Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-07-2011) 07-11-2011, n. 40090

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.E., imputato dei reati di cui agli artt. 594, 612, 635 e 582 c.p., è stato ritenuto penalmente responsabile e condannato alla pena di Euro 2.500,00 di multa dal Giudice di pace di Roma; il tribunale della medesima città, in funzione di giudice di appello, ha confermato integralmente la sentenza , contro la quale propone oggi ricorso lo S..

Con un unico motivo di ricorso, articolato in tre censure, deduce:

1. Mancanza di motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa ed all’esistenza di riscontri;

2. violazione degli artt. 594 e 612 c.p. per mancanza di motivazione in ordine agli elementi essenziali dei reati in questione, con particolare riferimento alla lesione al decoro ed all’onore, nonchè all’ingiustizia del danno minacciato.

3. Mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato e assolutamente generico; inoltre, si deve rilevare come il ricorrente sollevi le stesse questioni già addotte con l’atto di appello, sulle quali il tribunale di Roma ha già specificamente risposto.

Orbene, nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il seguente principio di diritto: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (in termini, Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 – ud. 15/12/1992 – RV. 193046). Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del proprio convincimento, in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati contestati ed alla credibilità della persona offesa, corroborata dal riscontro costituito dal certificato del pronto soccorso; le argomentazioni del tribunale non risultano, dunque, in alcun modo scalfite dalle generiche e ripetitive doglianze del ricorrente (cfr.

Cassazione penale, sez. 4, 08/11/2007, n. 47170, CED rv 238354).

Peraltro, con riferimento alla deposizione della persona offesa, questa Corte ha già più volte affermato, (tra le più recenti si veda Cassazione penale 02 settembre 2010 n. 38601), che in tema di valutazione probatoria la deposizione della persona offesa dal reato, anche se quest’ultima non è equiparabile al testimone estraneo, può tuttavia essere, anche da sola e senza necessità di riscontri esterni, assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta ad un’accurata indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa. Tale indagine risulta effettuata dal giudice del merito, nonchè correttamente motivata. Infine, si deve rilevare che sono infondate le censure relative alla motivazione, dato che le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (Cassazione penale, sez. 2, 15 maggio 2008, n. 19947) e che dall’esame congiunto dei due provvedimenti emerge una motivazione logica, coerente e più che sufficiente a sostenere il verdetto di condanna.

All’inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p., nonchè la condanna al rimborso delle spese di parte civile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende, oltre al ristoro delle spese processuali sostenute dalla parte civile e liquidate in Euro 1.500,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *