Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 703 c.p.c. depositato dinanzi al Tribunale di Verbania il 18-1-2007, P.O.R., proprietaria di un’unità immobiliare ad uso di abitazione e di cascina in (OMISSIS), esponeva che per accedere ai suoi immobili a piedi e con veicoli la sua famiglia e, prima, la sua dante causa, avevano sempre utilizzato un passaggio attraverso il terreno censito al mappale 302 del foglio 13 e sull’area di pertinenza del mappale 303 di proprietà di G.V.; che tale passaggio era sempre stato l’unico possibile per raggiungere l’autorimessa con l’automobile; che il 29-9- 2006 la G. aveva infisso una grata in legno sul tracciato su cui si svolgeva il passaggio, impedendo il transito veicolare e rendendo più disagevole quello pedonale. Ciò posto, la ricorrente chiedeva che venisse ordinata l’immediata rimozione della grata, ai fini della propria reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio.
Nel costituirsi, la G. contestava l’esistenza e l’esercizio del diritto di servitù sul mappale 303, negando che il passaggio vantato dalla ricorrente fosse l’unico possibile per accedere all’autorimessa con l’auto, ed affermando che l’accesso era sempre avvenuto attraverso il mappale 310. Nel far presente che il passaggio preteso dalla ricorrente era reso impossibile dagli anni 70 dalla presenza di una strettoia e di uno scalino e di altri ostacoli, sosteneva che, avendo la P. tagliato il sasso che restringeva il passaggio, dal 2003 essa convenuta aveva posto in essere comportamenti oppositivi al transito dell’attrice, quali il parcheggio di un’autovettura. Deduceva, pertanto, che, essendo stata la ricorrente già da allora spogliata del contestato possesso, la stessa era decaduta dalla proposizione dell’azione possessoria.
Con sentenza del 23-10-2007 il Tribunale ordinava alla G. di rimuovere la grata infissa sul tracciato del passaggio pedonale e carraio, reintegrando la P. nel possesso del passaggio.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la G..
Con sentenza depositata il 12-11-2009 la Corte di Appello di Torino rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la G., sulla base di due motivi, successivamente illustrati con una memoria.
La P. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1144, 1066 e 1168 c.c. in ordine alla sussistenza dell’animus possidendi in capo alla P., nonchè la contraddittorietà, illogicità ed insufficienza della motivazione sul punto decisivo e controverso della ricorrenza di una situazione di possesso tutelabile. Sostiene, in particolare, che fino al 2003 il passaggio con le auto sul mappale 303 della G. era impedito per la presenza di un masso, poi tagliato dal marito della P.; e che, successivamente, la ricorrente e il figlio contestarono esplicitamente il passaggio della P. attraverso impedimenti continui, consentendolo solo per un breve periodo e per cortesia. Rileva, pertanto, che non solo non è credibile la tesi della P., secondo cui, dagli anni 70, la stessa sarebbe sempre passata sul sedime di proprietà della G., sia a piedi che in macchina, ma che sarebbe stato onere della stessa P., che assume di essere possessore di quel passaggio, provare gli atti idonei ad integrare un’interversione del possesso. Non essendo stata fornita alcuna prova al riguardo, la Corte di Appello ha fatto erronea applicazione dell’art. 1141 c.c., nel riconoscere in capo alla P. un possesso tutelabile e non, piuttosto, l’esercizio di una detenzione di fatto, esercitata per mera tolleranza della titolare, così come prospettato e provato dalla G..
Il motivo è infondato.
Giova premettere che, in materia di tutela possessoria, il requisito della ultrannalità del possesso condiziona soltanto la proposizione dell’azione di manutenzione, e non è invece necessario per la proposizione dell’azione di reintegra, per la quale è richiesta l’unica condizione della infrannualità dello spoglio (Cass. 5-10- 1985 n. 4820). Correttamente, pertanto, la Corte di Appello ha ritenuto irrilevante l’accertamento delle vicende lontane nel tempo descritte dalla P. al fine di illustrare la situazione possessoria precedente all’asserito spoglio, osservando che, ai fini della decisione, occorre solo verificare se, prima di tale spoglio, il passaggio fosse o meno esercitato con modalità tali da integrare una situazione di possesso.
A tale interrogativo il giudice del gravame ha dato risposta affermativa, dando atto, all’esito di una ponderata ed esauriente valutazione delle risultanze processuali, che dal momento (prima del 2003) in cui il marito della P. ebbe a tagliare il sasso che impediva il transito delle macchine sul fondo della convenuta e fino alta installazione della grata da parte di quest’ultima, l’attrice ha esercitato, non per mera tolleranza della odierna ricorrente, il passaggio con veicoli sul fondo della G., anche se a volte questo veniva ostacolato dalla presenza dell’auto lasciata posteggiata dal figlio della convenuta, che, tuttavia, veniva sempre spostata su sua richiesta.
Le valutazioni espresse al riguardo si sottraggono al sindacato di questa Corte, costituendo espressione di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed essendo sorrette da una motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Giova rammentare che, secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, poichè, a norma dell’art. 1141 c.c., deve presumersi il possesso da parte di colui che eserciti un potere di fatto sulla cosa, spetta a chi contesti il possesso medesimo l’onere di provare che esso derivi da atti di tolleranza, i quali hanno fondamento nello spirito di condiscendenza, nei rapporti di amicizia o di buon vicinato e implicano una previsione di saltuarietà o transitorietà (v. Cass. 23-7-2009 n. 17339; Cass. 17-2-2004 n. 2994; Cass. 25-6- 2004 n. 2994; Cass. 25-3-1997 n. 2598; Cass. 16-10-1995 n. 10771). In particolare, con riferimento ad una fattispecie analoga a quella per cui si controverte nel presente giudizio, è stato rilevato che, in materia di possesso, non è configurabile un atteggiamento di tolleranza del proprietario, che – come tale – esclude una situazione possessoria a favore del terzo, allorchè l’uso del bene da parte di quest’ultimo sia prolungato nel tempo o, avvenendo contro la volontà del proprietario, non possa fondarsi sull’altrui compiacenza (la Corte, nel formulare il principio sopra riportato, ha confermato la decisione dei giudici di appello che – accogliendo l’azione di reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio esercitata per alcuni anni nonostante l’opposizione dei proprietari del fondo servente – avevano ritenuto l’esistenza di una situazione di possesso tutelabile, dovendosi escludere che, per le modalità indicate, l’uso del bene fosse avvenuto per mera tolleranza dei proprietari del fondo servente) (Cass. 24-11-2003 n. 17876).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza di una situazione di mera tolleranza, ponendo in evidenza circostanze di fatto (quali le continue azioni di disturbo poste in essere sin dal 2003 dalla G. e dal figlio, dimostrative di un atteggiamento tutt’altro che consenziente; la mancata deduzione iniziale di un atteggiamento consenziente da parte della convenuta, la quale aveva al contrario parlato della netta opposizione sua e del figlio) che valgono a sorreggere sul piano logico-giuridico il suo convincimento, tenendo anche conto della frequenza e reiterazione nel tempo del passaggio in contestazione (di cui si da atto nella sentenza impugnata), poco compatibili con la pretesa tolleranza della proprietaria del fondo assoggettato al passaggio.
2) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., nonchè vizi di motivazione, in relazione alla ritenuta tempestività dell’azione possessoria proposta dalla P..
Anche tale motivo è privo di fondamento.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’anno utile per l’esperimento dell’azione possessoria, nel caso di turbativa o di spoglio posto in essere con più atti, decorre dal primo di essi quando quelli successivi siano tutti strettamente collegati e connessi, in modo tale da costituire prosecuzione e progressione della stessa attività; quando, invece, ogni atto presenti caratteristiche sue proprie e si presti per la sua concludenza ad essere isolatamente considerato, il termine suddetto decorre dall’ultimo atto (v. fra tante: Cass. 29-10-2003 n. 16239; Cass. 4-8- 1990 n. 7865; Cass. 16-1-1987 n. 282; Cass. 15-2-.1986 n. 901).
Nella specie, la Corte di Appello, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, ha accertato che l’installazione della grata da parte della G. non ha costituito la prosecuzione di uno spoglio precedente, ma ha rappresentato l’unico atto idoneo ad impedire del tutto il passaggio dei veicoli, essendosi in precedenza la convenuta ed il figlio limitati a porre in essere saltuarie azioni di disturbo, che non hanno impedito all’attrice di esercitare il passaggio. Legittimamente, pertanto, il giudice territoriale ha affermato che il termine utile per valutare l’ammissibilità dell’azione possessoria, in relazione all’eccezione di decadenza sollevata dall’appellante, non poteva che decorrere dall’apposizione della grata, costituente l’unico atto spoliativo, senza che in senso contrario potessero assumere rilievo i precedenti atti di disturbo, di natura completamente diversa, posti in essere dalla convenuta.
3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
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