecitamente riscontro, manifestando la propria volontà in tal senso.

Da quanto esposto consegue che l’operato dell’amministrazione è stato ispirato alla massima correttezza e che la censura non coglie affatto nel segno.

7.5- Con il quinto ed ultimo motivo di censura la ricorrente ha dedotto che, in conseguenza alla decadenza del titolo autorizzatorio, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto provvedere alla rinnovazione del relativo procedimento con una nuova ponderazione degli interessi coinvolti nella vicenda.

Al riguardo è sufficiente, ai fini della valutazione della infondatezza del motivo di censura, richiamare le deduzioni di cui in precedenza in ordine alla legittima concessione da parte dell’amministrazione comunale della proroga del termine per l’attivazione dell’esercizio commerciale con la conseguente esclusione della configurabilità della invocata decadenza; non vi era, pertanto, alcuna necessità della riedizione del potere amministrativo al riguardo che avrebbe necessitato di una nuova e completa istruttoria al riguardo.

7.6 – Con il primo motivo di censura del ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto che, poiché i lavori edilizi sarebbero iniziati in data 16.5.2005 – come da copia della comunicazione di inizio dei lavori di cui al prot. n. 28402 del 2.5.2005, e non invece nella diversa data indicata dalla controinteressata del 3.11.2005, alla quale gli stessi sarebbero soltanto stati ripresi, al momento della richiesta di proroga dell’efficacia della concessione edilizia il 12.6.2008, il termine era già scaduto (in data 16.5.2008) e, pertanto, non validamente prorogabile e, comunque, la richiesta di proroga non era stata adeguatamente motivata con riferimento ai fatti sopravvenuti ed estranei alla volontà dell’interessato.

Per quanto attiene il secondo profilo, non può se non richiamarsi quanto in precedenza dedotto al riguardo.

Per quanto attiene, invece, il primo profilo si rileva che, effettivamente, con la nota di cui al prot. n. 74958 del 3.11.2005 la E. ha dato comunicazione al comune della "ripresa dei lavori" relativi alle opere di urbanizzazione primaria e ai movimenti terra, in conseguenza della cessazione delle ragioni che avevano determinato la sospensione dei lavori di cui alla nota prot. n. 68822 del 12.10.2005.

Tuttavia deve, altresì, considerarsi che, dalla documentazione versata in atti, risulta che l’amministrazione comunale ha riscontrato la comunicazione della E. del 2.5.2005 con la nota di cui al prot. n. 28670 del 3.5.2005 con la quale ha diffidato la società a non eseguire il previsto intervento ai sensi dell’articolo 65 del d.P.R. n. 380 del 2001 per la mancata produzione della documentazione ivi indicata.

Dalla nota richiamata del 3.11.2005 risulta che i lavori sarebbero stati sospesi nel mese di ottobre 2005, ma non invece quale sia stata la data effettiva di asserito inizio degli stessi, e, visto che il termine triennale sarebbe venuto a scadenza a decorrere dal detto inizio, e che la proroga è stata richiesta in data 12.6.2008, ne consegue che non può fondatamente ritenersi che la ricorrente abbia ottemperato all’onere probatorio sulla stessa incombente ai fini della dichiarazione di decadenza della concessione edilizia di cui trattasi.

Peraltro, come in precedenza ricordato, l’inizio dei lavori, ai sensi dell’articolo 15, comma 2, da cui decorre il termine triennale per l’ultimazione degli stessi, pena la decadenza dal titolo concessorio, deve intendersi riferito, secondo una consolidata giurisprudenza nella materia, a concreti lavori edilizi; pertanto, i lavori debbono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, proprio per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici.

Nel caso di specie, invece, la comunicazione del 2.5.2005 ha riguardo esclusivamente alle opere di urbanizzazione primaria ed ai movimenti terra.

Con riferimento, pertanto, alla concessione edilizia n. 81 del 2005, relativa esclusivamente alla struttura commerciale in questione, risulterebbe comprovato che, al massimo, si tratterebbe di movimentazione terra, che, per giurisprudenza consolidata nella materia, non è sufficiente per poter ritenere che si sia dato inizio ai lavori edilizi ai fine di evitare l’inutile decorso sia del termine annuale che conseguente del termine triennale per la decadenza dal titolo edilizio, in quanto opere meramente preparatorie.

7.7- Con il secondo motivo di censura del ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto che le opere di urbanizzazione previste nella convenzione di lottizzazione nella quale è subentrata la controinteressata non sarebbero state realizzate nei termini previsti, ossia nel triennio successivo alla stipulazione della convenzione stessa avvenuto in data 24.2.2004, atteso che, nel mese di settembre 2007, risultavo non ancora realizzate alcune delle opere ivi previste e, comunque, per le predette opere non sarebbe mai stata richiesta la proroga del relativo termine.

Il permesso di costruire relativamente alle opere di urbanizzazione primarie e secondarie correlate alla struttura di cui trattasi è stato rilasciato con il n. 360 in data 15.9.2004 e, pertanto, il triennio di cui all’articolo 15 del d.P.R. n. 380 del 2001.decorre, ai sensi degli articoli 5 e 6 della convenzione, non dalla data della stipulazione della convenzione di lottizzazione, ossia dal 24.2.2004, bensì dalla predetta data del 15.9.2004.

L’inizio dei relativi lavori risulta essere stato effettuato, al massimo, come da comunicazione del 2.5.2005, in data 16.5.2005, come dalla successiva comunicazione di ripresa degli stessi di cui al prot. n. 070430 del 18.10.2005, con la conseguenza che il triennio sarebbe venuto in scadenza soltanto alla data del 16.5.2008; l’intervenuto accertamento della mancanza di alcune delle opere in data 6.9.2007 non ha, pertanto, alcuna rilevanza dirimente, ai fini della legittimità dell’operato dell’amministrazione, atteso che, al detto momento, mancavano ancora diversi mesi per la scadenza del termine di decadenza di legge; peraltro, sulla base del verbale di sopralluogo del direttore dei lavori e del R.U.P. e del verbale di collaudo delle opere del 4.9.2008, risulta che le opere di urbanizzazione sono state realizzate per le parti essenziali entro il termine del 9.5.2008.

Senza considerare che il documento cui fa riferimento la ricorrente consiste nella relazione tecnica allegata al permesso di costruire n. 457 del 6.9.2007, ove, tuttavia, alla pagina 3, è riportato che la richiesta interessa solo molto marginalmente le opere di urbanizzazione del comparto I del PDL Martellona.

Infine risulta comprovato in atti che, pertanto, gli obblighi convenzionali sono stati integralmente assolti da parte della E. nei termini dovuti

7.8- Con il terzo ed ultimo motivo di censura del ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto che, essendo stata richiesta la proroga dell’efficacia della concessione edilizia quando oramai era inutilmente decorso il termine originario, anche la richiesta di proroga del termine di attivazione dell’esercizio commerciale, in quanto collegata all’efficacia del titolo edilizio, sarebbe stata illegittimamente concessa da parte dell’amministrazione comunale.

Anche il predetto motivo di censura, che ripercorre i motivi di censura di cui al ricorso introduttivo, è infondato per le considerazioni al riguardo in precedenza esposte.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto siccome infondato nel merito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), estromette dal giudizio la Provincia di Roma per le considerazioni di cui in motivazione e, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’amministrazione resistente e delle società contro interessate in solido tra di loro, che si liquidano in complessivi euro 6000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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