Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-05-2012, n. 7168

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Serrai Costruzioni di Serrai Fabrizio & C. s.r.l. (d’ora in avanti semplicemente Serrai Costruzioni) costituì, con atto del 3 novembre 1995, un’associazione temporanea di imprese con la Società Generale Progettazioni e Costruzioni Gepco s.p.a., che assunse il ruolo di capogruppo, in relazione ad una gara di appalto – poi vinta dall’a.t.i. – bandita dalla Milano Servizi s.p.a., quale mandataria della Milano Centrale s.p.a., per l’esecuzione di lavori e prestazioni accessorie riguardanti la costruzione di un edificio in Milano destinato a uffici.

Insorta controversia sulla imputabilità del ritardo nella consegna delle opere, la società capogruppo – che nel frattempo aveva assunto la denominazione di Gepco Sale s.p.a. (d’ora in avanti Gepco) – iniziò un procedimento arbitrale nei confronti della committente Milano centrale s.p.a. poi conclusosi con la condanna di quest’ultima – che nel frattempo aveva assunto la denominazione di Pirelli & C. Real Estate s.p.a. (d’ora in avanti Pirelli) – al pagamento di L. 1.496.335.000 oltre rivalutazione e interessi.

Nell’inottemperanza della Pirelli alla condanna la Gepco intraprese azione esecutiva, che tuttavia non portò a termine perchè stipulò con la debitrice, in data 7 giugno 2002, un accordo transattivo in base al quale la Pirelli si impegnava a versare alla Gepco, quale mandataria dell’a.t.i., la somma di Euro 1.760.256,13 oltre IVA. Nel frattempo, con sentenza del dicembre 2001, la mandante Serrai Costruzioni era stata dichiarata fallita. Il curatore del fallimento non era stato coinvolto nelle trattative per la transazione, nè la Gepco gli aveva versato la quota di spettanza della società fallita sulla somma eventualmente riscossa a seguito della transazione.

Con sentenza del 3 novembre 2002 anche la mandataria Gepco fu dichiarata fallita.

Il curatore del fallimento della Serrai Costruzioni convenne quindi davanti al Tribunale di Milano la Pirelli e, sull’assunto della inefficacia dell’atto di transazione, chiese il pagamento di Euro 386.396,27, quale quota di spettanza della società fallita sull’importo dovuto dalla convenuta in base al lodo arbitrale.

La convenuta rimase contumace e il Tribunale respinse la domanda.

La Corte d’appello di Milano ha poi respinto il gravame della curatela, nella persistente contumacia della Pirelli, affermando in particolare l’efficacia della transazione del 7 giugno 2002 anche nei confronti del fallimento della società mandante, la dichiarazione del quale non aveva sciolto il mandato in favore della società capogruppo, trattandosi di mandato conferito anche nell’interesse della parte mandataria e non essendo tale scioglimento previsto dal contratto di associazione fra le parti. La mandataria Gepco aveva dunque il potere sia di stipulare la transazione sia di riscuotere pagamenti dall’appaltante Pirelli anche in rappresentanza della mandante Serrai Costruzioni, e il fallimento di quest’ultima avrebbe dunque dovuto rivolgere le sue pretese non nei confronti dell’appaltante, ma semmai della mandataria.

Il fallimento della Serrai Costruzioni ha proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura, cui l’intimata Pirelli non ha resistito.

Motivi della decisione

1. – I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente data la loro connessione.

1.1. – Con il primo motivo, denunciando violazione della L. Fall., art. 78, in relazione all’art. 1713 c.c., e segg. e art. 1723 c.c., comma 2, si sostiene che, nell’associazione temporanea di imprese, il mandato a favore della capogruppo si estingue a seguito della dichiarazione di fallimento dell’impresa mandante.

1.2. – Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione quanto al fatto che il mandato in favore della Gepco, contenuto nel contratto di associazione del 3 novembre 1995, fosse stato conferito anche nell’interesse della mandataria, nonchè al fatto della mancata previsione, nel medesimo contratto, dello scioglimento di quel mandato a seguito del fallimento della società mandante.

2. – Le due censure non possono essere accolte.

A sostegno della tesi dell’estinzione del mandato per effetto del fallimento della società mandante il ricorrente richiama Cass. 1396/2003 e 17926/2010. Tali precedenti si riferiscono alle associazioni temporanee di imprese costituite per appalti pubblici e si basano sul disposto del D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 25, che prevede l’esclusione dall’appalto pubblico dell’impresa mandante fallita. Nella specie, invece, è pacifico che non si trattava di appalto pubblico; pertanto il ricorrente tiene a far presente che la predetta disciplina era nondimeno applicabile in quanto espressamente richiamata nel contratto costitutivo dell’a.t.i..

Sennonchè quest’ultima puntualizzazione è inammissibile, non essendo contenuta nella sentenza impugnata e costituendo, dunque, una integrazione in punto di fatto non consentita in sede di legittimità.

Va pertanto applicato il principio comunemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, per il coordinato disposto della L. Fall., art. 78 (nel testo, qui applicabile ratione temporis, anteriore alla novella di cui al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) e dell’art. 1723 c.c., il sopravvenuto fallimento del mandante estingue esclusivamente il mandato conferito nel solo interesse del mandante stesso, e non pure il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario (ex multis, Cass. 1096/1962, 3157/1976, 4282/1981, nonchè, più di recente, 13243/2010), qual è quello conferito nella specie secondo l’accertamento in fatto della Corte d’appello.

Accertamento che il ricorrente censura in maniera inammissibilmente generica, giacchè si limita a dedurne l’insufficiente motivazione nella sentenza impugnata, ma non indica decisive ragioni per cui, al contrario, il mandato in questione doveva intendersi conferito nel solo interesse della società mandante.

3. – Il ricorso va in conclusione respinto. In mancanza di attività difensiva della parte intimata non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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