Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-05-2012, n. 7181 Immissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 30/1/1995 Z.V. conveniva in giudizio D.G.A. e D.M.R. e, premesso di essere proprietario di un immobile destinato ad abitazione confinante con un immobile di proprietà dei convenuti, chiedeva all’allora Pretore che ai convenuti fosse ordinato di interrompere le immissioni sonore intollerabili provocate da un’autoclave installata nella loro abitazione.

I convenuti si costituivano e contestavano che l’autoclave provocasse rumori intollerabili. La causa proseguiva davanti al Giudice di Pace che, espletata l’istruttoria e acquisita CTU sulle lamentate immissioni, con sentenza del 15/9/2000 accertava che le immissioni superavano, nelle ore notturne, gli indici di normale tollerabilità, ne ordinava l’immediata interruzione e disponeva l’esecuzione degli interventi correttivi indicati nella relazione del CTU M.R..

I convenuti proponevano appello affidato a tre motivi, al quale resisteva l’attore; nel giudizio di appello era disposta ed espletata una nuova CTU per l’accertamento delle immissioni in ora notturna.

Il Tribunale di Velletri, decidendo quale giudice di appello, con sentenza del 10/11/2005 rigettava l’appello rilevando:

che il primo motivo di appello, nel quale si censurava il rilevamento del CTU in ora diurna (dalle 17,15 alle 19,05) e non in ora notturna e comunque in un periodo di tempo troppo limitato e in violazione del D.P.C.M. 1 marzo 1991, era infondato perchè nei rapporti tra privati, per il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni assume rilevo esclusivamente l’art. 844 c.c.; la circostanza che l’accertamento delle immissioni sonore era stato effettuato in ore diurne piuttosto che notturne non rilevava ai fini del giudizio in quanto, stante l’identità della fonte sonora e delle modalità di funzionamento dell’impianto il differenziale di rumore nelle ore notturne doveva ritenersi addirittura maggiore a causa della minore incidenza dei rumori di fondo; la durata della verifica doveva ritenersi congrua;

che il secondo motivo, nel quale si censurava la mancata considerazione della tipologia dell’impianto (silenziato) e dell’intervento di isolamento acustico e di messa a punto dell’impianto, era privo di rilevanza perchè il CTU aveva espletato gli accertamenti, sull’impianto definito silenziato, dopo gli interventi e aveva comunque accertato il superamento del limite;

– che era infondato anche il terzo motivo, relativo alla mancata ammissione delle prove orali, trattandosi di prove irrilevanti e generiche;

– che la nuova CTU disposta in appello (che comunque aveva confermato le risultanze della prima) era addirittura superflua, essendo sufficienti gli accertamenti di quella di primo grado.

D.G.A. e D.M.R. propongono ricorso affidato a tre motivi e depositano memoria. Resiste con controricorso Z.V. che ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano (testualmente) la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anche in relazione anche alla L. n. 447 del 1995, artt. 6-7, perchè, a loro dire, non è stata adeguatamente considerata, l’istanza di rinnovo e/o supplemento di CTU diretta all’accertamento dell’immissione sonora con gli sportelli e controsoffittatura chiusi; si assume che gli sportelli e la controsoffittatura avevano una funzione di insonorizzazione e che non era condivisibile la tesi del CTU per la quale gli sportelli avrebbero dovuto essere tenuti aperti per scongiurare pericoli di surriscaldamento.

1.1 La consulenza tecnica non è un mezzo di prova, bensì (come riconoscono gli stessi ricorrenti) un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli accertamenti già compiuti e valutare l’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire a chiarimenti il consulente, nonchè di procedere alla rinnovazione delle indagini con la nomina di altri consulenti;

l’esercizio di tale potere (così come il suo mancato esercizio) non può essere sindacato in sede di legittimità sotto il profilo del difetto di motivazione, salvo che l’esigenza di procedere ad una nuova consulenza (o di chiamare il consulente a chiarimenti o, ancora, di effettuare accertamenti suppletivi o integrativi) sia stata segnalata dalle parti e il giudice non ritenga di accogliere la relativa istanza (vedi Cass. nn. 17906 del 2003, n. 5777 del 1998, 8611 del 1995, 10972 del 1994).

Nel caso di specie i ricorrenti non hanno contestato il risultato delle rilevazioni del CTU, ma le modalità di rilevazione (a loro dire effettuata con sportelli aperti mentre doveva essere effettuata con sportelli chiusi e senza rimuovere la controsoffittatura esistente) da parte del CTU nominato in appello per il rinnovo della CTU e, quindi, hanno chiesto un ulteriore rinnovo.

Tuttavia, il giudice di appello ha motivato su questa ulteriore istanza avendo ritenuto superflua la stessa CTU oggetto della richiesta di rinnovo e sufficienti, per la decisione, i risultati della prima, spiegando anche, a pagina 5 della sentenza, che il CTU del primo grado aveva dato atto dell’esistenza di pannelli isolanti e di un materassino di lana di vetro amovibile sulla pompa elettrica, (a seguito di intervento di ditta specializzata, effettuato nel 1994), ma che questi interventi non avevano risolto la problematica denunciata dall’attore.

Pertanto il motivo è infondato.

Il riferimento alla L. n. 447 del 1995, artt. 6 e 7, contenuto nel motivo di ricorso è totalmente privo di rilevanza in quanto non sono illustrate le ragioni per le quali questi articoli, che riguardano rispettivamente le competenze dei comuni in materia di inquinamento acustico e i piani di risanamento acustico potrebbero avere una qualche influenza sul dedotto vizio di motivazione.

2. Con il secondo motivo ricorrenti deducono la "violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5" in relazione alla L. n. 447 del 1995, art. 2, commi 6 e 7, ed alla mancata zonizzazione del territorio comunale da parte del Comune di Castel Gandolfo; il giudice di appello non avrebbe preso in considerazione quanto eccepito dal CTP e riportato nella conclusionale di appello; nel motivo segue la trascrizione delle osservazioni del CTP alla CTU disposta in appello; il motivo si conclude con la seguente affermazione "In conseguenza di quanto eccepito dal predetto CTP, fatta propria nelle ns. conclusioni e dedotta in udienza, il GU avrebbe dovuto provvedere a far rifare la consulenza da altro CTU qualificato".

Nella CTP si era sostenuto che il CTU nominato in appello e il tecnico che aveva sottoscritto una relazione allegata alla CTU non avevano dichiarato di essere autorizzati allo svolgimento di attività di tecnico competente nel campo dell’acustica da parte dell’assessorato regionale in materia ambientale e si erano sollevate varie censure sulla CTU espletata in grado di appello e che, inoltre, il CTU in appello in ordine ai limiti di emissioni sonore aveva fatto riferimento al D.P.C.M. 14 novembre 1997, che, invece, non era applicabile, essendo invece applicabili i limiti di accettabilità, meno restrittivi, stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991. 2.1 Il motivo è inammissibile in quanto privo di rilevanza rispetto alla motivazione sulla quale è fondata la decisione di appello: il giudice di appello, come già detto, ha ritenuto superflua la CTU espletata in secondo grado e ha condiviso gli esiti della CTU del primo grado (che aveva applicato i criteri del D.P.C.M. del 1991).

Occorre inoltre rilevare che, come correttamente affermato dal giudice di appello, l’eventuale contrasto con i criteri di rilevazione fissati dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, non rilevava perchè nei rapporti tra privati assume rilievo esclusivamente l’art. 844 c.c.; infatti, alla materia delle immissioni sonore atte a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad abitazione non è applicabile la normativa pubblicistica che disciplina, in via generale ed assoluta, e nei rapporti c.d. verticali tra privati e la pubblica amministrazione, i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete; nei rapporti tra singoli privati la disciplina delle immissioni moleste in alienum va rinvenuta nell’art. 844 c.c., così che, quand1anche, in ipotesi, dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio sulla loro tollerabilità deve farsi, con riferimento di volta in volta all’art. 844 c.c., secondo il prudente apprezzamento del giudice che tenga conto delle particolarità della situazione concreta (v., ex plurimis, Cass. 27/1/2003 n. 1151; Cass. n. 5368/99; n. 1565/2000; n. 915/99; SS.UU. n. 4156/57 e, da ultimo, Cass. 1/2/2011 n. 2319 ord.).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono "violazione e falsa applicazione di norme di diritto" e "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione"; al riguardo contestano la CTU disposta in grado di appello sotto vari profili (tra l’altro, le modalità di rilevazione, l’applicazione del D.P.C.M. 14 novembre 1997, invece che del D.P.C.M. 1 marzo 1991, il giudizio circa la corrispondenza del livello di rumore sia di giorno che di notte, la valutazione per la quale la riduzione di rumorosità si sarebbe verificata per effetto di interventi successivi).

3.1 Il motivo, oltre ad essere inammissibile per la sua formulazione, limitandosi ad una mera critica non già della sentenza, ma della CTU del secondo grado, è, ancor prima, inammissibile per difetto di rilevanza, posto che, come già rilevato, il giudice di appello ha fondato la propria decisione non sulla CTU di appello, ma sulla CTU del primo grado e sulla considerazione, tutt’altro che assurda (come invece definita nel motivo di ricorso), ma pienamente condivisibile, per la quale la circostanza che la rilevazione in primo grado era stata effettuata nelle ore diurne e non nelle ore notturne non rilevava ai fini del giudizio in quanto, stante l’identità della fonte sonora e delle modalità di funzionamento dell’impianto il differenziale di rumore (rilevante per la valutazione della sua tollerabilità o intollerabilità) nelle ore notturne doveva ritenersi addirittura maggiore a causa della minore incidenza dei rumori di fondo.

4. Il ricorso deve quindi essere rigettato con la condanna dei ricorrenti, in quanto soccombenti, al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna D.G.A. e D. M.R. a pagare a Z.V. le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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