Cons. Stato Sez. III, Sent., 07-12-2011, n. 6450

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1- I signori I. A., imprenditore, titolare della ditta individuale ricorrente, e il figlio D. B., institore, hanno impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, l’interdittiva antimafia della prefettura di Reggio Calabria n. 465879 del 15 luglio 2008, la deliberazione della Commissione straordinaria n. 76 del 28 luglio 2008 (recante indirizzo alla risoluzione del contratto di appalto per l’adeguamento ed il rifacimento della rete idrica del capoluogo), la comunicazione del responsabile del responsabile unico del procedimento del Comune di Platì notificata il 31 luglio 2008 (recante avvio della soluzione del contratto), la sospensione interinale dei lavori comunicata dal R.U.P. con telegramma del 2° agosto 2008 e il diniego di accesso opposto dalla Prefettura agli atti istruttori dell’informativa interdittiva, con richiesta di risarcimento.

1.2. Il T.A.R. – Sezione staccata di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, previa acquisizione in via istruttoria della nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria n. 191079 del 20 maggio 2008, ha in parte dichiarato la cessazione della materia del contendere per quanto concerne il diniego di accesso agli atti istruttori dell’interdittiva in quanto quegli atti sono stati depositati in giudizio; in parte ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello avverso gli atti comunali dianzi indicati a seguito della mancata impugnativa della determinazione dirigenziale n. 194/2008 di risoluzione del contratto, atto conclusivo del procedimento e lesivo in concreto della sfera giuridica dei ricorrenti; in parte ha rigettato il ricorso, ritenendo motivata anche per relationem l’informativa prefettizia che, sia pure succintamente, ha chiaramente individuato il quadro relazionale e l’esistenza di plurime e reiterate frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata. Ha altresì rigettatola domanda risarcitoria.

2.Con atto notificato il 13 aprile 2011 e depositato il 10 maggio 2011, i signori Brizzi hanno interposto appello avverso detta sentenza, deducendo censure sostanzialmente già proposte in primo grado. In particolare gli appellanti contestano vari errores in iudicando a carico dei giudici di primo grado che hanno ritenuto sufficiente la motivazione dell’informativa prefettizia integrata successivamente "per relationem" con il rapporto dei Carabinieri; hanno erroneamente interpretato il richiamato "quadro" delle relazioni con soggetti della criminalità organizzata sulla base dei presupposti insussistenti e cioè di incontri e controlli casuali, occasionali e irrilevanti. Soggiungono l’illegittimità derivata dei provvedimenti comunali e l’errore dei primi giudici che li hanno ritenuti atti dovuti e "automatici" mentre lo stato avanzato dei lavori richiedeva una specifica valutazione e motivazione della risoluzione del contratto, e non, come sostenuto dal T.A.R., solo per il suo prosieguo. Viene ribadita anche l’incompetenza del dirigente comunale all’adozione della determinazione n. 199/2008, e vengono dedotte "perplessità" sulla dichiarata legittimità dell’ordine di sospensione dei lavori. Quindi, viene riproposta l’istanza risarcitoria e la richiesta di C.T.U. per la quantificazione dei danni. Infine si censura il capo relativo alla condanna alle spese a favore del Comune, per illogicità rispetto alla disposizione contenuta invece in altro analogo giudizio (R.G. 1164/2008) anch’esso all’esame della Sezione in data odierna, che aveva invece compensato le spese.

3.Con memoria datata 29 settembre 2011, il Comune di Platì si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello ed eccependo preliminarmente l’irricevibilità dell’appello, in quanto, notificato al Comune il 15 aprile 2011, è stato depositato il 10 maggio 2011, e cioè oltre il termine previsto dei 15 giorni prescritti, e dimidiati, in caso di appalti, nonché l’inammissibilità dello stesso avverso gli atti comunali in quanto non è stato appellato il capo della sentenza che ha accolto l’eccezione di inammissibilità proposta dal comune per la mancata impugnativa della determinazione dirigenziale n. 194/2008 recante la risoluzione del contratto. Con successiva memoria del 3 ottobre 2011, il Comune, nel ribadire detta eccezione, sostiene l’infondatezza dell’appello nel merito a sostegno della sentenza del T.A.R..

4. La causa, presenti i legali dei ricorrenti e del Comune e assente l’Avvocatura dello Stato non costituitasi, all’udienza pubblica del 21 ottobre 2012, è stata trattenuta in decisione.

