Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-05-2012, n. 7174

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 30 gennaio 1996 B.F. evocava, dinanzi al Tribunale di Firenze, M.F. esponendo di avere acquistato, con atto pubblico del 20.6.1984, un fabbricato per civile abitazione con annesso resede ad uso giardino di mq. 1680, iscritto nel n.c.t. del Comune di Bagno a Ripoli, alla partita 976 del foglio di mappa 35 dal mappale 278, derivato dalla porzione b della particella 14, come da frazionamento n. 46 del 1977, allegato all’atto Bettini dell’8.7.1977, registrato a Prato il 21.7.1977 al n. 2471, vol. 25. Precisava che M.F. aveva, a sua volta, acquistato, con atto pubblico del 13.11.1986, da T.M., terreno agricolo posto in Comune di Bagno a Ripoli, situato a nord della proprietà B., per accedere al quale veniva incluso nella vendita il tratto di strada poderale distinto dalle particelle catastali 359 e 358, rispettivamente della superficie catastale di mq 140 e mq 240; dal limite sud della particella 358, sul restante tratto di strada poderale; veniva, inoltre, costituita una servitù di passo pedonale e carrabile a favore del terreno acquistato dal M., fino a via (OMISSIS), precisato anche nella planimetria allegata all’atto di compravendita T. – M., che il tratto di strada poderale acquistato dal M., in particolare quello compreso nella particella 359, costeggiava il resede ad uso giardino di proprietà del B., rappresentato dalla particella 278. Aggiungeva di avere conferito ad un tecnico incarico di accertare l’effettivo confine a valle della particella 278, il quale constatava che il confine catastale passava dal centro della strada, per la particella 16 e la 17 che comprendevano chiaramente mezza strada (larga circa 3 metri) ed il M. – di recente – aveva provveduto, illegittimamente, ad apporre all’inizio della strada in questione un cancello che impediva totalmente l’accesso dell’attore alla sua proprietà, nonostante la proprietà B. comprendesse metà della strada poderale che costeggiava il giardino limitato da muro di cinta. Tanto premesso, chiedeva stabilirsi, in primo luogo, con esattezza il confine tra le due proprietà contigue e, per l’effetto, accertato che la proprietà dell’attore si estendeva fino al centro della strada poderale, venisse ordinata al convenuto la rimozione del cancello, con condanna dello stesso al risarcimento dei danni.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, il quale eccepiva – in via riconvenzionale – l’intervenuta usucapione della strada de qua, oltre ad avere chiesto ed ottenuto di chiamare in garanzia T.M., sua dante causa, che nelcostituirsi in giudizio deduceva non essere dovuta la garanzia del venditore, in luogo della terza chiamata, deceduta, per il proseguimento del processo si costituivano gli eredi, A., P., Al. e R.S., espletata istruttoria, comprensiva di c.t.u., il Tribunale adito accoglieva la domanda attorea e per l’effetto dichiarava che il confine tra le particelle 358 e 359, da una parte, e 278, dall’altra, correva a metà della strada poderale, ordinando al convenuto la rimozione del cancello, condannando i terzi chiamati a rifondere ai convenuto il valore del bene evitto, liquidato equitativamente in L. 152.000.

In virtù di rituale appello interposto dal M., con il quale egli lamentava che il giudice di prime cure avesse qualificato l’azione proposta dal B. come di accertamento dei confini invece che come rivendica, ritenuto erroneo il solo affidamento ad un rilievo tecnico strumentale effettuato dal c.t.u., senza considerare gli atti di acquisto, l’esistenza dell’alto muro di contenimento posto sul lato orientale della strada al confine del giardino del B., omessa ogni considerazione sulla circostanza che l’appellante avesse comunque maturato l’usucapione della metà della strada in questione, la Corte di appello di Firenze, nella resistenza dell’appellato, nonchè di A., P. e R.S., i quali proponevano anche appello incidentale, contumace Ro.

A., accoglieva l’appello principale e per l’effetto respingeva le domande del B. e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava che il confine tra i fondi delle parti originarie dovesse essere identificato, nel tratto in discussione, nel muro di contenimento del giardino del B., condannando, altresì, l’appellante principale a restituire ai R., appellanti incidentali, quanto a lui pagato per compulsum.

