Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 23-08-2011) 07-11-2011, n. 40141 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Le difese di S.P. e di R.F. propongono ricorso avverso la sentenza con la quale in data 29 settembre 2009 la Corte d’appello di Perugia ha confermato la loro responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

La contestata sottrazione riguarda l’attività di lavoro prestata da R.F., costantemente retribuita nell’arco temporale di riferimento dalla Gubbio ceramica S.p.A., ma di fatto prestata in favore della diversa società Ceramiche dell’Umbria S.p.A. nel periodo 1 settembre 1988 – 30 giugno 1992, attività che si assume costituente reato a seguito del fallimento intervenuto nel 1995 della Gubbio ceramica S.p.A..

Secondo l’analisi di fatto contenuta in sentenza vi è stata un’indebita sottrazione della forza lavoro e, correlativamente, della retribuzione, in favore della Ceramiche dell’Umbria S.p.A., che ha prodotto sottrazione di risorse di rilevante entità a carico del patrimonio della società poi fallita, realizzando un danno ai creditori di questa idoneo ad integrare l’aggravante di cui all’art. 219 legge fallimentare contestato.

Nei separati ricorsi prodotti si formulano analoghi rilievi, che pertanto sono esposti unitariamente.

2. Si eccepisce con il primo motivo violazione o falsa applicazione delle norme incriminatrici applicate, assumendo che la valutazione della congruità dell’utilizzo dei beni sociali da parte di terzi, la cui mancanza ha giustificato la contestazione del reato, va operata ex ante, con riferimento al momento dell’atto dispositivo. Nella specie tale valutazione risulta giustificata in quanto la Gubbio ceramica S.p.A. aveva partecipazione nella Ceramiche dell’Umbria S.p.A. unitamente ad altra società, insieme alla quale era stata costituita una joint-venture, al fine di attivare una modalità produttiva che si riteneva più redditizia.

A fronte di tale decisione vi era stata la congiunta attribuzione da parte delle due società partecipanti di proprie utilità ed in particolare la Gubbio ceramica aveva conferito la forza lavoro di R.F., i cui costi erano rimasti a carico di quest’ultima.

Si lamenta in ricorso l’omessa valutazione da parte del giudice di merito dell’interesse economico complessivo del gruppo di imprese;

della natura parziale del distacco del lavoratore, avendo egli continuato l’attività anche presso la Gubbio ceramica S.p.A.;

dell’interesse a tale attività della società distaccante.

Si osserva inoltre che erroneamente è stata attribuita valenza negativa alla partecipazione dell’odierno ricorrente R. alla deliberazione relativa al suo distacco, senza considerare da un canto, la sua funzione di consigliere di amministrazione nell’ambito della società distaccante, nonchè l’irrilevanza della sua espressione di volontà, posto che la decisione sarebbe stata raggiunta ugualmente con il voto degli altri consiglieri.

Si rileva inoltre che l’istituto del distacco del lavoratore prevede il rimborso delle spese a carico del distaccatario in via solo eventuale, ben potendo il lavoratore essere retribuito dal distaccante, stante l’interesse di questo allo svolgimento dell’attività presso una diversa società e che nel caso concreto era stabilito che tali costi sarebbero stati addebitati in una fase successiva alla nuova società, in quanto attività di lavoro svolta anche nel suo interesse; in ogni caso, una volta venuti meno i presupposti della joint-venture, per la violazione degli accordi da parte dell’altra società facente parte del gruppo della Ceramiche di Umbria, la Gubbio ceramica ha provveduto a richiedere il rimborso dei costi sostenuti, essendo venuti meno gli scopi del distacco, e la ragione stessa dell’accordo.

