T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 09-12-2011, n. 9641

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la determinazione dirigenziale n. 1307 del 29.07.2004 il Direttore del dipartimento IX, 5^ U.O., del Comune di Roma, ha disposto la revoca dell’autorizzazione n. 193/2002, rilasciata dal medesimo comune, per la realizzazione di un traliccio metallico per ponti radio, in Roma, via Tiburtina n. 1361.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto:

1). Violazione art. 1, 6, lett. a), p.to 15, L. 249/97 e artt. 1, 3 e 4 DM 10.9.1998 n. 381; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;

2). Violazione L. 36/2001 e DPCM 8.7.2003, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;

3). Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà e illogicità manifeste; incompetenza, violazione artt. 4, 1, lett. a) ed e) 14, 1, e 15, 4 e 5 comma, L. 36/2001 e artt. 3, 4 5 e 6 DPCM 8.7.2003;

4). Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;

5). Violazione artt. 14 e 15 L. 36/2001, violazione del principio di legalità e tassatività dei provvedimenti amministrativi;

6). Eccesso di potere per illogicità manifesta.

Con ord. n. 5393/2004 è stata accolta la domanda cautelare.

Il presente ricorso è infondato e deve essere respinto.

In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.

La legge 31 luglio 1997, n. 249, all’art. 1, comma 6, lett. a) n. 15, dispone che il Ministero dell’ambiente, d’intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l’Istituto superiore di sanità (I.S.S.) e l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (A.N.P.A.), fissa i valori limite di esposizione della popolazione e dei lavoratori (non professionalmente esposti) ai campi elettromagnetici emessi dai sistemi fissi radiotelevisivi e delle comunicazioni.

In secondo luogo, il D.M. n. 381/1998, regolamento emanato in attuazione dell’art.1, 6, lett. a), della L. 249/1997, ha affidato al Ministero dell’Ambiente, d’intesa con quelli della Sanità e delle Comunicazioni, sentiti l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia nazionale per la protezione dell’Ambiente, la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.

L’art.3 dello stesso D.M. 381/1998 ha fissato i limiti massimi di esposizione della popolazione ai CEM (campi elettromagnetici), stabilendo il valore di 20V/m per l’esercizio di sistemi fissi di telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compreso tra i 100 Khz e 3000 Ghz.

L’art.4 del citato Regolamento interministeriale ha dettato ulteriori valori di cautela "in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore", riducendo il suindicato valore di 20V/m al valore di 6V/m, indipendentemente dalla frequenza.

Detti valori massimi d’esposizione, la cui fissazione resta di competenza statale pur in presenza della L. n.59/1997 e del D.Lvo 112/1998 (che, come noto, hanno conferito a Regioni ed enti locali la cura di interessi locali, tra cui, anche, la cura della tutela dell’ambiente dalle diverse forme di inquinamento), costituiscono gli unici criteri da tenere presenti ai fini della salvaguardia della popolazione dai CEM.

Successivamente, è intervenuta la leggequadro 22 febbraio 2001, n. 36, concernente la protezione dall’inquinamento derivante dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

Il Legislatore statale ha introdotto specifici valori e criteri di valutazione, quali il limite di esposizione, il valore di attenzione e gli obiettivi di qualità (art. 3), affidandone la determinazione allo Stato in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità concretamente perseguite (art. 4).

Lo Stato si è sempre avvalso delle prerogative ad esso riconosciute, adottando a suo tempo il D.M. n. 381 del 1998 e, poi, il D.P.C.M. in data 8 luglio 2003.

Occorre, a questo punto, precisare che l’accertamento della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità che, come detto, sono stati stabiliti uniformemente a livello nazionale, spetta istituzionalmente all’Organismo di cui all’art. 14 della leggequadro 22 febbraio 2001, n. 36, vale a dire nel Lazio, all’A.R.P.A., Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

Tanto premesso, i motivi dedotti dalla ricorrente non meritano positivo apprezzamento in quanto nella fattispecie:

a). il progetto del traliccio recava l’indicazione di tutte le 28 parabole di cui era prevista l’installazione, al fine di rendere edotta l’Amministrazione comunale di quale sarebbe stata l’esatta configurazione dei luoghi ad intervento avvenuto. Ai fini della verifica del rispetto dei limiti di cui all’art. 3 DM 381/1998 venivano, invece, indicate all’ARPA le apparecchiature costituenti sorgenti generatrici di campi elettrici, magnetici o elettromagnetici (per un totale di 16 parabole generatrici del segnale).