A sostegno della decisione la corte territoriale – premesso che le conclusioni dell’appellante principale apparivano nel merito volte ad ottenere esclusivamente il rigetto delle domande attoree – evidenziava la fondatezza dell’appello avendo il giudice di primo grado argomentato la sentenza sui calcoli dell’estensione delle particelle catastali eseguiti dal c.t.u., il quale era partito dai punti di riferimento esistenti sul terreno, misurando le distanze risultanti dalle mappe catastali e riversando sul terreno stesso i risultati delle misure, giungendo alla conclusione che la particella 278 si estendeva al di là del muro di contenimento del giardino, per giungere fino a circa la linea mediana della strada poderale corrente di là del confine. Di converso tale fetta di strada risultava fisicamente chiusa, ad oriente, dalla parete di sostegno del giardino stesso – meno che all’altezza di un cancello, posto sulla proprietà del B., corrispondente all’inizio di un’antica strada poderale non più esistente, che lo stesso B., nell’atto di acquisto, aveva riconosciuto doversi tenere costantemente chiuso, essendo situato sul ciglio della proprietà di terzi e non essendovi alcuna servitù che legittimasse il passo attraverso di esso – e interclusa, nel resto del suo perimetro, per il B., da proprietà di terzi e dello stesso M., non contestato che l’ulteriore tratto della strada, verso sud, costituente l’inizio della strada stessa, posto sulla via vicinale del (OMISSIS), appartenesse per intero all’appellante, tratto sul quale il M. aveva posto il cancello di cui i Tribunale aveva ordinato la rimozione pur in assenza di prova ovvero di allegazione dell’esistenza su tale tratto di una servitù di passaggio a favore del B..

Precisava che – ammessa come corretta la qualificazione dell’azione ex art. 950 c.c. – a livello probatorio appariva necessario l’esame dei contrapposti titoli di proprietà, con valutazione di ogni altro elemento di giudizio, trattandosi di una vindicatio duplex incertae partis, per cui il giudice tenuto a compiere ogni accertamento per consentire l’eliminazione della denunciata situazione di incertezza.

Ciò posto, osservava che l’esame dei titoli derivativi di acquisto non lasciavano dubbi sul fatto che l’atto pubblico del 20.6.1984, con il quale il B. aveva acquistato il fondo de quo, non recava minimo cenno alla vendita di alcuna parte della strada in contesa, se non la dichiarazione che l’acquirente prendeva atto che "il cancello esistente lungo il muro di delimitazione del giardino, sul lato ovest, a confine con terreni agricoli di proprietà di terzi, non – costituiva – diritto di accesso a detti terreni nè esistente una servitù di passo attraverso questo cancello pertanto lo stesso – sarebbe dovuto – rimanere sempre chiuso o sostituito con altra chiusura permanente".

Aggiungeva che dall’atto pubblico del 13.11.1986, con il quale il M. aveva acquistato il terreno agricolo da T.M., risultava la proprietà esclusiva in capo all’acquirente del tratto di strada poderale in questione; inoltre, rilevava che al momento del frazionamento, da cui nacquero le particelle 358 e 359, confinanti con la n. 378, aventi confine coincidente con quello della 278, le parti dovevano averlo identificato in relazione al fatto che il tratto in questione vi era il muro di contenimento del giardino attoreo, dovendosi riferire il tratteggio sulla mappa allegata all’atto di acquisto del M. ad una precedente situazione dei luoghi, non lasciando i rispettivi atti di acquisto alcun dubbio in ordine alla determinazione dell’estensione delle rispettive proprietà.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione B.F., che risulta articolato su due motivi, cui ha resistito il M., nonchè A., P. e R.S., i quali ultimi hanno anche proposto ricorso incidentale condizionato con un unico motivo di doglianza.

Parte ricorrente ha presentato istanza L. n. 183 del 2011, ex art. 26.

Motivi della decisione

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c., in quanto attengono al medesimo provvedimento.

Ciò precisato, si osserva che con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la corte territoriale supportato la propria decisione dando risalto al dato rappresentato dall’esistenza di un cancello posto "lungo il muro di delimitazione del giardino sul lato ovest, a confine con terreni agricoli di proprietà di terzi", che, per espressa pattuizione contenuta nel medesimo titolo, "non costituisce diritto di accesso a detti terreni nè esistente una servitù di passo attraverso questo cancello, e, pertanto, lo stesso dovrà rimanere sempre chiuso o sostituito con altra chiusura permanente", nonostante detto cancello non si trovi a margine della strada di cui si discute. Tutto ciò senza spendere alcuna considerazione su altri elementi di giudizio, quali le planimetrie depositate dalla difesa degli eredi T. e la consulenza tecnica di ufficio che alcun riferimento fa a detto cancello. Prosegue il ricorrente che la erroneità dei presupposti assunti dal giudice del gravame a fondamento della propria decisione emergerebbe proprio dalla posizione del cancello evocato, che si troverebbe nel tratto finale del muro B., nell’ultimo punto di contatto tra la strada poderale "non più esistente" menzionata dalla corte e la proprietà B., con conseguente travisamento della realtà così come acquisita agli atti. Errore procedurale che si atteggerebbe anche a vizio di motivazione per non essere stato in alcun modo giustificato l’iter argomentativo in forza del quale il giudice di secondo grado sarebbe pervenuto alle erronee conclusioni.