5. Ciò premesso in fatto, il ricorso è infondato.

La Sezione ritiene in ogni caso di sottolineare come il contenuto dell’appello in questione sia quasi identico all’altro appello, oggi all’esame del Collegio, tranne che per l’impugnativa rivolta avverso il capo della condanna alle spese, con argomentazioni che talvolta non si riferiscono alla sentenza impugnata. Come eccepisce il Comune, i ricorrenti non impugnano la parziale inammissibilità del ricorso in primo grado, dichiarata dal provvedimento comunale n. 194/2008, che peraltro non è mai citato esplicitamente riferendosi le doglianze alla comunicazione in data 31 luglio 2008. Così come le censure dedotte avverso l’ordine di sospensione dei lavori riportano affermazioni non contenute nella sentenza impugnata. L’infondatezza dell’appello peraltro fa consente di prescindere dalla valutazione delle eccezioni comunali.

6.1. La materia del contendere attiene invero alla verifica della legittimità o meno dell’informativa prefettizia interdittiva, anche in quanto atto presupposto delle conseguenti determinazioni comunali. L’interdittiva in controversia, datata 15 luglio 2008, è la stessa di altro giudizio definito in data odierna ed iscritto al R.G. n. 3768/2011, e la Sezione, a supporto della legittimità di quell’informativa, ritiene di doversi conformare a quella sentenza di rigetto richiamandone integralmente la motivazione.

6.2. In sintesi, la materia è disciplinata dagli articoli 4 del D.lgs. n. 490/1994 e 10, 11 e 12 del D.P.R. n. 252/1998, secondo cui fra l’altro, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazioni mafiose si desumono anche dagli accertamenti disposti dal Prefetto anche avvalendosi dei poteri di investigazione che la legge attribuisce al Prefetto per esprimere le proprie valutazioni sulla base di un quadro indiziario nel quale assumono valore preponderante fatti e circostanze di varia natura, da prendere in considerazione non isolatamente, ma nella globalità.

La materia è stata quindi oggetto di più pronunciamenti giurisprudenziali, e la Sezione intende uniformarsi agli orientamenti ormai consolidati e ribaditi da ultimo anche con proprie sentenze (cfr. n. 2352 del 18 marzo 2011, n. 3281 del 13 maggio 2011, n. 40360 del 10 giugno 2011, n. 5014 del 24 giugno 2011 e n. 5019 e 5021 del 15 luglio 2011 e n. 5819 del 6 settembre 2011) e esposti puntualmente anche in sede di T.A.R..

7.1. Ciò premesso in generale, l’informativa prefettizia n. 334439/P.L. AGG del 25 luglio 2008, oggetto di specifica contestazione, è da ritenere senz’altro giustificata sulla base degli elementi indiziari richiamati nel provvedimento del Prefetto, e che nessuno dei rilievi anzidetti riveste consistenza tale da incidere sulla legittimità della informativa prefettizia, in effetti succinta ma supportata, per relationem, dagli elementi, puntuali e concreti contenuti nello specifico rapporto dell’Arma dei Carabinieri del 10 maggio 2008, che riferisce circa precedenti pendenze e pendenze penali di I. A. Brizzi e soprattutto le continue e sistematiche frequentazioni di soggetti pregiudicati e/o ritenuti associati a organizzazioni criminali (indicati nominativamente; evidenzia altresì le relazioni commerciali intrattenute con ditte destinatarie di interdittive antimafia, come la P. Costruzioni di B. A. – fornitrice della ditta Brizzi, che ha inoltrato ricorso presso il T.A.R., respinto, e poi appello, rigettato dalla VI Sezione di questo Consiglio con sentenza n. 5879 del 18 agosto 2010 – oppure la EDL SUD s.a.s. di Romeo A..

Lo stesso T.A.R. si è dilungato sul contenuto dell’informativa impugnata, dalla quale si evince chiaramente il nucleo essenziale delle ragioni che ne hanno determinato l’adozione, soddisfacendo così l’onere di sufficienza motivazionale, potendosi per il dettaglio richiamare, per relationem, come riconosciuto dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Sezione VI n. 4724 dell’11 settembre 2001), gli atti e gli elementi istruttori così completando la motivazione.

D’altronde i ricorrenti ammettono i rapporti di interesse commerciale con talune ditte e incontri con soggetti controindicati sia pure definiti "occasionali".

Per di più le dedotte circostanze, invero generiche e non supportate da dati probatori, per le considerazioni che precedono, non hanno di per sé e in prospettiva una valenza particolarmente incisiva né demolitoria del quadro di condizionamento delineato dalla prefettura

anche in proiezione nel tempo, tanto che l’informativa prefettizia non ha preteso di collocare la vicenda in un mero ambito di criminalità camorristica, bensì riportare alla attenzione i rapporti e i condizionamenti fra i vari soggetti, società e persone, coinvolti nel richiamato significativo " quadro relazionale".

