T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 07-12-2011, n. 1707

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16.10.2008 e depositato il 14.11.2008, il cittadino albanese M.A. impugna il decreto della Prefettura di Mantova (emesso in data 27.6.2008 e notificato in data 7.7.2007), che ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana – dal medesimo presentata il 29.12.2006 ai sensi dell’articolo 9 lett. F della legge 91/92 – in quanto privo della continuità di iscrizione anagrafica.

Il ricorrente articola le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 7 della Legge 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

2) Violazione dell’art. 2 comma 2 D.P.R. 362/94 e dell’art. 9 lett. F) L. 91/92. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei fatti e difetto di istruttoria;

3) Motivazione erronea e/o insufficiente, contraddittoria. Irragionevolezza ed illogicità. Violazione dell’art. 9 L. 91/92 dell’art. 2 D.P.R. 12.10.1993 n. 572.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’Interno, contestando il fondamento del gravame e producendo la relazione in data 27.1.2008 della Prefettura di Mantova.

In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno illustrato le loro argomentazioni con memorie.

Alla pubblica udienza del 26.10.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, il cittadino albanese M.A. impugna il decreto della Prefettura di Mantova, in data 27.6.2008, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana – dal medesimo richiesta il 29.12.2006 ai sensi dell’articolo 9 lett. F della legge 91/92 – avendo riscontrato la mancanza della continuità di iscrizione anagrafica.

In particolare il provvedimento prefettizio rileva:

a) " che dal certificato di residenza storico del Comune di Solferino si evince che il… cittadino straniero risulta essere stato iscritto nell’anagrafe della popolazione residente in data 24.2.2000 e cancellato per irreperibilità in data 11.9.2002;"

b) "che, con raccomandata A/R in data 13.8.2007 all’interessato era stato comunicato che lo scrivente ufficio avrebbe provveduto all’adozione di un provvedimento di inammissibilità dell’istanza di cittadinanza di cui trattasi;"

c) "che il signor M.A. non ha fatto pervenire allo scrivente ufficio nessuna osservazione scritta in merito al decreto di inammissibilità in parola;"

d) che risulta "insoddisfatto il requisito previsto dalla normativa richiamata che richiede dieci anni di residenza legale nel territorio dello Stato italiano;".

Il ricorrente svolge tre motivi:

– con il primo contesta il ricevimento della comunicazione di avvio del procedimento, asseritamente inviatagli dalla Prefettura;

– con il secondo sostiene che il decreto impugnato si fonda su un presupposto erroneo, atteso che egli avrebbe risieduto continuativamente per 10 anni sul territorio italiano, come comprovato sia dal rilascio dei permessi di soggiorno dal 1995 sia dalla documentazione allegata relativa allo svolgimento di attività lavorativa prestata in Italia nel periodo considerato;

– con il terzo contesta la sufficienza dell’istruttoria svolta e della motivazione, affermando l’inidoneità del certificato storico come unico strumento per rilevare la presenza continuativa in Italia.

L’Avvocatura dello Stato contesta il fondamento del gravame rilevando che:

1) è esclusivamente alle risultanze anagrafiche che deve farsi riferimento per accertare la sussistenza dei requisiti della durata e della continuatività della residenza, ai fini dell’acquisto della cittadinanza., come chiarito dalla costante giurisprudenza, i criteri indicati dagli artt. 9 e 9bis della L. 91/1992

2) che, ove fosse interesse del ricorrente far accertare nella presente sede il requisito della continuità della residenza, e l’erroneità delle valutazioni a suo tempo operate dal competente Comune, si tratterebbe, di azione:

– inammissibile, in quanto proposta avanti giudice diverso dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria;

– in subordine, tardiva, in quanto proposta in relazione a dichiarazione di irreperibilità risalente a vari anni addietro, ed inammissibile in quanto proposta in difetto dell’impugnazione dei relativi atti.

Il ricorso non è fondato.

In relazione alla lamentata violazione dell’art. 7 della L. n. 241 (primo motivo) va esclusa, per consolidato orientamento della giurisprudenza (cfr. ex multis T.A.R. Toscana, Sez. III, 8 aprile 2011 n. 653), la sussistenza di un onere di comunicazione da parte dell’Amministrazione laddove trattisi, come nella specie, di procedimento instaurato su istanza di parte.

Con riguardo al secondo ed al terzo motivo che, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, vanno svolte le seguenti considerazioni.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dall’art. 9, comma 1, della legge n. 91 del 1992, il quale prescrive che la cittadinanza italiana può essere concessa, tra gli altri, "allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica".

La condizione di "residenza legale", che la norma in esame impone, acquista concretezza attraverso il disposto dell’art. 1, comma 2, lett. a), del D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, ai sensi del quale risulta legalmente residente nel territorio dello Stato "chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle. in materia di iscrizione anagrafica".

Ciò premesso, per configurare il presupposto della "residenza legale ultradecennale" richiesto dall’art. 9 della legge, non è sufficiente il mantenimento di un’interrotta situazione residenziale di fatto, ma è necessario che la stessa sia stata accertata in conformità alla disciplina interna in materia di anagrafe (cfr. TRGA Trento n. 51 e 89 del 2011; TAR Veneto, Sez. III, n. 1544/2008).

In altri termini, la residenza, per potersi considerare "legale", così come prescrive la norma citata, non può prescindere dall’iscrizione anagrafica, la quale rappresenta un requisito richiesto dalla legge, alla cui assenza non è possibile ovviare mediante la produzione di dati ed elementi atti a comprovare aliunde la presenza sul territorio.

D’altra parte, occorre ancora osservare che, per un verso, lo straniero che intende ottenere la concessione della cittadinanza italiana deve anzitutto verificare il possesso attuale ed ininterrotto del requisito della residenza legale e, dunque, dell’iscrizione anagrafica, per altro verso, ove si verifichino dei disguidi o degli errori da parte dell’Amministrazione nelle cancellazioni anagrafiche, l’interessato ha l’onere di attivarsi tempestivamente al fine di ottenere una rettifica dei dati.

In definitiva, il provvedimento di diniego impugnato – fondato sull’interruzione delle iscrizioni anagrafiche del ricorrente durante una parte (circa un mese) del periodo decennale prescritto dall’art. 9 sopra citato – appare correttamente adottato.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi, tenuto conto della natura della controversia, per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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