Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 25-08-2011) 07-11-2011, n. 40149

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1-3-2011 la Corte d’Appello di Milano, confermando quella del tribunale della stessa città in data 17-11-2008, affermava la responsabilità di I.T. per i reati di truffa e falso in scrittura privata, in concorso con G.B., commessi tra marzo e maggio 2004, in danno di Go.Ce., legale rappresentante della Stecos di cui la G. era dipendente.

Ricorre il difensore avv. Andrea Tomaselli con due motivi.

1) Erronea interpretazione dell’art. 124 c.p. e illogicità della motivazione, in quanto, nonostante la querela fosse stata presentata il 7-3-2005, mentre la G. era stata licenziata, a seguito della scoperta della sua condotta infedele, il 10-10-2004, la corte d’appello di Milano aveva recepito la motivazione del primo giudice secondo cui la querela era da considerarsi tempestiva avendo la p.o. atteso di venire a conoscenza delle modalità con le quali la dipendente aveva agito, momento che non coincideva, sempre secondo la corte, nè con il licenziamento della donna, nè con il colloquio di Go. con l’imputato il quale aveva ammesso che le somme degli ordinativi bancari non gli erano dovute. Secondo il ricorrente, invece, la p.o. aveva avuto i primi dubbi già nel 2003, e il 29-7- 2004 si era incontrato con I. registrando il colloquio, essendo quindi già in possesso degli elementi necessari alla comprensione dei fatti, poi formalizzati nella querela. Nè del resto le sentenze avevano precisato quali accertamenti successivi Go. avrebbe compiuto, e neppure il dies a quo per il calcolo del termine di presentazione della querela.

2) Erronea applicazione della legge penale e mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’art. 192 c.p.p., comma 3 e art. 533 c.p.p., in quanto la corte milanese, nel merito, si era limitata a condividere e a far propria la motivazione della sentenza di primo grado rilevando che con l’appello erano stati riproposti temi già esaminati dal primo giudice e dichiarati infondati, ma eludendo così l’obbligo di motivazione e non spiegando le ragioni per le quali non era plausibile che I., avendo rapporti di credito sia con la G. – alla quale aveva fatto un prestito-, che con la Stecos, in veste di fornitore, avesse ritenuto, allorchè aveva ricevuto tre rimesse bancarie per novemilacinquecento Euro, di rientrare in possesso della somma prestata, oppure di ricevere il prezzo delle forniture.

Con richiesta di annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Le doglianze avanzate dal ricorrente ripropongono, senza l’aggiunta di nuovi argomenti, questioni già oggetto dei motivi di appello, esaminate e disattese dalla corte territoriale con motivazione logica ed immune da censure, anche attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado, secondo il principio in base al quale la decisione, in caso di doppia conforme, è frutto della combinazione della motivazione della sentenza di primo e di secondo grado, che si integrano a vicenda.

Nella specie il tribunale aveva ineccepibilmente osservato come la complessità della situazione truffaldina, per il rilevante importo di circa due milioni di Euro, abilmente realizzata, anche attraverso la predisposizione di atti falsi, dalla G. – dipendente della società Stecos la cui condanna è divenuta irrevocabile -, esigeva, onde chiarirne i vari aspetti, accertamenti altrettanto complessi, non certo completati allorchè il Go., legale rappresentante della società, aveva licenziato l’impiegata, essendo venuto meno il rapporto fiduciario, e aveva poi convocato il prevenuto, onde registrarne di nascosto le dichiarazioni per acquisire ulteriori elementi. Costituisce infatti consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa corte che il termine per la proposizione della querela decorre dal momento della conoscenza certa dei requisiti del fatto reato (Cass. 11556/2009, 3315/2000), momento non individuabile in quelli di cui sopra, indicati dal ricorrente, costituenti semplici tappe del raggiungimento della conoscenza della dimensione oggettiva e soggettiva del reato (Cass. 22517/2007), Essendo l’onere della prova dell’intempestività della querela a carico di chi l’allega, e dovendo l’incertezza sul punto risolversi in favore del querelante (Cass. 35122/2003), la motivazione delle sentenze di merito si sottrae quindi alle censure di violazione di legge e vizio motivazionale, dedotte con il primo motivo.

Del pari non originale, ma ripetitivo di analoga doglianza già oggetto di adeguata risposta nelle sentenze di primo e secondo grado, è il secondo motivo di ricorso.

L’ipotesi prospettata, secondo cui non poteva escludersi che I. avesse ritenuto plausibile che le tre rimesse bancarie da parte della Stecos per complessivi Euro 9500, costituissero la restituzione della somma da lui prestata alla G. o il pagamento del prezzo di forniture da lui effettuate alla Stecos – esulando quindi il dolo del reato -, è stata infatti già, con ragione, esclusa dal primo giudice, alla cui motivazione si è allineato il secondo, per l’ovvia ragione che, per raggiungere quel risultato, il prevenuto aveva dovuto emettere tre ricevute bancarie false e aveva di poi ammesso, nel colloquio con Go., da questi registrato, di non avere crediti verso la Stecos, ma soltanto verso la G., di modo che l’emissione delle RIBA era un illecito espediente per rientrare nel possesso, in danno del terzo Go., delle somme mutuate alla coimputata.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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