Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-05-2012, n. 7152 Crediti privilegiati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Genova, con decreto del 15.10.09, ha accolto l’opposizione proposta da Cemat s.p.a. avverso lo stato passivo del Fallimento della GET- Gruppo Europeo Trasporti – s.r.l. in liquidazione ed ha ammesso in via privilegiata, ai sensi degli artT. 2756 e 2761 c.c. il credito di Euro 360.598,85 oltre interessi, vantato dall’opponente a titolo di noli per i numerosi trasporti eseguiti per conto della società poi fallita. Il Tribunale ha ritenuto che la documentazione prodotta dall’opponente provasse l’avvenuto adempimento delle prestazioni di trasporto dedotte in giudizio, che, siccome poste in essere in esecuzione di un unico contratto, in grado di regolare un numero indefinito di spedizioni, davano diritto alla Cemat di soddisfare prioritariamente il proprio credito sulle casse mobili della GET sulle quali aveva esercitato il diritto di ritenzione.

Il Fallimento della GET ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento, affidato a ventisette motivi, cui la Cemat ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1) I ventisette motivi di ricorso involgono assai spesso le medesime questioni ed illustrano censure in buona parte ripetitive; ragioni di ordine sistematico consigliano dunque di esaminarli per gruppi, avuto riguardo in taluni casi ai vizi del provvedimento che vi si denunciano ed, in altri, alle questioni di diritto che vi si affrontano.

2) Appare opportuno, anzitutto, occuparsi del terzo, del settimo, del nono, del quattordicesimo, del diciassettesimo, del diciannovesimo, del ventitreesimo e del ventiseiesimo motivo di ricorso, con i quali il Fallimento denuncia ripetute violazioni dell’art. 112 c.p.c., per non aver il Tribunale pronunciato sulle numerose eccezioni da esso sollevate nel corso del giudizio di merito, con le quali era stato dedotto: a) che i trasporti asseritamente effettuati da Cemat per conto di GET costituivano esecuzione non già di un unico, ma di distinti contratti, le cui condizioni erano regolate dal contratto quadro normativo stipulato fra le parti il 15.5.06 (3^ motivo); b) che le lettere di vettura e gli ulteriori documenti prodotti da Cemat costituivano prova contraria alla pretesa creditoria azionata (7 e 9 motivo); c) che dal credito preteso andavano detratti, oltre alle somme già riconosciute da Cemat, ulteriori Euro 13.330,00, oggetto di cessioni verso società terze (14^ motivo); d) che l’opponente era inadempiente al contratto (17^ motivo); e) che il credito non aveva natura privilegiata in quanto:

1) i beni oggetto di ritenzione appartenevano a terzi; 2) Cemat aveva rinunciato al diritto di ritenzione; 3) i noli dei singoli trasporti relativi alle casse mobili trattenute dalla creditrice erano stati pagati (19^, 23^ e 26^ motivo). I motivi devono essere respinti.

Va intanto rilevato che, a parte quella riportata sub. c), le sopra sintetizzate deduzioni non integrano eccezioni in senso proprio, ma mere difese, volte a paralizzare la pretesa di Cemat attraverso la richiesta di un diverso apprezzamento dei fatti addotti dall’opponente a suo fondamento o l’allegazione di altri fatti, con essi contrastanti.

Ne consegue la manifesta infondatezza dei motivi 3^, 7^, 9^, 14^, 19^, 23^ e 26^, potendo configurarsi vizio di omessa pronuncia solo quando manchi la decisione su una domanda, su un’eccezione o su un assunto che siano autonomamente apprezzabili (che, cioè, richiedano un’apposita statuizione di accoglimento o di rigetto), ma non quando la decisione adottata abbia respinto la tesi della parte senza esaminare specificamente tutte le sue argomentazioni difensive e tutti gli elementi probatori che le sostengono (fra molte, da ultimo, Cass. nn. 709/010, 19275/08, 1059/08).

