Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2011) 07-11-2011, n. 40055 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Milano, in conferma della sentenza del Tribunale di Como in data 11.12.2009, ha condannato M.G. per i delitti di truffa, ricettazione, falso ed altro.

Avverso detta pronunzia l’imputato a mezzo di avvocato propone ricorso per cassazione, e con un unico motivo lamenta mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione nonchè violazione della legge penale per essere stato condannato l’imputato per ricettazione benchè mancasse la prova del reato presupposto nonchè per il delitto di sostituzione di persona pur in assenza di prova sul punto.

2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456).

Queste conclusioni restano ferme pur dopo la L. n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l’art. 606 c.p.c., lett. e), consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803).

Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;

Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).

La motivazione è invece mancante non solo nel caso della sua totale assenza, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisività (Cass. 17 giugno 2009, n. 35918).

Nessuno di tali vizi ricorre nel caso di specie, dal momento che il giudice di appello ha esposto un ragionamento coerente, completo e privo di discontinuità logiche giungendo per tale via ad una adeguata ricostruzione dei fatti e conseguentemente respingendo l’alternativa ricostruzione prospettata dalla difesa già in primo grado, e oggi riproposta in sede di legittimità.

Deve in particolare sottolinearsi come nel motivo di ricorso, pur dichiarandosi di censurare difetti di motivazione, si svolge esclusivamente una alternativa ricostruzione del fatto (peraltro, come anticipato, già proposta e respinta nel merito dal tribunale e dalla corte di appello); di modo che nessuna effettiva censura risulta mossa al ragionamento seguito dai giudici e limitatamente alla sua intrinseca consistenza. Nel ricorso, la difesa dell’imputato insiste nel ritenere di ravvisare una contraddizione nella motivazione delle sentenze di merito in ragione della imputazione del fatto sia a titolo di ricettazione che a titolo di falso da un lato lamentando che le risultanze istruttorie non consentono di dedurre con certezza che l’imputato e il suo complice abbiano ricevuto un modello di carta di identità in bianco da terzi oppure che abbiano rubato tale modello e dall’altro non curando, nemmeno minimamente, di argomentare questa affermazione: e così declamando man non individuando una contraddizione argomentativa inesistente nella realtà.

Conseguentemente risultano manifestamente infondate le censure sulla violazione o erronea applicazione delle legge penale presupponenti tutte l’alternativa ricostruzione del fatto espressa nel ricorso.

3. – Ne discende, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *