Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-05-2012, n. 7072 Disoccupazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 6 ottobre 2010, D.P.M., operaio agricolo a tempo determinato, chiede la cassazione della sentenza n. 2457 pubblicata il 15 giugno 2010, con la quale la Corte d’appello di Bari ha respinto la sua domanda del 13 dicembre 2005, di ricalcolo della indennità di disoccupazione in relazione alle giornate di lavoro dell’anno 2001, erroneamente liquidata sulla base del salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995, non più incrementato negli anni successivi, anzichè alla stregua della retribuzione minima stabilita dalla più recente contrattazione collettiva integrativa della Provincia di Foggia, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4.

Il rigetto della domanda era stato motivato col rilievo della intervenuta decadenza annuale del diritto azionato, decorrente dalla data dell’originaria domanda amministrativa, da proporre ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 7, comma 4, convertito con modificazioni nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento del sussidio di disoccupazione.

In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto l’applicabilità, anche alla ipotesi relativa ad una domanda all’Ente previdenziale di riliquidazione della indennità di disoccupazione nel settore dei lavoro agricolo, del termine annuale di decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, come autenticamente interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito nella L. 1 giugno 1991, n. 166, quindi parzialmente modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, convertito nella L. 14 novembre 1992, n. 438 (prima della integrazione recentemente operata con il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 2, lett. d) e comma 4, convertito, con modificazioni, nella L. n. 111 del 2011) e, partendo dalla data della domanda amministrativa di prestazione, ha valutato come esaurito il procedimento amministrativo al massimo trecento giorni dopo (cfr. in proposito, Cass. S.U. n. 12718/09), data da cui sarebbe pertanto iniziato a decorrere il termine di decadenza di un anno, quindi ritenuto ampiamente scaduto alla data della proposizione della presente azione in giudizio. Con l’unico motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, del D.L. n. 103 del 1991, art. 6, convertito nella L. n. 166 del 1991 e del D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del 1992 nonchè il vizio di motivazione al riguardo (vizio quest’ultimo, peraltro irrilevante, riguardando l’interpretazione data alle norme di legge indicate: arg. art. 384 c.p.c., u.c.).

L’ente intimato ha depositato delega in calce al ricorso notificato.

2 – Il ricorso è fondato.

2.1 – Va premesso che l’originario testo del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, stabiliva quanto segue.

"Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 459 cod. proc. civ., e segg..

L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti pensionistici.

L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria".

Come è noto, i termini stabiliti dall’articolo di legge citato erano stati ritenuti dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. S.U. 21 giugno 1990 n. 6245) di decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire finalizzata unicamente a delimitare l’efficacia temporale della condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, rappresentata dall’attivazione e dall’esaurimento del procedimento amministrativo.

Con il successivo art. 6, D.L. 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modificazioni nella L. 1 giugno 1991, n. 166, ritenuto da Corte Cost., con la sent. n. 246 del 1992, di interpretazione autentica del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, venne poi stabilito:

"1 – I termini previsti dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, commi 2 e 3, sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale la decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale.

In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.

2 – Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto".

Con l’art. 4, D.L. 19 settembre 1992, n. 384, i commi 2 e 3 del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti dai seguenti:

"Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.

Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma".

L’u.c., art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni indicate "non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data".

Infine, recentemente, il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), convertito in L. n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: "Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito.

In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte", precisando al quarto comma che "Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto". 2.2 – Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la giurisprudenza consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte (da ultimo, sulla base di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 – che ribadisce le tesi della precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 n. 6491-, cfr., ad es., Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e 26 gennaio 2010 n. 1580) era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente novella del 2011, nel senso della inapplicabilità della decadenza alle domande di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall’ente previdenziale.

Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del 29 maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nell’ambito della sezione lavoro, avevano affermato che "La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale".

Recentemente, peraltro, la questione è stata nuovamente rimessa da un collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria depositata il 18 gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite di questa Corte, sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non apparirebbe giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle finalità della norma, la quale riguarderebbero viceversa ogni tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.

Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle sezioni unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste ultime, la citata novella di cui all’art. 38, comma 1, lett. d) del recente D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in L. n. 111 del 2011, è stata quindi disposta la restituzione degli atti alla sezione lavoro, sulla base della considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito di investire della questione le sezioni unite, alla luce della valutazione della eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.

2.3 – Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011.

L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore convincono in definitiva il collegio dell’inapplicabilità del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, prima delle integrazioni apportate del D.L. n. 98 del 2011, art. 38, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale.

Non essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al altro giudice che si atterrà ad essa, provvedendo altresì in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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