Può soggiungersi che la VI Sezione di questo Consiglio, con ordinanza n. 510 del 27 gennaio 2009, depositata il 29 gennaio 2009 aveva respinto l’appello cautelare (R.G. 98/2009) relativo all’altro appello richiamandosi proprio alla giurisprudenza consolidata in materia che richiede non la certezza ma "la qualificata probabilità del parametro valutativo in ordine al comportamento dei soggetti osservati".

7.2. L’appello è diretto anche avverso i provvedimenti adottati dal Comune di Platì indicati in premessa, e la Sezione intende al riguardo conformarsi anche alle puntuali ed estese argomentazioni già svolte dai giudici di prime cure.

In proposito, a prescindere dalla inammissibilità parziale del ricorso di primo grado dichiarata dal T.A.R., in effetti la riconosciuta legittimità dell’informativa prefettizia fa venir meno la dedotta illegittimità derivata di quegli atti comunali che in quella informativa hanno tratto il presupposto, ad iniziare dalla deliberazione 76/2008.

La Sezione comunque intende anche nel caso di specie ribadire l’orientamento del Consiglio secondo cui l’efficacia interdittiva proviene direttamente dalla valutazione del Prefetto, per cui alla stazione appaltante non sono riconosciuti né il potere discrezionale né l’onere di verificare la portata e i presupposti dell’informativa, posto che i citati provvedimenti derivano direttamente dall’atto prefettizio e sono vincolati al giudizio circa il pericolo di infiltrazione maturato dal Prefetto.

Sovvengono al riguardo gli articolo 10 del D.P.R. n. 252/1998 e 4, comma 6, del D.Lgs. n. 490/1994, né può invocarsi il richiamato articolo 11 del D.P.R. n. 258/1998, che attribuisce alla stazione appaltante una facoltà discrezionale da motivare però solo in caso di prosecuzione di appalto nonostante l’interdittiva antimafia, come sottolineato anche dal T.A.R.

Va rammentato che, con D.P.R. 7 luglio 2006 il Consiglio comunale di Platì era stato sciolto per la durata di 18 mesi (poi prorogato di altri 6 mesi), con affidamento della gestione ad una Commissione straordinaria incaricata di esercitare, fino all’insediamento degli organi ordinari, le attribuzioni del consiglio comunale, della giunta e del sindaco, "nonché ogni altro potere e incarico connesso alle medesime cariche", proprio nella considerazione che nel comune medesimo "sussistono forme di ingerenza della criminalità organizzata", come rilevato dai competenti organi investigativi e riferito anche nella apposita relazione del Ministero dell’Interno.

Valutata la situazione locale, la Commissione straordinaria, con i suddetti poteri extra ordinem, ha dettato con delibera n. 13 del 30 novembre 2006 i criteri e le modalità da seguire nei procedimenti relativi all’esecuzione di opere pubbliche e alle forniture di beni e servizi, privilegiando la massima legalità contro o più forme di condizionamento illecito e precisando che sarebbero state escluse dalle gare le ditte oggetto di segnalazione ex articolo 1 septies del D.l. n. 619/1982 e successive modificazioni, nonché le ditte che, sulla base di notizie acquisite tramite i competenti organi giudiziari e di polizia, fossero "ritenute direttamente o indirettamente legate a organizzazioni delinquenziali".

Potendo quindi disporsi d’autorità anche la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso (art. 145, comma 4, del T.U. n. 267/2000), e, come interpretata dalla giurisprudenza, tale norma consente anche in via diretta la revoca di un’aggiudicazione già disposta (Cons. di Stato, V, n. 7335 del 2005) e la richiamata VI, n. 5879 del 18 agosto 2010).

Peraltro, la deliberazione n. 76 del 28 luglio 2008, in contestazione, atto di indirizzo e quindi programmatico, fa esplicito riferimento alla predetta deliberazione della Commissione straordinaria, che non risulta impugnata.

Ne consegue che non ha ragione d’essere, per la accertata legittimità della citata deliberazione n. 76/2008, la dedotta invalidità derivata nei riguardi della determinazione dirigenziale di avvio di rescissione del contratto.

