Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-06-2011) 07-11-2011, n. 40101

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 25-11-2010 il Tribunale di Catania – Sez. Riesame confermava l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso detto Tribunale in data 22-10-2010,nei confronti di C. R., indagato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., nella qualità di aderente all’associazione mafiosa denominata "Cosa Nostra", nel gruppo operante nel territorio di (OMISSIS).

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso il difensore deducendo:

1- la violazione degli artt. 273-274 c.p.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

A riguardo evidenziava che l’ordinanza risultava viziata da motivazione lacunosa, nonchè contraddittoria circa il ruolo attribuito all’indagato, rilevando che si erano considerate inattendibili le dichiarazioni accusatorie rese dal predetto C. a carico di altri, e diversamente erano state considerate valide le dichiarazioni autoaccusatorie rese dal medesimo indagatoli difensore ipotizzava peraltro che – in assenza di validi indizi – la condotta estorsiva avrebbe potuto essere considerata come manifestazione di autonoma condotta illecita del C., e non come espressione delle attività svolte in ambito associativo.

2 – Infine il ricorrente censurava il giudizio di pericolosità e la valutazione delle esigenze cautelari, rilevando che non ne risultava imostrata l’attualità, onde concludeva chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

– I motivi sono privi di fondamento.

Invero il Tribunale ha correttamente valutato la posizione dell’odierno ricorrente, evidenziandone il coinvolgimento nelle attività di un particolare gruppo mafioso, dedito alle estorsioni in un determinato territorio, fatto che – oggettivamente non risulta oggetto di negazione di addebiti, secondo quanto è dato desumere dal testo del provvedimento.

D’altra parte resta incensurabile, perchè legittimamente effettuata la valutazione delle dichiarazioni rese dal predetto indagato, essendosi legittimamente scisse le dichiarazioni autoaccusatorie da quelle costituenti chiamate in correità o in reità per avere il Collegio rilevato che il comportamento del prevenuto era caratterizzato da una originaria volontà di collaborare, alla quale aveva fatto seguito condotta illecita (minacce nei confronti di chi aveva una obbligazione di pagamento) tale da far revocare l’ammissione del prevenuto al programma di protezione.

A riguardo va rilevato, infatti, che la giurisprudenza di legittimità non preclude l’utilizzazione delle dichiarazioni in modo da scindere il contenuto di quelle ritenute attendibili, e nella specie, tale distinzione resta giustificata da congrua e logica motivazione.

Quanto alle esigenze cautelari; esse sono presunte in virtù dell’art. 275 c.p.p., comma 3 (v. Cass. Sez 1-25-5-1992, Coluccia) dato il titolo di reato.

Conseguentemente la Corte deve ritenere legittima l’applicazione della più rigorosa misura cautelare rilevando peraltro la inammissibilità di deduzioni difensive tendenti alla diversa interpretazione degli elementi indiziari, stante l’esauriente e congrua motivazione resa dai giudici del riesame, sottolinenando che non è suscettibile di censure il giudizio nel merito degli indizi adeguatamente rappresentati, essendo rilevanti, in sede di legittimità, vizi dei provvedimenti di riesame che si traducano in violazione di specifiche disposizioni normative, ovvero nella mancanza o assoluta illogicità della motivazione. (v. sul punto Cass. Sez. 5^ del 25 febbraio 2003,n. 9008, ed altre conformi sub art. 606 c.p.p.).

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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