Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7376 ICI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’ICI 2004 in conseguenza dell’attribuita natura di area edificabile al terreno di proprietà del contribuente al quale era stato precedentemente notificato l’atto prodromico di nuovo classamento urbanistico.

La Commissione adita accoglieva parzialmente il ricorso determinando l’aliquota ICI nel 4 per mille (rispetto a quella del 7 per mille applicata dal Comune) e la natura agricola del terreno. Avverso tale sentenza proponevano appello tanto il Comune, in via principale, quanto il contribuente, in via incidentale: ma entrambe le impugnazioni erano respinte con la sentenza in epigrafe, che il Comune impugna con ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Resiste il contribuente con controricorso, proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale con tre motivi. La contribuente non si è costituita, ma la notifica dell’impugnazione deve ritenersi eseguita validamente stante il rifiuto del domiciliatario di ricevere l’atto e il ritiro di quest’ultimo da parte della contribuente personalmente nell’ufficio postale ove era stato depositato.

MOTIVAZIONE

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale, il Comune lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il motivo d’appello con il quale si addebitava al giudice di prime cure di aver pronunciato oltre la domanda proposta dal contribuente determinando l’aliquota nel 4 per mille in luogo di quella del 7 per mille deliberata dal Comune. Il giudice d’appello erroneamente ha respinto tale motivo di censura dichiarando che il giudice di primo grado ha pronunciato sul punto ope legis, non tenendo conto che il contribuente non aveva sollevato con il ricorso originario (bensì solo tardivamente con successiva memoria) un’eccezione di nullità della delibera comunale di determinazione dell’aliquota per essere stata quest’ultima adottata oltre il termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 6.

Il motivo è fondato. La sentenza impugnata espressamente dichiara che la decisione di disapplicazione della delibera comunale sulla determinazione dell’aliquota del 7 per mille del giudice di primo grado è stata adottata "ope legis e non già in relazione ad una specifica domanda del contribuente peraltro formulata con memoria difensiva". Questa Corte ha ritenuto che, alla luce di quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, u.c., debba "escludersi che sussista in capo al giudice tributario un generale potere di disapplicazione degli atti presupposti, assolutamente prescindente dai motivi di impugnazione dedotti in relazione all’atto" che quegli atti presuppone (Cass. n. 15285 del 2008, in motivazione). Nel caso di specie emerge per tabulas che il contribuente non aveva posto tra i motivi di impugnazione dell’atto impositivo l’eccezione di nullità della determinazione dell’aliquota perchè adottata fuori termine, sicchè non poteva il giudice tributario ex officio pronunciarsi in merito disapplicando la delibera comunale.

Con il secondo motivo del ricorso principale, il Comune denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, comma 1, L. n. 448 del 1998, art. 31, comma 1, L. n. 488 del 1999, art. 30, comma 14, L. n. 448 del 2001, art. 27, comma 8, D.M. 23 dicembre 2003, art. 1, D.L. n. 80 del 2004, art. 1, comma 1 (conv. con L. n. 140 del 2004), nonchè vizio di motivazione. Il ricorrente osserva che il giudice di merito non ha tenuto conto che il termine per l’adozione della delibera di approvazione dell’aliquota, originariamente fissa al 31 ottobre di ogni anno, era stato successivamente differito, fino a farlo coincidere con la data di approvazione del bilancio dell’ente locale: per quanto riguarda il 2004, anno cui riferisce l’imposta contestata nella controversia, il termine di approvazione del bilancio era stato differito dapprima al 31 marzo 2004 ( D.M. 23 dicembre 2003, art. 1) e poi al 31 maggio 2004 ( D.L. n. 80 del 2004, art. 1, comma 1). Sicchè la delibera con la quale era stata determinata nel 7 per mille l’aliquota ICI, essendo stata adottata il 1 marzo 2004, era tempestiva e, quindi, legittima.

Il contrario avviso è motivato dal giudice del merito con il ritenere che la L. n. 448 del 2001, art. 27, comma 8, avrebbe si allungato il termine per l’adozione della delibera, "ma spostandone la decorrenza della entrata in vigore dal 1 gennaio dell’anno di riferimento della avvenuta approvazione limitatamente ai regolamenti sulle entrate".

Il motivo è fondato. Il giudice del merito non ha tenuto conto che nel caso di specie la delibera relativa alla determinazione dell’aliquota è stata adottata "nel" termine previsto per l’approvazione del bilancio di previsione (alla luce dei differimenti disposti al D.M. 23 dicembre 2003, art. 1, e del D.L. n. 80 del 2004, art. 1, comma 1): sicchè ne è indubitabile la legittimità.

Con il terzo motivo del ricorso principale, il Comune censura la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge ( D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2) e del vizio di motivazione, sul punto relativo al mutamento di destinazione dell’area di proprietà del contribuente da agricola ad edificabile secondo le disposizioni del Piano Regolatore Generale e della retroattività della relativa delibera in ritenuta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 2, comma 2.

Il motivo è fondato sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: "In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi; nè rileva, quando non risulti in concreto pregiudicata la difesa del contribuente, che l’Amministrazione, in violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 31, comma 20, non abbia dato comunicazione a proprietario dell’attribuzione della natura di area fabbricabile ad un terreno, non essendo specificamente sanzionata l’inosservanza" (Cass. n. 15558 del 2009). In proposito questa Corte ha anche precisato che "e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 53, 97, 102 e 111 Cost., del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. con modifiche in L. n. 248 del 2005, nella parte in cui fornisce l’interpretazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. h), disponendo che, a fini ICI, un’area è da considerarsi comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo, in quanto tale disposizione è stata sostituita dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. in L. n. 248 del 2006, con effetto ex tunc, con la conseguenza che è quest’ultima norma l’unica applicabile nei giudizi in materia di individuazione della base imponibile ai fini ICI delle aree edificabile (Case. n. 12825 del 2010; ai tratta di una posizione che trova fondamento nella ordinanza n. 266 del 2008 della Corte costituzionale che ha affermato come l’unica norma applicabile in materia, sia il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, il quale può, peraltro, ritenersi costituzionalmente conforme in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nonchè ai principi di ragionevolezza, razionalità e non contraddizione).

Non si pone, quindi, alcuno dei problemi di retroattività dei quali discute la sentenza impugnata, in quanto normativamente ex tunc, ai fini ICI (così come ai fini dell’imposta di registro e delle imposte sui redditi), "un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo" ( D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2).

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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