In effetti, tale comunicazione aveva natura chiaramente endoprocedimentale circa l’intendimento dell’Amministrazione di procedere alla risoluzione del contratto e non era quindi impugnabile. È seguita poi la determinazione dirigenziale n. 194/2008, che non è stata impugnata ma solo surrettiziamente invocata. Per cui, a ben ragione, il T.A.R. ha dichiarato la parziale inammissibilità del ricorso.

Si soggiunge per completezza che la deliberazione commissariale n. 76 demandava, fra l’altro al dirigente l’adozione del provvedimento conclusivo della procedura, anch’esso atto dovuto una volta avuta l’informazione interdittiva.

7.3. Non ha pregio poi la lamentata incompetenza del dirigente, asserita per inciso e non motivata, che nella specie si identifica con il Responsabile dell’Area tecnicomanutentiva, e cioè con l’organo come evidenziato dai giudici di primo grado, "pacificamente competente a tal fine" (cfr. peraltro, articolo 107 T.U. dell’ordinamento degli enti locali – D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267).

7.4. Si appalesano, infine, irrilevanti le "perplessità" circa la legittimità dell’ordine di sospensione dei lavori, sia per le suestese considerazioni, sia perché come definito dal T.A.R., atto esecutivo di natura strumentale, urgente e cautelare.

7.5. La Sezione infine non ritiene meritevole di accoglimento la censura di illogicità relativa al capo della sentenza che ha disposto la condanna alle spese nei confronti del Comune, intendendo conformarsi al pacifico orientamento di questo Consiglio (cfr., da ultimo, Sezione VI, n. 892, 14 dicembre 2010, depositata il 9 febbraio 2011).

L’articolo 26 del codice del processo amministrativo stabilisce, al comma 1, la regola secondo cui, " quando emette una decisione, il giudice provvede anche alle spese del giudizio, secondo gli articoli 91,92,93,94,95,96 e 97 del codice di procedura civile", quindi confermando il principio secondo cui la pronuncia sulle spese del giudizio è soggetta alla stessa disciplina prevista per il processo civile, e, in linea generale, in base all’articolo 91 dello stesso codice, le spese seguono la soccombenza.

Tuttavia, in forza dell’articolo 92, comma secondo, del codice, nel testo originario ?? Se vi è soccombenza reciproca e concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. ??

Successivamente, la legge 28 dicembre 2005 n. 263 ha modificato la disposizione prevedendo che " Se vi è soccombenza reciproca e concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti."

Infine, il testo attualmente vigente, derivante dalle ulteriori modifiche disposte dalla legge n. 69/2009, stabilisce che " Se vi è soccombenza reciproca e concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti."

Vi è quindi una palese tendenza del legislatore a rendere sempre più stringente la deroga alla regola secondo cui le spese seguono la soccombenza, ma, nella presente vicenda, peraltro, trova applicazione il testo normativo intermedio, introdotto dalla legge 263/2005, poiché il giudizio di primo grado è stato proposto all’inizio del 2009, e la disciplina prevista dalla legge n. 69/2009 è applicabile solo ai procedimenti proposti dopo la data della sua entrata in vigore (4 luglio 2009), in virtù della norma transitoria di cui all’articolo 55.

In tale quadro di riferimento, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che il T.A.R. ha amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare, totalmente o parzialmente alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o di disporre statuizioni abnormi (cfr., fra le altre, citato Cons. Stato, VI, n. 892/2011), e la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile neppure per difetto di motivazione.

Quanto detto vale sia in riferimento alle sentenze di merito che a quelle meramente processuali nelle quali, infatti, pur sussiste una soccombenza virtuale nei confronti del soggetto che ha agito con un atto poi dichiarato inammissibile o improcedibile (Cons. di Stato, Sez. VI, 24 novembre 2010 n. 8224).

Nel caso di specie tale discrezionalità è stata esercitata in modo corretto né emergono circostanze di fatto, di segno contrario, meritevoli di particolare considerazione.

In effetti nella fattispecie ricorrono anche elementi che la differenziano rispetto all’analogo caso richiamato, quali la diversità dell’appalto, la diversa fase di avanzamento dei lavori (citata nella sentenza T.A.R. n. 54/2011), l’articolazione della sentenza impugnata in improcedibilità, inammissibilità e infondatezza.

8. L’appello è, per le considerazioni che precedono, infondato e va respinto, confermando così la sentenza del T.A.R. impugnata.

9. Alla reiezione dell’appello consegue il rigetto dell’istanza risarcitoria dei danni peraltro non documentati né provati.

10. La Sezione, in considerazione della complessità della fattispecie, ritiene di disporre la compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione.

Respinge l’istanza risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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