Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7382

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Svolgimento del processo

La CTR del Piemonte, con sentenza n. 48/30/09, depositata il 13.7.2009, confermando la decisione della CTP di Alessandria, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Società Interporto di Arquata Scrivia Magazzini Generali Terminal Containers S.p.A. avverso l’avviso d’accertamento ICI relativo all’anno 2005, ritenendo: 1) motivato l’atto impositivo, che conteneva la data e l’importo delle due rate dovute; 2) infondata la richiesta della contribuente di godere degli effetti del ravvedimento operoso, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, per esser stato pagato un importo pari al primo acconto, in epoca successiva allo spirare del termine per il versamento del saldo.

Per la cassazione di tale sentenza, che ha escluso la sussistenza della dedotta ultrapetizione, ha proposto ricorso la contribuente con quattro motivi. Il Comune di Arquata Scrivia non ha depositato difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta che la CTR ha ritenuto l’avviso di liquidazione adeguatamente motivato, nonostante non fossero riportati nè il calcolo dell’imposta, della sanzione e degli interessi, nè le ulteriori indicazioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2. Col secondo motivo, la contribuente denuncia la falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 13, per avere la CTR ritenuto non valido il ravvedimento operoso, da lei effettuato in relazione al rata d’acconto del 2005 in ragione del mancato versamento della rata di saldo, la cui omissione non le era mai stata contestata. Così operando, prosegue la ricorrente, i giudici d’appello hanno erroneamente ritenuto preclusa la sanatoria di un solo rateo (d’acconto o di saldo), e subordinato la validità del ravvedimento in relazione a tutte le scadenze dell’anno solare. Col terzo motivo la contribuente denuncia la violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., in cui è incorsa la CTR nel condannarla al pagamento del saldo dell’ICI del 2005, che non costituiva oggetto dell’accertamento impugnato, come poteva constatarsi nell’avviso di liquidazione impugnato. Con il quarto motivo, la ricorrente deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 33, 34 e 35, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, afferma che l’impugnata sentenza attesta che l’udienza si era svolta con la partecipazione del suo difensore, quando ciò non corrispondeva al vero, e non era stata nè presentata istanza di discussione in pubblica udienza nè ricevuta notifica in tal senso, con conseguente "grave lesione del (suo) diritto alla difesa". Qualora l’erronea attestazione della sua presenza a detta udienza, prosegue la ricorrente, "non sia riconducibile a mero errore si formula espressa riserva per la presentazione della querela di falso".

Il quarto motivo, che va esaminato con priorità – comportando, ove fondato, la nullità dell’udienza di discussione e della sentenza che è stata emessa – è inammissibile. La ricorrente sostiene, infatti, che l’assunto, riportato in sentenza, secondo cui sarebbe stata presente in udienza, insistendo nelle pregresse conclusioni, può costituire o un falso o un mero error calami. La stessa prospettazione delle due opzioni, da parte della contribuente, che, così, ammette di non averle neppure verificate (mediante visione del processo verbale dell’udienza, ove esistente, o, richiesta di un’attestazione da parte della cancelleria della CTR), facendo generica riserva di proposizione di querela di falso, rende evidente il difetto di autosufficienza del motivo, tenuto conto del principio, secondo cui l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di Cassazione nel caso, qui ricorrente, di deduzione di un error in procedendo, non esonera la parte dal riportare, in seno al ricorso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare nei suoi termini esatti, e non genericamente, nè tanto meno in modo esplorativo – come nella specie in cui la violazione del diritto di difesa è addirittura prospettata in modo eventuale – il vizio processuale, in modo da consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (Cass. n. 23420 del 2011; 20405 del 2006). Anche il primo motivo è inammissibile.

Premesso che l’enunciazione del vizio di motivazione, ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), contenuta nella rubrica del motivo, con cui è, invece, dedotta la violazione di legge, per difetto di motivazione dell’avviso d’accertamento ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), non è vincolante, dovendo la censura qualificarsi, sotto il profilo giuridico, dal contenuto delle ragioni esposte (cfr. Cass. n. 7981 del 2007; n. 7882 del 2006), va osservato che la sentenza riporta, testualmente, che "il Comune sanzionava il tardivo pagamento dell’imposta per l’anno 2005 ed il mancato pagamento del saldo". La diversa affermazione della ricorrente, secondo cui l’atto impositivo avrebbe riguardato il solo acconto, avrebbe dovuto esser supportata mediante la trascrizione dell’avviso impugnato, onde consentire alla Corte, che non può accedere agli atti di causa, di poter acquisire la conoscenza dei dati fattuali indispensabili per la decisione, non essendo, all’uopo, sufficiente il complessivo richiamo, contenuto a chiusura della parte dedicata allo svolgimento del processo, a tutte le "argomentazioni, eccezioni, questioni e richieste" avanzate nel corso dei due gradi di merito, e l’inciso, totalmente generico, secondo cui "tali documenti di parte sono da considerarsi qui integralmente trascritti". I profili con cui si deduce che "l’avviso di liquidazione è privo dell’indicazione del responsabile del procedimento, dell’Ufficio cui chiedere delucidazioni ed indica erroneamente che il ricorso deve essere presentato all’Ufficio Tecnico Erariale anzichè alla commissione Tributaria Provinciale", di cui l’impugnata sentenza non tratta, sono inammissibili per la loro novità. I motivi secondo e terzo, che presuppongono, entrambi, che l’avviso di liquidazione sia relativo al solo acconto ICI del 2005, e che la contestazione circa il mancato pagamento del saldo sia stata effettuata in corso di causa risultano, in conseguenza assorbiti.

Il ricorso va, in conclusione, respinto. Non va statuito sulle spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva, da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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