Il motivo va disatteso.

Il ricorrente nella sostanza denuncia una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dai giudici di merito i quali, nell’accertare i confini del terreno di proprietà del B., hanno verificato che il cancello che delimita la sua proprietà costituisce un limite naturale ed invalicabile al fondo dello stesso per quanto esposto nel suo stesso atto di acquisto, al pari del muro di contenimento dell’annesso resede adibito ad uso giardino del terreno sempre di proprietà del medesimo, dato fattuale che viene valorizzato nell’apprezzamento dei contrapposti titoli di provenienza, consentendo una interpretazione degli stessi nel senso descritto dalla corte di merito.

Così inquadrata la ricostruzione dei fatti, nessuna rilevanza appare assumere la posizione del cancello in contestazione, se, ridosso della vecchia strada poderale ovvero inserito in altro passo del muro di contenimento, in quanto dalla complessiva vantazione dei due elementi di giudizio la corte distrettuale ha tratto il convincimento che il B. sarebbe comunque nella impossibilità giuridica, dal cancello (recando l’atto di acquisto la espressa previsione di tenerlo sempre chiuso, essendo situato sul ciglio della proprietà di terzi e non essendovi alcuna servitù che legittimi il passo attraverso di esso), ovvero fisica, da muro di contenimento, di accedere alla strada in contesa.

Dunque le deduzioni del ricorrente hanno ad oggetto un tipico accertamento di fatto, sottratto a sindacato di legittimità: si trattaci doglianze che pur facendo riferimento ad error in procedendo e a vizi di motivazione, da cui la sentenza è immune, si risolvono nella censura della valutazione delle risultanze processuali compiuta dalla corte. In proposito va ricordato che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura soltanto quanto nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fondi del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (v. Cass. 14 marzo 2006 n. 5443; Cass. 20 ottobre 2005 n. 20322), mentre alla corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimità verificare l’esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie (v. Cass. 25 febbraio 2004 n. 3803; Cass. 21 marzo 2001 n. 4025; Cass. 8 agosto 2000 n. 10417; Cass. SS.UU. 11 giugno 1998 n. 5802; Cass. 22 dicembre 1997 n. 12960).

La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce, infatti, al giudice di legittimità non già, come evidentemente suppone l’odierno ricorrente, il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.

Nella specie, nella motivazione dell’impugnata pronunzia la corte di merito – per quanto sopra esposto – afferma espressamente che a fronte delle due diverse ricostruzioni dei fatti operata dalle parti in causa (quella del C., secondo cui il confine della sua proprietà giungerebbe sino alla linea mediana della strada poderale, e quella opposta del M.), ritiene più convincente quella del M., che appare avvalorata dallo stato di fatto dei luoghi e dal raffronto dei contrapposti atti di acquisto delle aree.

Orbene, a fronte dei suddetti argomenti l’odierno ricorrente si limita invero a dedurre a sostegno delle proprie censure quanto sopra riportato in ordine agli atti prodotti e a sostegno della propria ricostruzione. Lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del B. in realtà si risolvono nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass. 20 ottobre 2005 n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dalla corte distrettuale (cfr. Cass. 18 aprile 2006 n. 8932).

Per tale via, infatti, come si è osservato sopra, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., il ricorrente in realtà sollecita, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass. 14 marzo 2006 n. 5443).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 950 c.c. e dell’art. 1362 c.c., nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, art. 4, e segg., oltre a violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, anche per omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per non avere tenuto conto la corte di merito nella formazione del suo convincimento dei dati catastali, la cui utilizzazione sarebbe consentita non solo ove difettino del tutto altri mezzi di prova, ma anche quanto gli altri elementi probatori, pur acquisiti, risultino, di per sè soli, inidonei allo scopo, non soffermata l’attenzione sulla palese equivocità delle risultanze dei rispettivi titoli di provenienza in punto di individuazione del confine di quanto compravenduto. Aggiunge il ricorrente che il tratto di strada in questione risulterebbe raffigurato, nel contratto de 13.11.1986, con campionatura in rosso nella planimetria allegata sub A al contratto ed in questo espressamente richiamata ai fini della esatta individuazione dell’oggetto della cessione, che -secondo le allegazioni del B., sembrerebbe correre oltre la linea di confine del muro di contenimento del giardino B., non rappresentando la linea dividente fra le particelle 358 e 359, da una parte, e 278, dall’altra. Pure contestata è l’affermazione secondo cui "di esso muro quale dividente il possesso…presumibilmente, si tenne conto (o, comunque, si sarebbe dovuto tenere conto…) al momento del frazionamento da cui nacquero le particelle 358 e 359", con riferimento al D.P.R. n. 650/1972, ritenendosi ciò una sostanziale espropriazione del soggetto che abbia un muro o altra verosimile dividente di possesso all’interno di una sua particella.

