Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-07-2011) 04-11-2011, n. 39784 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 22.11.2010 il Tribunale di Catania, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa confronti di N.P. dal Gip del tribunale di Ragusa in relazione al reato di tentato omicidio commesso in danno di G.T., attinto da un colpo di arma da fuoco all’addome nel pressi della propria abitazione dopo avere parcheggiato l’auto, la notte del (OMISSIS).

Preliminarmente il tribunale evidenziava che la vittima rimaneva gravemente ferita e, a seguito di un intervento chirurgico subiva l’asportazione del rene con prognosi riservata per trenta giorni.

Il compendio indiziario a carico del N. – stante la reticenza dalla vittima e la contraddittorietà delle dichiarazioni rese dai testimoni oculari (la sorella e la figlia della vittima) – veniva fondato sugli elementi tratti dalle conversazioni intercettate, valutati alla luce dei rapporti conflittuali esistenti tra i predetti, atteso che il N. conviveva con B.C., ex moglie del G. ed era in corso la causa per la separazione e l’affidamento dei figli.

Quanto alle esigenze cautelari, il tribunale sottolineava: la gravità del fatto, la personalità dell’indagato, gravato da precedenti condanne per fatti risalenti nel tempo, al quale, peraltro, era stata applicata la misura di prevenzione e che anche in epoca più recente (2002 – 2008) si era reso responsabile di numerosi reati (rapine e furti).

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, l’indagato.

Con il primo motivo deduce la violazione di legge in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza tratti esclusivamente da quanto riferito dalla vittima nelle conversazioni intercettate che il tribunale ha ritenuto in sè genuine, senza valutarne la interna contraddittorietà e, in qualche caso falsità e senza verificarne i riscontri che certamente non possono essere costituiti da quanto riferito dai due testimoni che, peraltro, non sono affatto estranei trattandosi dell’amico e della fidanzata della vittima.

Con il secondo e terzo motivo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza della esigenze cautelari ed alla valutazione, del tutto omessa, in ordine alla inadeguatezza di una misura cautelare meno afflittiva di quella applicata.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto deve essere dichiarato inammissibile.

Le dedotte violazioni si sostanziano nella mera riproposizione delle doglianze poste a fondamento del riesame sulle quali il tribunale ha compiuto una valutazione approfondita in cui ha preso ampiamente in considerazione le argomentazioni difensive alle quali ha risposto con un percorso argomentativo esente dai vizi denunciati.

Nell’ordinanza impugnata gli elementi tratti dalle conversazioni intercettate sono stati valutati alla luce dei rapporti conflittuali oggettivamente esistenti tra il ricorrente e la vittima, sottolineando, altresì, come tale situazione di conflittualità trovasse conferma in quanto riferito da un collega di lavoro della vittima, nonchè, dalla donna con la quale il G. aveva una relazione sentimentale che aveva riferito di avere appreso delle minacce di morte ricevute dal G. da parte della ex moglie e del convivente di questa per avere chiesto l’affidamento dei figli.

Particolarmente rilevante è stata ritenuta la conversazione captata il 4.10.2010 nella quale il G. che parla con il figlio S. è esplicito nell’indicare il N. come l’autore dell’attentato.

Il tribunale, quindi, ha rilevato che quanto emerso dalle conversazioni contraddiceva l’argomento difensivo secondo il quale il G., soggetto pregiudicato, sospettando di essere sottoposto ad intercettazione, avrebbe fatto affermazioni non corrispondenti al vero allo scopo di indirizzare le indagini verso il N.. Ha, infatti, evidenziato che la vittima appare evidentemente sincera quando parla con la figlia minore di solo sette anni, quando fa riferimento all’autovettura Renault Megane intestata alla ex moglie ed utilizzata dal N. per l’attentato.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen.. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

Per quel che riguarda la valutazione delle esigenze cautelari, come è noto, il giudizio prognostico relativo al pericolo di recidiva deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto, indicative dell’inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie, alla personalità dell’indagato, da valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziaria all’ambiente in cui il delitto è maturato, nonchè alla vita anteatta dell’indagato, come pure di ogni altro elemento compreso fra quelli enunciati nell’art. 133 cod. pen.. A detti elementi, all’evidenza, il giudice può fare riferimento congiuntamente o alternativamente.

Deve essere, altresì, ricordato che l’insussistenza delle esigenze cautelari è censurabile in sede di legittimità soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795, 06/02/1996, rv. 204014).

Orbene, la motivazione della ordinanza impugnata sullo specifico punto contestato dal ricorrente si sottrae alle censure che le sono state mosse perchè ha ampiamente esplicitato, con argomenti logici e coerenti, le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere sussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura, nonchè, l’adeguatezza della misura della custodia in carcere in considerazione della gravità del fatto, delle pregresse condotte dell’indagato, gravato da precedenti condanne, al quale era stata applicata la misura di prevenzione e che anche in epoca più recente si era reso responsabile di reati quali rapine e furti.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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