Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2011) 04-11-2011, n. 40012

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza in data 15.7.2010 il Giudice di Pace di Pontremoli assolveva N.R. dal reato di cui all’art. 726 c.p. ascritto per insussistenza del fatto.

Dopo aver ricordato che all’imputato risultava contestato di aver compiuto atti contrari alla pubblica decenza, consistiti nel l’orinare nei pressi della discoteca (OMISSIS) e quindi in luogo esposto al pubblico in modo percepibile da terzi, assumeva il S.d.P. che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che la condotta posta in essere dal prevenuto non era stata neppure percepita dai presenti, essendosi N. allontanato dall’ingresso della discoteca dove numerosi ragazzi erano intenti a fare la fila ed essendo la zona poco illuminata.

Aggiungeva il G.d.P. che l’atto andava valutato nella sua portata complessiva, essendo ben diversa la condotta di chi ostentatamente orina in pubblico in ore diurne, da quella mossa da una impellente necessità di soddisfare un bisogno fisiologico. Inoltre il N. riteneva, secondo la dichiarazione resa ai Carabinieri, che il gesto non fosse vietato.

2) Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento della prova, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 726 c.p..

A parte la evidente irrilevanza delle dichiarazioni;rese dal prevenuto ai Carabinieri, aver ritenuto che il gesto non fosse vietato, il G.d.P., facendo riferimento alla visibilità dei genitali, confonde il reato di cui all’art. 726 c.p. con quello di cui all’art. 527 c.p.. Peraltro, la norma di cui all’art. 726 c.p. non richiede che il gesto contrario alla pubblica decenza sia stato effettivamente percepito, essendo sufficiente che, per la condizione di luogo, esso possa essere percepito. Infine dell’assoluta impellenza del bisogno fisiologico e della impossibilità di farvi altrimenti (ed altrove) fronte non vi è alcun riferimento in concreto in sentenza.

3) Il ricorso è fondato.

3.1) Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, richiamata anche dal ricorrente, "sono atti contrari alla pubblica decenza tutti quelli che in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto o disapprovazione come l’orinare in luogo pubblico. Nè la norma dell’art. 726 c.p. esige che l’atto abbia effettivamente offeso in qualcuno la pubblica decenza e neppure che sia stato percepito da alcuno, quando si sia verificata la condizione di luogo, cioè la possibilità che qualcuno potesse percepire l’atto" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 5, 28.4.1986 n. 3254; Cass. sez. 3, 25.10.2005 n. 45284 e, più di recente, Cass. sez. 3 n. 15678 del 25.3.2010). Il reato in questione poi si differenzia da quello di cui all’art. 527 c.p. in quanto la distinzione tra gli atti osceni e gli atti contrari alla pubblica decenza va individuata nel fatto che i primi offendono, in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, mentre i secondi ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione" (Cass. pen. sez. 3 n. 2447 del 14.3.1985).

E’ quindi irrilevante, sotto tale aspetto, che i genitali, nella condotta di orinare in luogo pubblico o esposto al pubblico, siano visibili oppure no.

3.1.1) Il G. di F. da atto, nel riportare la testimonianza del teste B., che davanti alla discoteca "erano presenti altri ragazzi che attendevano per l’entrata..", "i genitali erano visibili. La zona era in penombra…il N. era di schiena verso la discoteca però di profilo verso la fila dei ragazzi. Il gazebo era a c.a 3 metri dalla posizione dove si trovava il N., i ragazzi non si sono lamentati con noi e si sono accorti del fatto solo per la nostra presenza".

Nel pervenire all’assoluzione dell’imputato il G.d.P. non spiega perchè tali risultanze processuali non consentano di ritenere che la condotta posta in essere fosse percepibile dai presenti. Oppure, evidentemente, ritiene, in contrasto con la pacifica giurisprudenza sopra riportata, che per la configurabilità del reato sia necessaria l’effettiva percezione o che l’atto abbia offeso in qualcuno la pubblica decenza.

Nè fa riferimento ad elementi concreti da cui desumere che il bisogno fisiologico fosse impellente e non potesse essere soddisfatto in luogo tale da non essere percepibile a terzi.

La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio, per nuovo esame, allo stesso S.d.P..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al G.d.P. di Pontremoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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