Infondato, peraltro, è anche il 17^ motivo: il Tribunale ha infatti implicitamente respinto l’eccezione sollevata dal Fallimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., sostanzialmente sorretta dal rilievo dell’illegittimo esercizio da parte di Cemat del diritto di ritenzione, allorchè ha espressamente riconosciuto che tale diritto, al contrario, sussisteva e che, conseguentemente, il credito vantato dall’opponente era assistito da privilegio speciale proprio sul ricavato dalla vendita dei beni da questa non restituiti.

3) Il primo, il secondo, l’ottavo, il decimo, l’undicesimo, il dodicesimo ed il tredicesimo motivo di ricorso investono la ratio decidendi che ha condotto il Tribunale a ritenere raggiunta la prova in ordine all’esistenza ed all’ammontare del credito.

3.1) Quanto alla prova sull’an, il Fallimento, denunciando vizio di motivazione dei provvedimento impugnato, lamenta che il Tribunale abbia omesso di considerare che le lettere di vettura prodotte da Cemat, al fine di documentare l’avvenuta esecuzione delle prestazioni fatturate, non indicavano GET quale mittente e non risultavano sottoscritte dai destinatari, sicchè doveva escludersi che in base ad esse potesse ritenersi dimostrata l’effettuazione dei trasporti indicati nelle fatture (8^ motivo).

3.2) Per ciò che attiene alla prova sul quantum, il ricorrente deduce, in primo luogo, violazione dell’art. 2697 c.c., osservando che era onere di Cemat di provare di aver effettuato tutti i trasporti dai quali il credito derivava, mentre il giudice del merito si sarebbe limitato a rilevare che la società aveva effettuato "numerosi trasporti", in tal modo esonerandola dalla prova (1^ motivo). Denuncia, in via alternativa, vizio di insufficiente motivazione della sentenza sul punto, avendo il Tribunale omesso di considerare che la creditrice aveva prodotto soltanto 67 richieste di trasporto provenienti da GET (pari a un corrispettivo di Euro 42.545,00) e che pertanto, a fronte del pacifico, già avvenuto, incasso di noli per Euro 230.000,00, nessuna ulteriore somma risultava ad essa dovuta (2^, 10^ ed 11^ motivo). Contesta, infine, sotto il profilo sia della violazione di legge sia del vizio di motivazione, che il preteso riconoscimento del debito proveniente dal liquidatore della GET in bonis potesse costituire, secondo quanto ritenuto dal Tribunale, ulteriore elemento di prova favorevole all’opponente (12^ e 13^ motivo).

I motivi sono in parte infondati ed in parte inammissibili.

Va anzitutto esclusa la violazione dell’art. 2697 c.c., che si configura soltanto quando il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che, secondo il disposto della norma, ne è gravata, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia erroneamente ritenuto che la parte sulla quale l’onere incombe lo abbia assolto, posto che tale errore si risolve in un apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 19604/06). E, nel caso, il Tribunale, lungi dal capovolgere o dall’ignorare il precetto di cui all’art. 2697 c.c., ha affermato che la documentazione allegata agli atti dall’opponente era idonea al raggiungimento della prova dell’an e del quantum dell’intero credito in contestazione, e non certo solo di una parte di esso. L’aggettivo "numerosi", riferito ai trasporti effettuati da Cemat, non può infatti essere interpretato – così come pretenderebbe il Fallimento – come volto ad attestare il positivo accertamento dell’avvenuta effettuazione solo di "alcuni" trasporti, anzichè di tutti quelli ("numerosi" e perciò non conteggiati ad uno ad uno) dedotti in giudizio, tant’è che, subito dopo, il Tribunale ha riconosciuto in Euro 398.873,85 – poi ridotti per compensazione ad Euro 360.595,85 – il credito derivante dal mancato pagamento "dei noli ad essi relativi".

