Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 07-11-2011, n. 40118

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Catania, con ordinanza del 25 novembre 2010, ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di S.M.G., indagato per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, avverso l’ordinanza del 22 ottobre 2010 del GIP del medesimo Tribunale con la quale era stata disposta nei suoi confronti la misura personale della custodia cautelare in carcere.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo dei propri difensori, lamentando, quale unico motivo, una violazione di legge relativa all’omessa notifica ad uno dei due difensori di fiducia dell’avviso di fissazione dell’udienza per il riesame dell’ordinanza di custodia cautelare.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è da rigettare.

2. In fatto, deve notarsi come l’avviso dell’udienza di comparizione risulti inviato all’avvocato Perla, codifensore dell’indagato in uno con l’avvocato Peluso, al FAX n. (OMISSIS) che è sicuramente diverso dal n. (OMISSIS) indicato nella richiesta di riesame depositata alla cancelleria del Tribunale del riesame di Catania.

Tale diversa comunicazione, che ha, però, raggiunto lo scopo il 23 novembre 2010, secondo la cancelleria si è resa necessaria per la mancanza di riscontri positivi al numero indicato e nelle precedenti giornate del 15 e 16 novembre 2010. 3. In diritto, questa volta, si osserva come qualora l’imputato sia assistito da due difensori, l’avviso della data dell’udienza debba essere dato ad entrambi, con la conseguenza che l’omesso avviso ad uno solo dei due difensori dia luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 27 gennaio 2011 n. 22242).

L’affermazione di tale principio parte dalla constatazione che l’art. 96 c.p.p., stabilisca, in una prospettiva limitativa, che l’imputato possa nominare "non più di due difensori", il che, dal contrario punto di vista dell’espansione del diritto, sta a significare che l’imputato (o l’indagato, al quale l’art. 61 c.p.p., estende i diritti propri dell’imputato) abbia diritto di servirsi dell’assistenza di entrambi i difensori, in modo articolato e con reciproca integrazione e tale diritto debba potersi concretizzare in ogni fase processuale e in ogni forma di procedimento in cui sia obbligatorio o si consenta l’intervento del difensore, dovendo considerarsi la nomina di due difensori come la manifestazione della volontà dell’interessato di avvalersi di una duplice difesa, i cui diritti sono salvaguardati solo se entrambi vengano posti in grado di esercitare il loro mandato.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha, poi, avuto modo di affermare, che tra i difensori non deve mancare quel reciproco obbligo di comunicazione, che è aspetto tipico e istituzionale della cooperazione nell’esercizio della difesa (v. Cass. Sez. 4^ 18 settembre 2009 n. 44551 e Sez. 2^ 26 novembre 2010 n. 44363 del 26/11/2010).

Queste affermazioni trovano conforto anche nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha avuto modo di occuparsi del necessario rapporto informativo che deve intercorrere all’interno della posizione difensiva (il caso riguarda i rapporti tra l’imputato e il suo difensore, ma, a maggior ragione, deve ritenersi applicabile analogo principio per quanto riguarda il rapporto tra difensori).

La Corte di Strasburgo pone a carico del difensore uno specifico onere informativo, deplora la mancanza di comunicazione tra l’imputato e i suoi avvocati e conclude che "non si può tuttavia imputare ad uno Stato la responsabilità di tutte le lacune di un avvocato" (Grande Camera, 18/10/2006, Hermi contro Italia; nonchè 28/02/2008, Demebukov contro Bulgaria).

Anche il codice deontologico forense (art. 23, comma 5) prevede, nel caso di difesa congiunta, il dovere del difensore di consultare il codifensore "in ordine ad ogni scelta processuale", quale è certamente la partecipazione all’udienza del giudizio di impugnazione, anche se camerale, "al fine della effettiva condivisione della strategia processuale".

L’esistenza di un collegamento informativo tra difensori costituenti la medesima "parte" deve essere, infatti, apprezzata con riferimento anche a dati normativi di natura deontologica che caratterizzano l’esercizio della professione forense (v. Cass. Sez. 6^ 2 dicembre 2009 n. 66 e 23 febbraio 2010 n. 21454).

L’approccio deontologico nella interpretazione delle norme processuali assume un particolare rilievo nella dimensione di un processo accusatorio; esso riguarda tutti i soggetti processuali e, per quanto concerne il ruolo del difensore, si concentra soprattutto nel dovere di lealtà, non solo oggetto di una disposizione di natura deontologica del codice relativo (art. 5), ma anche sancito in una norma di diritto processuale ( art. 105 c.p.p., comma 4).

Se il processo penale è contraddistinto dalla dialettica delle parti (v. art. 111 Cost., comma 1 e 2) la lealtà del difensore diventa un canone di regolarità della giurisdizione.

Il dovere di lealtà implica, tra l’altro, che una norma processuale non possa essere utilizzata, e, quindi, anche interpretata, per raggiungere finalità diverse da quelle per le quali è stata dettata, con il risultato non solo di tutelare interessi non meritevoli di protezione, ma anche di ledere interessi costituzionalmente protetti.

La stessa Corte costituzionale ha avuto modo di utilizzare il bene costituzionale dell’efficienza del processo quale parametro per censurare la razionalità di norme processuali che consentivano il perseguimento di intenti dilatori (v. sentenze n. 353 del 1996 e n. 10 del 1997).

La lealtà non implica collaborazione con l’autorità giudiziaria per il raggiungimento di uno scopo comune, ma certamente comporta che anche l’attività della difesa debba convergere verso la finalità di un processo di ragionevole durata, poichè si tratta di un risultato il cui perseguimento deve essere a carico di tutti i soggetti processuali, una volta rispettate le insopprimibili garanzie difensive, le quali perdono il loro connotato di garanzie se sono interpretate in modo distorto rispetto alla loro essenza.

Alla luce di quanto dianzi espresso, deve pertanto concordarsi con il Giudice del provvedimento impugnato allorquando, per rigettare l’eccezione procedurale del lamentato mancato avviso dell’udienza camerale, abbia affermato come il numero di Fax utilizzato dalla Cancelleria fosse in ogni caso ed effettivamente in uso all’avvocato Perla e come quest’ultimo avesse addirittura comunicato al codifensore di non poter presenziare all’udienza (v. pagina 3 della motivazione).

4. Il ricorso va, in definitiva, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Devono disporsi, a cura della Cancelleria, gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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