Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-07-2011) 07-11-2011, n. 40091

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G. propone ricorso contro la sentenza del 7 ottobre 2010 con la quale la Corte d’appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Gela il 5 febbraio 2009, condannava l’imputato al pagamento in favore di D.D. C. della somma di Euro 20.000 a titolo di provvisionale da imputarsi sulla liquidazione definitiva del danno.

Nel ricorso vengono evidenziati tre motivi:

1. manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 420 ter c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. c). Sotto questo profilo viene ribadita l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione delle suddette norme in quanto il giudice di primo grado aveva rigettato l’istanza di rinvio, formulata per l’udienza dell’8 novembre 2007, per impedimento del difensore dell’imputato.

2. Violazione dell’art. 191 c.p.p. in relazione all’art. 198 c.p.p., comma 2 e art. 63 c.p.p., nonchè contraddittorietà, illogicità e-o apparenza di motivazione; per questo motivo viene eccepita la inutilizzabilità delle dichiarazioni asseritamente autoaccusatorie (nella parte in cui ha affermato di avere fatto uso dell’arma) del coimputato P.;

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 585 c.p. nonchè illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’esimente di cui all’art. 45 c.p.; secondo il ricorrente il colpo che ha colpito all’occhio il D.D. partì accidentalmente ed era imprevedibile che l’uso di un giocattolo potesse cagionare una lesione gravissima come la perdita della vista.

Per questo motivo il ricorrente chiede la derubricazione del reato a quello di cui all’art. 590 c.p..

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 420 ter c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. c), ribadendo l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione delle suddette norme, in quanto il giudice di primo grado aveva rigettato l’istanza di rinvio formulata per l’udienza dell’8 novembre 2007, per impedimento del difensore dell’imputato. Il motivo è infondato; la Corte d’appello ha specificamente e correttamente motivato in ordine all’inesistenza della lesione del contraddittorio e del diritto di difesa, in quanto a quell’udienza non è stata svolta alcuna attività processuale, essendo stata rilevata la nullità del decreto di citazione a giudizio per il coimputato, con conseguente rinvio preliminare del dibattimento (1. Trattasi di affermazione tutt’altro che contraddittoria, essendo essa riferibile all’odierno ricorrente, mentre a nulla rileva che vi sia stata attività processuale per qualcun altro degli imputati. Per il M. l’effetto fu comunque eguale a quello che avrebbe ottenuto con il rinvio dell’udienza per impedimento del suo difensore, come richiesto).

Alla successiva udienza il procedimento è stato nuovamente rinviato in accoglimento della richiesta del difensore dell’odierno imputato, mentre all’udienza del 17 gennaio 2008, alla presenza del difensore di fiducia dell’odierno ricorrente, che nulla eccepiva, veniva aperto il dibattimento. La Corte d’appello ha anche dato atto che per tutte le suddette udienze risulta essere stata disposta la traduzione dell’imputato, il quale ha sempre fatto pervenire dichiarazione di rinunzia. Le affermazioni della Corte d’appello sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte e devono pertanto essere confermate (si vedano in proposito le sentenze richiamate alla pagina sei della sentenza impugnata).

Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 191 c.p.p. in relazione all’art. 198 c.p.p., comma 2 e art. 63 c.p.p., nonchè contraddittorietà, illogicità e-o apparenza di motivazione; con questo motivo viene eccepita la inutilizzabilità delle dichiarazioni asseritamente autoaccusatorie (nella parte in cui ha affermato di avere fatto uso dell’arma) del coimputato P.. Anche questo motivo è infondato, oltre che generico; il P. non ha reso alcuna dichiarazione auto accusatoria, non essendo tale quella di avere utilizzato l’arma giocattolo nel momento in cui questa veniva diretta contro le angurie e non contro le persone.

Inoltre, versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 63, comma 1, le dichiarazioni del P. sarebbero comunque inutilizzabili solamente nei suoi confronti e non invece per sostenere l’accusa dell’odierno imputato. Anche su questo punto, comunque, la Corte ha motivato in modo specifico alla pagina 10 della sentenza impugnata.

Viene dedotta, infine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 585 c.p., nonchè illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione alla mancata applicazione dell’esimente di cui all’art. 45 c.p.; secondo il ricorrente il colpo che ha colpito all’occhio il D.D. partì accidentalmente ed era imprevedibile che l’uso di un giocattolo potesse cagionare una lesione gravissima come la perdita della vista. Per questo motivo il ricorrente chiede la derubricazione del reato a quello di cui all’art. 590 c.p.. Anche quest’ultimo motivo di censura non può essere accolto, essendo relativo a questioni di merito ed alla ricostruzione del fatto, correttamente effettuata dai giudici nisseni, i quali hanno dato ampia e coerente motivazione (cfr. pag. 11 della sentenza) in ordine alla volontarietà del fatto da parte dell’imputato.

Si deve infine rilevare come il ricorrente sollevi in questa sede le stesse questioni già addotte con l’atto di appello, sulle quali la Corte di appello di Caltanissetta ha già specificamente risposto.

Orbene, come questa Corte ha già avuto modo più volte di affermare, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (in termini, Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 – ud. 15/12/1992 – RV. 193046). Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del proprio convincimento, dovendosi anche tener conto che le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (Cassazione penale, sez. 2, 15 maggio 2008, n. 19947).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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