Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2011) 04-11-2011, n. 40014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Torino, con sentenza emessa il 20/10/010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino, in data 21/01/2010 – appellata da P.G., imputato, fra l’altro, dei reati di cui agli artt. 56 e 609 bis c.p.; art. 609 bis c.p., art. 527 c.p., come contestati in atti ai capi B), D), E), G) della rubrica e condannato alla pena di anni sei di reclusione – riduceva la pena ad anni quattro di reclusione, nei termini di cui alla sentenza medesima.

L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

In particolare il ricorrente esponeva:

1. che non ricorrevano gli elementi costitutivi dei reati di cui all’art. 609 bis c.p., artt. 56 e 600 bis c.p., come contestati al C.) della rubrica. La condotta ex art. 600 bis c.p., comma 2, tutt’al più, doveva ritenersi assorbita nel reato di cui all’art. 609 bis c.p. come contestato sempre al capo D) della rubrica;

2. che non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 527 c.p., come contestato al capo E); trattandosi di condotta non idonea ad offendere il comune sentimento del pudore;

3. che nella fattispecie andava esclusa l’operatività concreta della contestata recidiva, ex art. 69 c.p..

Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 22/09/2011, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso per il reato di cui all’art. 527 c.p..

Rigetto nel resto.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

P.G., all’esito del giudizio di 1^ e 2^ grado, veniva riconosciuto colpevole dei reati di cui all’art. 609 bis c.p., comma 1, e art. 56 c.p., art. 600 bis c.p., commi 2 e 3, art. 527 c.p., come contestati ai capi D), B), E), G) della rubrica con conseguente condanna alla pena di anni quattro di reclusione.

Tanto premesso sui termini essenziali della vicenda in esame, si rileva che la sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di primo grado (quanto alla ricostruzione dei fatti) ha congruamente motivato tutti i punti fondamentali della decisione.

In particolare, i giudici di merito, mediante un esame analitico e puntuale delle risultanze processuali, hanno accertato che P. G. – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – aveva posto in essere mediante violenza, condotte libidinose (costituite da palpeggiamenti dei glutei) in danno di Cu.

F. (nata il (OMISSIS), di anni (OMISSIS) all’epoca dei fatti);

tentando, altresì, con ulteriore condotta illecita, di indurre la predetta minore, mediante l’offerta di un compenso di Euro 50, a praticargli un coito orale.

Ancora, P.G. aveva posto in essere le condotte libidinose di cui sopra, nonchè altri comportamenti di esibizione del proprio pene e di masturbazione, in luogo pubblico vedi capi B), E), G) della rubrica. Ricorrevano, pertanto, gli elementi costitutivi dei reati di cui all’art. 609 bis c.p., art. 600 bis c.p., commi 2 e 3, art. 527 c.p., come ritenuto nella decisione di merito. Per contro le censure dedotte nel ricorso – quanto ai reati sub D) della rubrica (art. 609 bis e 56 c.p., e art. 600 bis c.p., commi 2 e 3) sono infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito.

Dette doglianze, peraltro – quantunque prospettate come violazione di legge e/o vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p..

(Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1 Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5, Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5, Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381). Quanto alle censure attinenti al reato di cui all’art. 527 c.p., come attribuito in relazione ai fatti di cui al capo D) ossia il capo E) della rubrica si rileva che le stesse sono state dedotte per la prima volta in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità delle medesime. Trattasi, comunque, di doglianze infondate nel merito perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito.

Vanno disattese, infine, le censure le censure relative alla contestata recidiva. I numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato, nonchè la gravità dei fatti in esame denotavano – come congruamente motivato dalla Corte Territoriale – una concreta ed attuale pericolosità sociale di P.G., ostativa sia alla esclusione della predetta recidiva, sia al giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, sulla recidiva medesima.

Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da P.G. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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