Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2011) 07-11-2011, n. 40070

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 23/9/2010, la Corte di appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di B. M. avverso la sentenza emessa nei suoi confronti in data 12/3/2010 dal Tribunale di Torino, osservando che l’atto mancava dei requisiti di specificità di cui all’art. 581 c.p.p., lett. c) e che la firma non risultava autenticata come richiesto dalla norma di cui all’art. 583 c.p.p., comma 3.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’interessato deducendo violazione di legge. Al riguardo eccepisce di non aver potuto fare autenticare la firma in quanto il suo difensore di fiducia aveva rinunziato al mandato in data 26/4/2010 ed il Tribunale aveva omesso di nominargli un difensore d’ufficio. Nel merito contesta il difetto di specificità con riferimento alle richieste in punto di pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente infondati. E’ del tutto evidente che il fatto che il difensore dell’imputato abbia rinunziato al mandato nel corso del giudizio, non costituisce un giustificato motivo di deroga alla necessità di autentica della firma per gli atti di impugnazione spediti per mezzo del servizio postale, dal momento che la legge consente alle parti private di presentare l’atto di impugnazione personalmente nella cancelleria del Tribunale in cui si trovano ( art. 582 c.p.p., comma 2). Pertanto l’impugnazione proposta dal B. è inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), restando così assorbita ogni ulteriore questione relativa alla aspecificità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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