Del tutto irrilevante, secondo gli esponenti, è poi la circostanza che anche dopo il suo collocamento a riposo presso la Gubbio ceramica, R. avesse continuato a prestare la sua attività per l’altra società. 3. Con il secondo motivo si lamenta erronea applicazione degli artt. 42 e 43 cod. pen., artt. 219 e 223 legge fallimentare, nonchè mancanza o contraddittorietà della motivazione in argomento. Si assume in fatto, ripercorrendo le fasi della vicenda nel suo divenire, che il fallimento della Gubbio ceramica è intervenuto solo nel giugno del 1995, mentre il distacco lavorativo era venuto a cessare nel 1993, arco di tempo nel quale era stata deliberata una consistente ricapitalizzazione della società successivamente fallita.

In tale situazione non si ritiene possibile ravvisare l’elemento psicologico del reato, non potendo prefigurarsi l’agente, anche in relazione alla minima entità degli introiti corrisposti al R., il pericolo per la distrazione di tali beni.

L’aspetto relativo all’accertamento dell’elemento psicologico del reato era stato del tutto trascurato nella sentenza, che sul punto risultava priva di motivazione.

4. Nell’interesse del solo ricorrente R. inoltre si solleva, con terzo motivo, eccezione di violazione di norma processuale penale, lamentando che non era stato concesso l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, pur non essendovi elementi ostativi a tale riconoscimento.

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso sono inammissibili poichè, a fronte di una pretesa mancata motivazione del provvedimento impugnato, di fatto, ignorandone il contenuto, sollecitano un nuovo giudizio di merito, inibito in questa fase.

Come ampiamente si ricava dalla parte espositiva si ripropongono nell’atto introduttivo considerazioni di fatto superate dalle pronunce di merito ove, rispetto alla ricostruzione degli eventi ancora oggi tratteggiata, si contrappone l’assenza di elementi di prova di sostegno, e la presenza, per converso, di elementi di prova che smentiscono la ricostruzione offerta. A fronte di tale analitica ricostruzione e della mancata allegazione nei ricorsi di travisamento delle prove, non può che accertarsi l’inammissibilità dell’impugnazione.

2. Ad analoga conclusione deve pervenirsi per quel che attiene l’eccepito difetto di motivazione riguardo l’elemento psicologico del reato; al di là del richiamo alla natura del dolo del delitto contestato, si osserva che nessuno degli odierni ricorrenti ha proposto un motivo d’appello In argomento, sicchè il preteso difetto di motivazione è insussistente, dovendo l’argomentazione del giudice del gravame svolgersi nel recinto delle contestazioni sollevate alla pronuncia di primo grado; ne consegue che il motivo in esame deve valutarsi inammissibile, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3. Sulla base di tali considerazioni, esclusa la possibilità di pervenire all’assoluzione in fatto di S., deve annullarsi senza rinvio il capo della sentenza impugnata che lo riguarda, per essere il reato estinto per morte dell’imputato sopraggiunta prima dell’accertamento definitivo di responsabilità e documentata sulla base della produzione difensiva.

4. L’inammissibilità attinge anche l’ulteriore motivo di ricorso proposto nell’interesse di R., riguardante la pretesa omessa applicazione dell’indulto poichè non risulta che tale istanza sia stata mai formulata dalla difesa (Sez. 4, Sentenza n. 945 del 26/06/1992, dep. 03/02/1993, imp. Coniglio, Rv. 193004), nè in atto di appello, nè nel corso della discussione di secondo grado, mentre l’applicabilità concreta dell’istituto, riguardando l’esecuzione della pena, potrà essere valutata in quella fase.

5. L’inammissibilità del ricorso, escludendo l’instaurazione di un valido giudizio di impugnazione, non consente di computare utilmente il periodo successivo alla pronuncia d’appello al fine della maturazione del termine prescrizionale, termine che, in ogni caso, ad oggi non risulta maturato, essendo individuabile nel 31 agosto 2011. 6. Per effetto dell’inammissibilità del ricorso proposto da R., lo stesso va condannato al pagamento delle spese del grado, nonchè al versamento della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle Ammende, nella misura ritenuta equa, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di S. P. perchè il reato è estinto per morte dell’Imputato.

Dichiara inammissibile il ricorso di R.F. che condanna al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento alla Cassa delle Ammende di Euro 1.000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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