Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2011) 07-11-2011, n. 40056

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria in data 18.4.2008, ha condannato M.F. e R.G. per il reato di circonvenzione di incapace e i predetti e B. G. per il reato di cui all’art. 479 c.p..

Avverso detta pronunzia gli imputati a mezzo di avvocato proponevano ricorso per cassazione.

Un primo ricorso, articolato in cinque motivi, è congiuntamente presentato da M.F. e R.G..

Con il primo motivo lamentano omessa pronuncia su un capo di imputazione relativo alla contestazione di circonvenzione di incapace integrata dal fatto di avere indotto la parte offesa a rilasciare a M.F. delega ad operare su conto corrente intestato alla parte offesa. Ritengono infatti i ricorrenti che l’espressione, contenuta nel dispositivo, "escluso il fatto relativo al rilascio di delega" costituisca decisione inetta a surrogare la formula legale, pertinente alla fattispecie, e relativa alla assoluzione. Precisano l’interesse alla dichiarazione assolutoria richiamando l’efficacia del giudicato penale nel processo civile.

Con il secondo motivo denunciano mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla compatibilità, nel caso concreto, del delitto di circonvenzione con il delitto di falso giacchè se la parte offesa, come ritenuto nella sentenza impugnata, non ha mai rilasciato le dichiarazioni attribuitele nell’atto pubblico, vi sarebbe falso ma non anche circonvenzione; nel caso contrario, si ravviserebbe una circonvenzione (avente ad oggetto il rilascio della dichiarazione) ma non il falso.

Con il terzo motivo lamentano violazione del principio della correlazione tra imputazione contestata e sentenza per riscontrate differenze tra il capo di imputazione oggetto della sentenza di primo grado e quello oggetto della sentenza di appello. In particolare, la locuzione "la inducevano a comparire dinanzi al Notaio B. per la redazione di testamento segreto, con la quale istituiva gli indagati M. e R. eredi universali e legava loro la parte preponderante delle proprietà immobiliari, devolvendo loro complessivamente quasi tutto il proprio patrimonio e procuravano in tal modo un grave vulnus agli eredi legittimi", presente nel primo capo di imputazione risulta omesso nel secondo; la frase "nella fattispecie M.F. e R.G. redigevano la scheda testamentaria dattiloscritta", presente nel secondo capo di imputazione è invece assente nel primo.

Con il quarto motivo contestano carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ravvisabilità dei delitti di circonvenzione e di falso sottoponendo ad analitica considerazione molteplici risultanze istruttorie e concludendo per una versione del fatto estremamente diversa ed alternativa rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata, con particolare riferimento alla redazione della scheda testamentaria (che sarebbe da attribuire alla parte offesa e non agli imputati) e alla mancanza di prova di un concorso della M. nel delitto di falso.

Con il quinto motivo denunciano carenza totale di motivazione sulla posizione dell’imputato R..

Il secondo ricorso presentato, dall’imputato B., si articola su motivi sostanzialmente coincidenti con quelli esposti dai primi due imputati, (lamentandosi violazione del principio della correlazione tra imputazione e sentenza; manifesta illogicità della motivazione circa il contenuto dell’atto affetto da falsità ideologica; mancanza di motivazione sulla sussistenza del dolo di falso; mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla compatibilità, nel caso concreto, del delitto di circonvenzione con il delitto di falso; illogicità e carenza di motivazione in ordine a vari aspetti della ricostruzione fattuale nella sentenza impugnata).

2. – Deve preliminarmente rilevarsi che l’imputato B. è deceduto in data 16.5.2011; cosicchè il reato ascrittogli è estinto ai sensi dell’art. 150 c.p., con la conseguenza della caducazione delle statuizioni civili (cfr., per es., Cass. sez. 2, 17.2.2009, n. 11073).

I ricorsi di M. e R. sono infondati e devono essere rigettati.

Circa il primo motivo, è sufficiente osservare che la formula atecnica secondo cui una contestazione di reato resta "esclusa" corrisponde evidentemente a formula assolutoria piena, e ciò in considerazione della chiara motivazione della sentenza impugnata in cui si esclude, appunto, la sussistenza del fatto: il che equivale indiscutibilmente a dichiarare che il fatto non sussiste ai sensi dell’art. 652 c.p.p.. Cosicchè non è necessario procedere a modificazioni del dispositivo; nè può ravvisarsi un interesse meritevole di tutela degli imputati a tale modificazione non solo, ed evidentemente sotto il profilo penale, ma neppure sotto il profilo civile: non potendosi ipotizzare una responsabilità risarcitoria per un fatto di reato la cui verificazione è esclusa in sentenza allo stesso modo di quanto accade per il fatto da cui si è assolti (secondo quanto disposto dall’art. 652 c.p.p.).