Il giudice del merito, d’altro canto, è pervenuto a tale conclusione in base all’apprezzamento di tutta la documentazione prodotta da Cemat, della quale ha solo esemplificativamente indicato (oltre che il contratto stipulato fra le parti), le richieste di trasporti effettuati in via telematica da GET attraverso i codici di identificazione ad essa attribuiti e l’atto di riconoscimento del debito proveniente dal liquidatore della società poi fallita.

Il Fallimento, pertanto, in ossequio ai principi di specificità e di autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto chiarire perchè, pur se valutati nel loro complesso, i molteplici elementi documentali offerti da Cemat (contratto; fideiussione rilasciata da GET a garanzia del pagamento delle prestazioni eseguite nei primi due mesi di sua vigenza; produzione di tutte le fatture emesse a carico della debitrice, incluse quelle già saldate – per un importo complessivo di oltre 626.000,00 Euro, ben superiore alla somma di Euro 230.000,00 indicata dal ricorrente – con allegato dettaglio dei trasporti in esse elencati, comprensivo del numero di prenotazione della GET e del numero identificativo delle casse mobili trasportate; lettere di vettura attestanti il trasporto di casse col medesimo numero;

estratto autentico dei libri contabili; ordini telematici di GET prodotti a campione) non avrebbero comunque potuto condurre alla decisione adottata, mentre si è limitato a contestare la rilevanza probatoria solo di una parte di essi, tralasciando di considerare che anche nel giudizio civile (nei casi in cui non occorra avvalersi di una prova legale in senso stretto), vige il principio del libero convincimento del giudice, che ben può fondarsi sull’esame globale di tutte le risultanze istruttorie, apprezzate in una visione unitaria, la quale non richiede la discussione di ogni singolo elemento o la confutazione di tutte le contrarie argomentazioni difensive (Cass. nn. 16087/03, 5434/03, nn. 5235/01).

4) Vanno a questo punto esaminati il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, con i quali il Fallimento si duole che il Tribunale abbia ritenuto che i trasporti fossero stati eseguiti in esecuzione di un unico contratto.

Sotto un primo profilo (4^ motivo), il ricorrente deduce vizio di omessa motivazione del provvedimento impugnato, nel quale il giudice non avrebbe indicato le ragioni che lo hanno indotto a pervenire al predetto accertamento.

In subordine (6^ motivo), il Fallimento sostiene che la motivazione sul punto risulterebbe contraddittoria, non potendo affermarsi, così come fatto dal Tribunale, che un unico contratto sia diretto a regolamentare un numero indefinito di singole spedizioni, posto che l’indeterminatezza ab origine delle reciproche prestazioni costituisce elemento qualificante di un contratto – quadro. Infine (5^ motivo), il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1362 c.c., per aver il giudice del merito erroneamente qualificato la scrittura negoziale intercorsa fra le parti contratto di trasporto, in grado di regolamentare un numero indefinito di rapporti, anzichè contratto normativo, volto a disciplinare i futuri ed eventuali trasporti che GET avrebbe commissionato a Cemat.

Neppure questi motivi possono trovare accoglimento.

Va ricordato che, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, l’interpretazione del contratto è tipico accertamento in fatto, affidato in via esclusiva al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica o per vizio di motivazione (da ultimo, fra molte, Cass. nn. 1739/011, 20140/09, 10232/09).

Inoltre, l’interpretazione data dal giudice al contratto, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l’unica o la migliore possibile, ma una fra quelle possibili e plausibili, sicchè la parte non può dolersi, in sede di ricorso per cassazione, che sia stata privilegiata un’interpretazione diversa da quella da essa propugnata.

Pertanto, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente per cassazione che lamenti l’errata interpretazione del contratto non solo deve fare puntuale riferimento ai canoni ermeneutici asseritamene violati, ma, in ossequio ai principi di specificità ed autosufficienza del ricorso, è tenuto altresì a precisare in qual modo il ragionamento del giudice se ne sia discostato.

