Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-10-2011) 07-11-2011, n. 40041

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 25.11.10 l’Ufficio del giudice di pace di Spezzano della Sila assolveva I.C. dal reato p. e p. ex art. 633 c.p. perchè il fatto non sussiste.

In realtà, ad onta della formula assolutoria, la motivazione della sentenza escludeva non già l’elemento oggettivo del delitto, bensì quello psicologico, sul presupposto che il prevenuto fosse intimamente convinto di esercitare un proprio diritto di passaggio sulla stradina di proprietà della querelante I.L..

Ricorre il PM presso il Tribunale di Cosenza contro la sentenza, di cui chiede l’annullamento per vizio di motivazione nella parte in cui è stata esclusa la consapevolezza, da parte dell’ I., di invadere l’altrui proprietà, atteso che la sua domanda di reintegra nel possesso della servitù di passaggio sulla stradina di proprietà di I.L. era stata respinta in sede interinale dal Tribunale civile;

il PM ricorrente denuncia altresì il travisamento dei fatti laddove la gravata pronuncia ha ritenuto che all’imputato fosse stato concesso il diritto di passaggio da parte della persona offesa, circostanza radicalmente smentita dall’opposizione che quest’ultima aveva svolto in sede di giudizio di reintegra nel possesso.

Motivi della decisione

1- Sia pure previa correzione ex art. 619 c.p.p., comma 1 (nei sensi appresso chiariti) dell’erronea motivazione resa in punto di diritto dal g.d.p., il ricorso è da rigettarsi perchè infondato.

L’elemento materiale del reato di cui all’art. 633 c.p. è costituito dall’arbitraria invasione di terreni o edifici, mentre quello soggettivo (dolo specifico) consiste nel fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto.

A sua volta il termine "invasione" non va inteso in senso strettamente etimologico di azione tumultuosa e violenta compiuta da più persone e riguardante la totalità del bene, essendo – invece – sufficiente che l’accesso o la penetrazione nel fondo altrui sia effettuato (anche da una sola persona) al fine di immettersi arbitrariamente nel possesso del bene o di trame un qualche profitto.

Proprio muovendo da tale nozione si ha che non ogni turbativa del possesso comporta un’invasione punibile ex art. 633 c.p., ma soltanto quella che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del terreno o dell’edificio da parte del titolare dello ius excludendi, secondo la destinazione economico-sociale del bene o quella specifica impressagli dal dominus (cfr., ex aliis, Cass. n. 38725/2009; Cass. n. 6492/2003).

In altre parole, anche in virtù di un’esegesi costituzionalmente orientata (v. infra), è necessario che l’invasione rivesta un adeguato contenuto di offensività per frequenza e modalità, come questa S.C. ha già avuto modo di statuire (v. Cass. Sez. 2^ n. 42786/2008).

Al contrario, nel caso di specie lo stesso capo di imputazione è ben chiaro nel descrivere solo un passaggio (anche con mezzi meccanici) sulla altrui stradina posto in essere dall’ I.C. il 6.12.04 "alfine di far effettuare lavori edili sul terreno di sua proprietà", quindi per soddisfare un’esigenza contingente.

Ed anche se nel corpo della motivazione sembra che ci si riferisca, nel richiamare la deposizione della parte offesa e di altro teste, a più d’un passaggio – per altro, in presenza di uno stato di interclusione del fondo dell’imputato -, nondimeno si dà chiaramente atto che la sua condotta sarebbe rimasta limitata al tempo strettamente necessario ai summenzionati lavori edili.

Rebus sic stantibus, deve concludersi che all’imputato non era stata ascritta un’azione che, per modalità e/o frequenza, comprimesse l’altrui diritto con quel livello di stabilità che richiede l’invasione arbitraria di terreni o edifici.

La giurisprudenza ha sempre rimarcato che la qualificazione normativa della condotta in termini così pregnanti necessariamente evoca quid pluris rispetto al semplice ingresso arbitrario, p. e p. dall’art. 637 c.p. e, significativamente, solo riguardo a fondi in qualche modo recintati o muniti di stabile riparo.

