Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2011) 07-11-2011, n. 40052

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Ivrea in riforma della sentenza del Giudice di Pace di Ivrea n. 64/09 dell’8 luglio 2009 condannava gli imputati al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile nonchè alla rifusione alla stessa delle spese di giudizio per fatti di danneggiamento ad una automobile.

Avverso detta pronunzia gli imputati a mezzo di avvocato propongono congiuntamente ricorso per cassazione lamentando la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla valutazione delle prove assunte, con particolare riguardo alla indebita valorizzazione della versione offerta dalla parte offesa.

2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456).

Queste conclusioni restano ferme pur dopo la L. n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l’art. 606 c.p.c., lett. e) consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803).

Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere contusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;

Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).

Tale vizio non ricorre nel caso di specie, dal momento che il giudice di appello ha esposto un ragionamento coerente, completo e privo di discontinuità logiche giungendo per tale via ad una adeguata ricostruzione dei fatti e conseguentemente respingendo l’alternativa ricostruzione prospettata dalla difesa.

In particolare, la valorizzazione della deposizione della parte offesa, contestata dai ricorrenti, è adeguatamente argomentata sulla coerenza intrinseca di tali dichiarazioni; sulla sostanziale concordanza tra detta versione e la ricostruzione dei fatti desumibile dalle testimonianze raccolte nel processo; sulla intrinseca non credibilità della alternativa versione prospettata dagli imputati.

Circa la concordanza tra versione della parte offesa e le testimonianze raccolte, con adeguato percorso logico il giudice ritiene non significativo il mancato riscontro, nelle testimonianze, del comportamento dell’ A. di danneggiamento tramite una rigatura dell’automobile della parte offesa; e ciò in precipua considerazione del punto di carrozzeria danneggiato (lato posteriore all’altezza del tappo del serbatoio) visionabile comodamente dalla parte offesa posta al lato guida e invece alquanto sottratta alla visuale dei terzi trasportati.

Circa la intrinseca non credibilità della versione prospettata dall’ A., essa è adeguatamente motivata in ragione della illogica affermazione dell’imputato di aver sporto la mano dal finestrino non per effettuare il danneggiamento ma per chiedere alla parte offesa di fermarsi e quasi per proteggersi dall’auto che gli stava piombando addosso.

Il ricorso espone, per il resto, una dettagliata versione dei fatti alternativa a quella accertata dai giudici. Risolvendosi quest’ultima in un giudizio di merito, esso è in questa sede insindacabile a fronte della coerenza della ricostruzione oggetto della sentenza impugnata.

3. – Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè ciascuno al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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