Analogamente, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente non può limitarsi a criticare la ricostruzione della volontà delle parti operata dal giudice a quo contrapponendovi la propria diversa interpretazione, ma, sempre in ossequio ai principi di specificità ed autosufficienza del ricorso, deve indicare con puntualità quali siano i vizi logici che inficiano il ragionamento del giudice e quali le circostanze decisive che questi ha omesso di valutare.

Alla luce di tali principi, le censure in esame risultano per più versi inammissibili.

Il Fallimento ha infatti denunciato, in via generale, la violazione da parte del Tribunale delle regole di ermeneutica contrattuale, ed in particolare della norma di cui all’art. 1362 c.c., che impone all’interprete di indagare sulla comune intenzione dei contraenti, valutabile dal loro comportamento complessivo, ma non ha in alcun modo indicato gli elementi di fatto e/o i comportamenti, trascurati dal giudice a quo, che sarebbero stati decisivi al fine di pervenire ad una diversa ricostruzione della volontà delle parti.

Ha poi accluso al ricorso una copia fotostatica dei contratto, neppure integralmente leggibile, ma non si è curato di precisare quali fossero le clausole (tralasciate o malamente interpretate dal Tribunale di Genova) che avrebbero dovuto condurre a qualificarlo quale contratto – quadro, che obbligava le parti unicamente alla stipula di futuri ed eventuali contratti di trasporto al prezzo ed alle altre condizioni in esso indicate, nè ha chiarito perchè dovrebbe scorgersi contraddizione nell’affermare che un unico contratto è in grado di regolare un numero indefinito di prestazioni, quasi che, nella pratica, non ricorrano fattispecie negoziali ad esecuzione continuata (anche tipizzate, quale ad es. la somministrazione) con le quali una parte si obbliga a fornire all’altra beni o servizi a richiesta, e secondo i bisogni, di quest’ultima.

5) Con il quindicesimo motivo il Fallimento denuncia vizio di omessa motivazione sull’eccezione di parziale estinzione del credito di Cemat, che questa avrebbe ceduto a terzi.

Anche questo motivo deve essere respinto.

Come riconosciuto dallo stesso ricorrente, Cemat, nella domanda avanzata, ha detratto dall’ammontare delle fatture rimaste insolute crediti ceduti a terzi, per un importo di Euro 50.809,00, previa loro specifica indicazione. Il Tribunale, attraverso l’ammissione al passivo dell’intera somma pretesa, ha preso atto di tale circostanza ed ha implicitamente respinto la tesi difensiva del Fallimento, evidentemente ritenendo che non avesse fornito prova dell’esistenza delle ulteriori cessioni, non distinguibili (quanto all’ammontare, al nominativo dei cessionari ed all’indicazione delle fatture che documentavano i crediti che ne erano oggetto) da quelle già calcolate a deconto dall’opponente.

Ebbene, il Fallimento, nel supporre erroneamente che il giudice del merito, per non incorrere nel vizio di omessa motivazione, sia tenuto all’espresso esame di qualsivoglia assunto delle parti (anche se palesemente infondato o privo di sostegno probatorio), si è limitato a riportare integralmente nel motivo le deduzioni svolte nella comparsa di risposta, laddove aveva affermato che gli "risultava" l’esistenza di ulteriori cessioni. Il ricorrente ha però totalmente omesso di richiamare il contenuto dei documenti allegati a dimostrazione di siffatta affermazione, di per sè formulata in via probabilistica, e, per il vero, non ne ha neppure lamentato l’omesso esame da parte del giudice a quo, nè ha sostenuto che da essi poteva trarsi la prova certa della circostanza dedotta.

La censura, in definitiva, risulta formulata in maniera del tutto generica ed inidonea a far emergere la decisività di eventuali risultanze istruttorie ignorate dal Tribunale che, ove valutate, avrebbero condotto all’accoglimento della tesi difensiva propugnata.

6) Manifestamente infondato è il sedicesimo motivo, con il quale il ricorrente deduce vizio di ultrapetizione del provvedimento impugnato, per aver il giudice ammesso allo stato passivo gli interessi legali maturati sulla sorte capitale sino alla data del Fallimento in assenza di espressa domanda della creditrice, che aveva richiesto il riconoscimento di quelli moratori previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002.

Non può infatti ravvisarsi violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato allorchè il giudice accolga in misura ridotta la domanda formulata dalla parte, posto che nel più sta sempre il meno, e che, pertanto, la richiesta di riconoscimento degli interessi moratori al tasso legale deve ritenersi implicitamente contenuta in quella di attribuzione di tali interessi ad un tasso più elevato.

7) Inammissibile, per le ragioni già illustrate in sede di esame del quindicesimo motivo, è il diciottesimo motivo di ricorso, con il quale il Fallimento denuncia vizio di omessa motivazione sull’eccezione di inadempimento da esso sollevata ai sensi dell’art. 1460 c.c..

Anche in questo caso, infatti, il Fallimento si è limitato a riportare integralmente le proprie allegazioni difensive, ma non ha indicato da quali elementi istruttori, non considerati dal Tribunale, avrebbe dovuto trarsi prova decisiva della sussistenza del diritto di Get in bonis a rifiutare il pagamento.

Va aggiunto che l’eccezione, fondata esclusivamente sul rilievo dell’illegittimo esercizio del diritto di ritenzione da parte di Cemat, risulta volta – più che alla richiesta di accertamento di un inadempimento della società così grave da giustificare il mancato pagamento dei noli – all’affermazione della responsabilità della creditrice in relazione a pretesi danni subiti dalla Get a causa della mancata restituzione delle casse mobili, ovvero all’accoglimento di una domanda, avanzata in via riconvenzionale dal Fallimento, che il Tribunale, con statuizione non censurata nella presente sede, ha dichiarato inammissibile.

7) Con il ventesimo, il ventunesimo ed il ventiduesimo motivo, il Fallimento, denunciando vizi di omessa motivazione (20^ motivo) e di violazione di legge (21^ e 22^ motivo), lamenta che il Tribunale abbia affermato che il credito vantato da Cemat è assistito da privilegio speciale sulle casse mobili sulle quali è stato esercitato il diritto di ritenzione, nonostante esso avesse eccepito che si tratta di beni di proprietà di terzi, non acquisiti alla massa attiva fallimentare.

I motivi vanno dichiarati inammissibili, per difetto d’interesse del Fallimento ad impugnare, sui punti, la decisione.

Va premesso che, secondo quanto affermato da questa Corte (Cass. S.U. n. 16060/01 e, da ultimo, Cass. n. 6849/011 proprio in tema di privilegio ex art. 2761 c.c.), essendo il privilegio accordato dalla legge in considerazione della causa del credito, la quale soltanto costituisce l’elemento essenziale che lo caratterizza, l’eventuale mancanza dei beni oggetto di privilegio speciale è irrilevante nella fase ricognitiva del privilegio stesso, non incidendo nè sulla causa del credito nè sulla qualificazione della prelazione, ma rileva unicamente nella fase attuati va, come impedimento di fatto all’esercizio del privilegio stesso; sicchè la verifica dell’esistenza del bene oggetto del privilegio non è questione da risolvere in sede di accertamento del passivo, ma, attenendo all’ambito dell’accertamento dei limiti di esercitabilità della prelazione, è demandata alla fase del riparto.

Già sotto questo primo profilo appare dunque evidente che le questioni illustrate nei motivi in esame, sebbene dedotte nel giudizio di merito, esulavano dalla cognizione demandata al Tribunale, tenuto unicamente ad accertare l’astratta ricorrenza del privilegio invocato da Cemat, salva l’eventuale, successiva verifica dell’impossibilità per la società di soddisfarsi in concreto, con prelazione, sul ricavato della vendita dei beni, in quanto non acquisiti (quale che ne fosse la ragione) all’attivo del Fallimento della Get.

Il Tribunale ha peraltro rilevato come le casse mobili, essendo oggetto di ritenzione da parte di Cemat, fossero "del tutto acquisibili" all’attivo del Fallimento.

In realtà, trattandosi di mobili non registrati (per i quali vige la presunzione di loro appartenenza al possessore), pacificamente consegnati da Get a Cemat e da quest’ultima (o da altre società, secondo quanto pure asserito dal Fallimento) meramente detenuti, i beni devono ritenersi già compresi nell’attivo fallimentare (ancorchè il curatore abbia omesso di inventariarli), in difetto non solo di accoglimento, ma persino di presentazione, di una domanda di loro rivendica, ai sensi della L. Fall., art. 103, da parte di eventuali terzi proprietari.

Restano dunque incomprensibili le ragioni per le quali il Fallimento, pur in assenza di tale domanda, si ostini ad affermare che si tratta di beni di proprietà della B4Italia s.r.l., affittuaria dell’azienda di GET in bonis.

Tuttavia, proprio nel caso in cui l’allegata circostanza fosse corrispondente al vero, e dovesse pertanto accertarsi che la B4Italia è proprietaria dei beni in questione in virtù di un atto scritto opponibile alla procedura, ci si troverebbe in presenza di un fatto impeditivo della acquisizione dei beni medesimi all’attivo fallimentare: la statuizione del Tribunale attributiva del privilegio risulterebbe perciò inidonea ad arrecare un pregiudizio alla massa dei creditori e, sostanzialmente, inutiliter data, dovendo la Cemat far accertare esclusivamente nei confronti della terza proprietaria il suo diritto ad esercitare ugualmente la prelazione, ai sensi dell’art. 2756 c.c., comma 3. 8) Col venticinquesimo ed il ventisettesimo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2761 e 2769 c.c., nonchè vizio di omessa motivazione, per aver il Tribunale riconosciuto il privilegio nonostante l’eccepita circostanza che le casse mobili trattenute da Cemat erano state oggetto di trasporti già pagati da Get, anzichè di quelli in relazione ai quali la pretesa creditoria era stata azionata.

I motivi sono infondati.

Va innanzitutto rilevato che il giudice del merito, lungi dall’affermare che la circostanza allegata dal Fallimento quale fatto impeditivo del riconoscimento del privilegio, risultava provata, ha reputato superfluo accertarla, in quanto ha ritenuto sufficiente all’ammissione del credito di Cemat con prelazione, sui beni sui quali la società aveva esercitato il diritto di ritenzione, il fatto che tale credito derivasse dall’esecuzione di un unico contratto di trasporto.

La statuizione risulta, d’altro canto, conforme al principio di diritto enunciato da questa Corte (Cass. n. 13905/05), al quale questo collegio ritiene di dover dare continuità, secondo cui l’art. 2761 c.c., nell’accordare il privilegio al vettore, esige soltanto che la causa del credito sia il trasporto e cioè che vi sia un rapporto di connessione tra le cose ed il credito, sì che tale privilegio è esercitabile anche su cose oggetto di un trasporto diverso da quello per cui è sorto il credito se i singoli trasporti costituiscono esecuzione di un unico contratto.

Resta assorbito il ventiquattresimo motivo di ricorso, posto che, una volta affermato il diritto di Cemat ad esercitare la ritenzione anche su beni oggetto di trasporti diversi ed ulteriori rispetto a quelli non pagati, la mera circostanza che la società avesse accettato il pagamento differito dei noli non costituisce elemento, neppure indiziario, dal quale desumere la rinuncia al privilegio.

Il ricorso, in conclusione, va integralmente respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Fallimento ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di Cemat s.p.a., che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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