In breve, il concetto di invasione denota una turbativa riconducibile ad una sorta di "spoglio funzionale" (v., ancora, Cass. Sez. 2^ n. 42786/2008, cit.), idoneo a comprimere, in tutto o in parte, le facoltà di godimento o la destinazione del bene.

Se, quindi, la norma mira ad impedire condotte usurpative che abbiano ad oggetto terreni o edifici, per essere sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 633 c.p. la condotta deve necessariamente presentare connotazioni di rimarchevole lesività, restando altrimenti al di fuori dell’area descritta dal fatto normativamente tipizzato.

Solo in tale prospettiva potrà ritenersi assunto, nel quadro normativo di riferimento, un oggetto giuridico suscettibile di tutela penale, alla stregua dei valori costituzionalmente preservati e nell’ambito di un loro ponderato bilanciamento.

Non a caso, come questa S.C. ha già avuto modo di ricordare (cft.

Cass. Sez. 2^ n. 6492/2003), la stessa giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare il principio secondo il quale l’offensività in astratto deve essere intesa come limite di rango costituzionale alla discrezionalità del legislatore in materia di previsione delle fattispecie penalmente rilevanti e che l’art. 25 Cost. postula un ininterrotto operare del principio di offensività, dal momento dell’astratta predisposizione della norma incriminatrice a quello della sua applicazione concreta da parte del giudice, soltanto al quale compete l’impedire, attraverso un prudente apprezzamento della lesività in concreto, un’arbitraria e illegittima dilatazione della sfera dei fatti da ricondurre al modello legale (v, fra le tante, Corte cost. n. 360/1995, n. 247/1997, n. 263/2000; a proposito della verifica sulla lesività in concreto, v., ancora, le sentenze nn. 519 e 531 del 2000).

Nel caso di specie, già per come è formulato il capo d’accusa – si noti – non emerge un’apprezzabile lesività, tale da giustificare il sommarsi della sanzione penale alla tutela civile.

Le considerazioni che precedono rivestono carattere preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altro discorso concernente il dolo e, quindi, anche in ordine al prospettato travisamento dei fatti, che nell’ottica del ricorso influisce pur sempre sull’elemento soggettivo del reato.

Peraltro, è appena il caso di aggiungere che comunque quest’ultima doglianza si colloca al di fuori dei motivi spendibili mediante ricorso per cassazione, in esso potendosi denunciare solo un eventuale travisamento della prova e non già un travisamento del fatto, che inerisce alla generale ricostruzione della vicenda alla luce delle acquisizioni processuali e che non può dedursi come vizio neppure alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. n. 46 del 2000 (in proposito la giurisprudenza è ormai consolidata: cfr., ex aliis, Cass. Sez. 3^ n. 39729 del 18.6.2009, dep. 12.10.2009, rv. 244623; Cass. n. 15556 del 12.2.2008, dep. 15.4.2008; Cass. n. 39048/2007, dep. 23.10.2007;

Cass. n. 35683 del 10.7.2007, dep. 28.9.2007; Cass. n. 23419 del 23.5.2007, dep. 14.6.2007; Cass. n. 13648 del 3.4.06, dep. 14.4.2006, e altre).

Invero, solo in caso di denunciato travisamento della prova questa Corte Suprema, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti all’unico fine di verificare se il relativo contenuto è stato veicolato o meno, senza distorsioni, all’interno della decisione; per altro, per dedurre un travisamento della prova è necessario che la parte la trascriva integralmente nel ricorso o alleghi in copia il documento in cui essa è consacrata (il che non è avvenuto nel caso di specie), evidenziando l’esatto passaggio in cui si annida il vizio:

diversamente, il ricorso non è autosufficiente (cfr., da ultimo, Cass. Sez. F n. 32362 del 19.8.10, dep. 26.8.10).

Infine, resta incomprensibile – a meno che non si tratti di mero refuso – il richiamo a pretesa violazione degli artt. 595 e 598 c.p. che si legge nel titoletto dei motivi di ricorso, trattandosi di norme che non presentano attinenza alcuna rispetto alla vicenda per cui è processo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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