Anche detto mezzo va disatteso.

I principi di diritto rammentati dalla corte di merito costituiscono giurisprudenza costante di questa corte di legittimità.

In ordine ai criteri da seguire per individuare il confine tra fondi, il giudice del merito – che nella relativa indagine ha ampia facoltà di scegliere gli elementi ritenuti decisivi o di avvalersi di più elementi concordanti, senza fissare alcuna graduatoria di importanza tra gli stessi, a parte il carattere di sussidiarietà esplicitamente attribuito, dall’art. 950 c.c., comma 2, alle indicazioni delle mappe catastali (cfr. Cass. 15 aprile 1987 n. 3724) – non può tuttavia prescindere dall’esame e dalla valutazione dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà e, trattandosi di lotti separati di un appezzamento in origine unico, non può prescindere dalle misure risultanti dalle planimetrie allegate agli atti di vendita e dal tipo di frazionamento contenente gli estremi della lottizzazione, quando le misure stesse siano gli unici elementi idonei ad individuare esattamente la linea di demarcazione tra le due proprietà (cfr.

Cass. 20 luglio 1966 n. 1963; Cass. 14 marzo 1973 n. 725; Cass. 14 febbraio 1977 n. 671; Cassa. 8 agosto 1977 n. 3615; Cass. 25 febbraio 1986 n. 1186).

Rettamente nella specie il giudice del merito ha fatto riferimento al frazionamento n. 46 del 1977 allegato all’atto Bettini dell’8/7/1977, registrato a Prato il 21/7/1977, da cui nacque il mappale 278, derivato dalla porzione b della particella 14, e ai contrapposti atti di acquisto delle rispettive aree, di cui all’atto pubblico del 20.6.1984, per il B., e all’atto pubblico del 13.11.1986, per il M..

Con il motivo in esame il ricorrente ha riproposto in questa sede di legittimità la tesi della assoluta attendibilità dell’accatastamento del frazionamento, già sottoposta al giudice di appello, ma dallo stesso disattesa per le ragioni suesposte.

Orbene la decisione del giudice di appello è esente dai denunciati vizi della motivazione ed errori di diritto. Il preteso errore con riferimento al tipo di frazionamento è stato escludo dal giudice del merito, con accertamento che, sorretto da adeguata motivazione, si sottrae al sindacato di legittimità ("….l’atto pubblico del 20/6/1984, col quale l’attore acquistò il fondo de quo, non reca il minimo cenno alla vendita di alcuna parte della strada de qua essendo, in esso, solo contenuta la dichiarazione di M. M. di volere vendere a B.F. un (fabbricato…con annesso resede a uso di giardino della superficie di circa mq 1680", e "…l’atto pubblico del 13.11.1986, M.F. aveva, a sua volta, acquistato, da T.M., un (terreno agricolo…per accedere al quale viene incluso nella vendita il tratto di strada poderale distinto dalle particelle catastali 359 e 358, rispettivamente della superficie catastale di mq 140 e mq 240; tale tratto di strada podelare si specifica, ancora, nell’atto notarile, viene ceduto "in proprietà esclusiva)", per cui il confine dei fondi in contestazione "coincide con quello della particella 278 e tale confine non può che essere costituito dal muro" di contenimento del giardino di proprietà dei M., ben potendosi la linea tratteggiata nella mappa catastale cui fa riferimento il ricorrente riferirsi alla precedente situazione dei luoghi, come emerge evidente dai rispettivi atti di acquisto, che non lasciano dubbi in ordine alla determinazione dell’estensione delle rispettive proprietà).

Nè sussiste errore di diritto ovvero vizio della motivazione (in relazione al giudizio di fatto) per omessa valutazione dei dati catastali (cfr Cass. 23 dicembre 1993 n. 12742), approfonditamente esaminati dal giudice del merito.

Passando all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale condizionato proposto da R.A., P. e S., relativa alla pronuncia sulle spese di lite che, se non dovuta la garanzia del venditore, non legittimerebbe la condanna dei resistenti al pagamento delle spese legali, mentre, se dovuta, non legittimerebbe la condanna al pagamento delle spese sostenute dal B., stante il rigetto del ricorso principale, ne va dichiarato l’assorbimento.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigettali ricorso principale, assorbito quello" incidentale condizionato;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge, per ciascuna delle due parti resistenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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