Anche il terzo motivo è infondato giacchè dalla lettura dei capi di imputazione nella sentenza di primo e secondo grado non è dato riscontrare le difformità esposte dagli imputati.

I restanti motivi di censura concernono tutti mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione con riguardo a vari aspetti della pronunzia impugnata.

Poichè tutte le censure sollevate concernono rilievi sulla motivazione della sentenza di appello, deve premettersi quanto segue.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456).

Queste conclusioni restano ferme pur dopo la L. n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l’art. 606 c.p.c., lett. e), consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803).

Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;

Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).

La motivazione è invece mancante non solo nel caso della sua totale assenza, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisività (Cass. 17 giugno 2009, n. 35918).

Nessuno di questi vizi non ricorre nel caso di specie, dal momento che il giudice di appello ha esposto un ragionamento coerente, completo e privo di discontinuità logiche giungendo per tale via ad una adeguata ricostruzione dei fatti e conseguentemente respingendo le alternative ricostruzioni prospettate dalle difese.

Con riguardo alla compatibilità, nel caso di specie, dei delitti di circonvenzione e falsità ideologica – variamente contestata nel secondo e quarto motivo – va rilevato che la Corte territoriale, nella univoca e coerente ricostruzione dei fatti di reato esposta in sentenza, da conto con dettagliata esposizione della sussistenza di entrambe le fattispecie, focalizzando la motivazione sull’evidente stato di incapacità in cui versava la parte offesa (riferito dai testimoni e attestato nella copiosa certificazione medica acquisita agli atti), sulla organizzazione dell’incontro tra parte offesa e imputati ai fini della verbalizzazione testamentaria e sul contenuto di detta verbalizzazione come difforme al vero in punti decisivi, a partire dall’affermato stato di capacità della parte offesa.

Di modo che, il fatto ricostruito in sentenza chiaramente si lascia sussumere nelle fattispecie di circonvenzione di incapace (indotto a un testamento a favore di alcuni degli imputati) e di falso ideologico (costituito dalla redazione dell’atto notarile inficiato, sopra tutto, dalla falsa dichiarazione sullo stato di capacità della dichiarante).

Circa il quinto motivo, apoditticamente formulato sulla omessa motivazione con riguardo alla posizione di quest’ultimo, sia sufficiente rilevare che secondo la ricostruzione dei fatti accertata nelle sentenze di merito – contrastata senza specifiche argomentazioni nell’atto di ricorso – il R. fu presente durante tutto lo svolgimento del fatto, contribuendovi attivamente, giovandosi della previsione a suo favore nel testamento determinato da circonvenzione e così concorrendo sia nel delitto di circonvenzione che nel delitto di falso ideologico.

I restanti motivi si esauriscono in dettagliate ricostruzioni dei fatti alternative a quella condivisa e dichiarata dai giudici di merito; di modo che sotto l’apparenza di critiche all’ordito motivazionale si sollecita inammissibilmente un terzo giudizio di merito in questa sede di legittimità. Per l’insistenza che emerge nei motivi di ricorso, varrà comunque osservare, circa lo stato di incapacità evidente in cui versava la parte offesa, quanto sopra già esposto a dimostrazione della logicità e completezza della motivazione della Corte territoriale sul punto.

3. – Ne consegue l’annullamento senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B.G. per morte dell’imputato; il rigetto del ricorso di M.F. e R.G., che devono essere condannati al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in solido delle spese del presente grado di giudizio alle costituite parti civili, e secondo la liquidazione espressa in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B.G. per morte dell’imputato. Rigetta il ricorso di M.F. e R.G., che condanna al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in solido delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in Euro 3.000,00 oltre spese generali IVA e CPA, in favore delle parti civili D.M., + ALTRI OMESSI e in Euro 3.000,00 oltre spese generali IVA e CPA, in favore delle parti civili D.M., + ALTRI OMESSI .

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *