T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 09-12-2011, n. 9680

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 2 novembre 2011 e depositato il successivo 10 novembre, la ricorrente espone di avere acquistato dalla società immobiliare "P. di S.A. & C." l’immobile a destinazione residenziale (già costituito da due fabbricati, uno principale e l’altro accessorio) con antistante corte di pertinenza esclusiva sito nel Comune di Roma come in epigrafe indicato e costituito da:

a) appartamento al piano terra distinto con il numero interno 1 composto da 8,5 vani catastali confinante con scale di pertinenza;

b) appartamento al piano primo distinto con il numero interno 2 cui si accede da una scala di proprietà esclusiva che si diparte dalla corte comune, composto da 5,5 vani catastali e distacchi su corte comune per più lati salvo altri;

c) piccola area urbana pertinenziale di mq. 3 posta sul confine nord ovest del complesso. Confinante con appartamento descritto sub a) e con proprietà Comune di Roma salvo altri.

Espone che sull’immobile la società sua dante causa aveva avviato dei lavori di ristrutturazione chiedendone istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 2, comma 59 della legge n. 662 del 1996 che estendeva quella disciplinata dall’art. 40, comma 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 anche ai trasferimenti di immobili di proprietà comunale.

La società effettuava anche lavori con varie denuncie di inizio attività: a prot. 57404 dell’11 dicembre 2008, a prot. 34801 del 9 luglio 2009, a prot. n. 49441 del 13 ottobre 2009 fino a quando la ricorrente subentrava nella proprietà con compravendita del 10 febbraio 2010.

Divenuta proprietaria l’interessata presentava una DIA in data 30 aprile 2010 a prot. 24700 per l’esecuzione di sondaggi archeologici,intendendo realizzare dei parcheggi pertinenziali per i quali presentava pure la relativa DIA in data 8 giugno 2010 e riceveva il parere preventivo della Soprintendenza comunale in cui si affermava che l’immobile in questione rientrava all’interno del vincolo paesistico Villa Ada istituito con DM. 27 aprile 1954.

Ricevuta tale nota la ricorrente rinunciava formalmente alle DIA precedentemente presentate e chiedeva parere alla Regione, nel mentre la Polizia Municipale procedeva al sequestro dell’immobile pur avendo l’interessata interrotto i lavori. Nel verbale di sequestro si faceva riferimento a due relazioni tecniche del Dipartimento Programmazione, in una delle quali veniva dato come esistente il vincolo e con riferimento al condono vi si affermava che non sarebbe stata dimostrata l’epoca della realizzazione dell’abuso.

Seguivano la determinazione dirigenziale di sospensione dei lavori e quella di demolizione avverso le quali la ricorrente oppone:

1. violazione degli articoli 27, comma 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 14 della Legge regionale Lazio n. 15 del 2008; eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti ed illogicità e contraddittorietà manifeste.

Lamenta che, come constatato nella stessa determinazione di sospensione i lavori non erano in corso da tempo e quindi non vi era nulla da sospendere.

2. Violazione degli articoli 29 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 12 della L.R. Lazio n. 15/2008; eccesso di potere per carenza di istruttoria, errore e falsità dei presupposti, travisamento dei fatti.

Osserva che nella ordinanza di demolizione ella viene indicata sia come proprietaria sia committente dei lavori, mentre non corrisponde alla realtà, in quanto i lavori sono stati realizzati dalla dante causa Società P..

3. Eccesso di potere per errore, confusione e genericità.

Osserva che gli abusi indicati nelle due determinazioni sono individuati in maniera del tutto generica ed indefinita. Nelle determinazioni infatti si fa riferimento in più parti ad accertamenti che l’Amministrazione non avrebbe potuto effettuare quali la modifica delle quote dell’imposta e di colmo e quali l’incremento dell’altezza dei piani derivante o dalla rimozione del pavimento o dalla eventuale eliminazione del vespaio.

4. Violazione dell’art. 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, eccesso di potere per carenza dei presupposti, incompetenza.

Osserva ancora che le contestazioni mosse nei provvedimenti impugnati parrebbero riguardare gli interventi oggetto della domanda di sanatoria presentata in data 15 febbraio 2007 dalla sua dante causa, se non che su detta domanda l’USCE non si è ancora espresso, con la conseguenza che dovrebbe trovare applicazione la sospensione di cui all’art.44 della menzionata legge.

5. Eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti carenza di istruttoria.

L’Amministrazione ha osservato che l’immobile sarebbe situato in area sottoposta a vincolo, mentre il Ministero dei Beni Culturali nel rispondere alla Regione Lazio sull’argomento con nota del 1° giugno 2011ha chiarito in vaia definitiva quale sia l’esatta delimitazione del vincolo che si estende fino al muro di cinta di Villa Ada, non interessando il manufatto in questione.

6. eccesso di potere per sviamento.

Insiste nelle su riportate doglianze.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso, con riserva di presentare motivi aggiunti.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio con compiuta memoria, contestando tutte le censure e rassegnando conclusioni opposte a quelle della ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata avvertitene all’uopo le parti costituite.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato come di seguito verrà precisato.

Con esso la ricorrente impugna la determinazione di sospensione dei lavori e quella di demolizione di opere riguardanti un preesistente immobile situato in Via Panama in Roma già di appartenenza ad una società immobiliare che lo ha acquistato dal Comune di Roma per effetto di un’asta pubblica.

2. In via preliminare va esaminata l’eccezione di carenza di interesse proposta dalla resistente amministrazione comunale per non avere la ricorrente impugnato la precedente ingiunzione di demolizione n. 1358 del 21 luglio 2008.

L’eccezione va respinta atteso che, come rappresentato nella compiuta cronistoria recata nelle premesse della memoria di costituzione dell’Ente l’ingiunzione sarebbe stata eseguita dalla società dante causa dell’interessata, quando era ancora proprietaria del bene, sicché ora non avrebbe alcun interesse a dolersi avverso un atto i cui effetti si sono esauriti.

3. Il gravame va accolto soltanto con riferimento alla dedotta pendenza della domanda di condono presentata dalla Società "P." in data 15 febbraio 2007, avverso la quale peraltro il Comune obietta che l’art. 40 della legge n. 47 del 1985 consente la proposizione di tale domanda soltanto nei casi in cui il bene sia acquisito a seguito di aste pubbliche in esecuzione di procedure coattive e non nel caso in cui venga acquistato in aste pubbliche bandite in occasione di procedimenti di dismissione del patrimonio pubblico.

L’aspetto della controdeduzione non può essere condiviso.

Risulta, infatti, dalla produzione documentale dell’analogo ricorso proposto avverso gli stessi provvedimenti dalla società "P.", in discussione all’odierna Camera di consiglio, che il bando relativo all’asta pubblica per la dismissione del patrimonio immobiliare comunale del 21 ottobre 2005 prevedeva, all’art. 4, la possibilità per i partecipanti di presentare domanda di condono ai sensi dell’art. 40 della L. n. 47 del 1985, siccome esteso anche ai casi di dismissione del patrimonio immobiliare comunale dall’art. 2, comma 59 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e per come previsto dall’art. 3 del d.l. 25 settembre 2001 n. 351 conv. da L. 23 novembre 2001, n. 410.

Ciò contestato e dunque pendendo la ridetta domanda, in base alla giurisprudenza elaborata in occasione dei condoni di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, alla legge 23 dicembre 1994, n. 724 ed al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 "la richiesta di sanatoria impone all’amministrazione di valutare la condonabilità o meno dell’abuso commesso e, si aggiunga, di concludere il procedimento avviato, seppure ad istanza di parte, prima di adottare provvedimenti sanzionatori" (TAR Lazio, sezione I quater, 3 agosto 2010, n. 29669 e la giurisprudenza in essa citata: T.A.R. Lazio Roma, sez. I quater, 11 settembre 2009, n. 8578 e 2 ottobre 2009, n. 9540 riprese anche da TAR Puglia, Lecce, sezione III, 12 febbraio 2010, n. 553).

L’accoglimento del ricorso sotto un profilo che comporta la riedizione del potere dell’amministrazione in ordine alla disposta demolizione dopo essersi pronunciata sulla domanda del 15 febbraio 2007 rende superflua la disamina di tutte le altre censure come in narrativa esposte.

Per le superiori considerazioni il ricorso va pertanto accolto come sopra precisato e per l’effetto vanno annullate le determinazioni di Roma Capitale a prot. n. 1651 del 28 luglio 2011 e a prot. n. 1842 del 5 settembre 2011, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione in ordine alla domanda di condono in data 15 febbraio 2007.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, in vista della soccombenza solo parziale del Comune.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come in motivazione indicato e per l’effetto annulla le determinazioni di Roma Capitale a prot. n. 1651 del 28 luglio 2011 e a prot. n. 1842 del 5 settembre 2011, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione in ordine alla domanda di condono in data 15 febbraio 2007.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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