b). il Comune ha adottato l’atto impugnato in quanto "il parere ARPA Lazio fa riferimento ad una configurazione delle antenne diversa da quella descritta nella documentazione tecnica presentata dalla società";

c). la società sul punto fa presente la distinzione tra: 16 antenne utilizzate per la diffusione del segnale (ossia in TX) mentre le restanti 12 sono solo in ricezione e dunque generano una emissione nulla; cosicché, a suo dire, legittimamente non è stata rappresentata all’ARPALazio la configurazione di tutte le antenne, sia in diffusione che in ricezione;

d). va tuttavia osservato che il reciproco posizionamento di tutte le antenne, con la conseguente particolare configurazione dell’intero sistema, non è irrilevante ai fini della espressione del parere da parte dell’ARPALazio; quest’ultima, infatti, tiene conto, oltre che del fatto che soltanto talune antenne sono generatrici di campi, anche – ed, evidentemente, decisivamente – del particolare orientamento delle antenne e della loro eventuale influenza reciproca; cosicché la valutazione delle caratteristiche dell’intero impianto, con riferimento, per quanto qui sembra specificamente occorrere, alla direttività del fascio radiativo e al conseguente non superamento dei sopra citati limiti normativi, non può che competere alla stessa ARPA Lazio; più puntualmente, soltanto l’ARPALazio può affermare se una certa configurazione del sistema (considerando tutte le antenne ed il loro reciproco posizionamento) rientri nei limiti normativi; con la conseguenza che, allorquando un provvedimento autorizzatorio sia stato rilasciato con riferimento a una certa configurazione del sistema, una variazione di quest’ultimo rende inane, per modifica dell’oggetto considerato, il parere già reso; e correttamente quindi il Comune, a fronte delle difformità fra progetto a lui presentato e sistemaantenne sul quale si è pronunciata l’ARPALazio, ha adottato il provvedimento di revoca in questione;

e). irrilevantemente, tenuto conto di quanto testé osservato, la ricorrente deduce:

la omessa dimostrazione, da parte del Comune, del superamento dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana;

una non consentita ingerenza, ad opera del Comune, in valutazioni tecniche che a tale Ente non competono; ciò, anche nella considerazione che lo stesso Ente, a seguito di deduzioni sulla questione da parte della ricorrente, aveva richiesto parere all’ARPA Lazio, senza tuttavia, a quanto risulta, attenderlo;

violazione delle norme in tema di sanzioni per superamento dei limiti di esposizione, norme che prevedono il previo accertamento delle competenti autorità.

È infatti in contrario da osservare:

che il provvedimento di revoca in argomento non ha a suo presupposto una eventuale incompatibilità dell’impianto con i tetti di radiofrequenza previsti, ma la irrilevanza del parere a suo tempo reso dall’ARPALazio tenuto conto della diversità dei progetti sottoposti al Comune e quest’ultima, cosicché l’autorizzazione rilasciata si è rivelata priva di un presupposto necessario e non surrogabile altrimenti;

nessuna ingerenza in valutazioni tecniche può ritenersi essere stata consumata dal Comune, il quale, motivando la propria determinazione con esclusivo riferimento alla diversa configurazione delle antenne, si è astenuto da qualunque possibile considerazione di natura tecnica; e l’intervento comunale, effettuato prima che l’ARPALazio si esprimesse sulle deduzioni della ricorrente, non rende illegittimo il provvedimento impugnato, dato che l’autorizzazione revocata aveva ad oggetto, in definitiva, una configurazione del sistema antenne che si è rivelato privo del necessario parere tecnico; cosicché si presenta inane anche il richiamo dalla ricorrente effettuato alle norme sanzionatorie della legge n.36 del 2001, che attengono alla diversa fattispecie del superamento dei limiti massimi di esposizione, qui non in discussione;

f). conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Tenuto conto della particolarità della fattispecie e della mancanza di difese scritte da parte del Comune, si ritiene di disporre fra le parti la integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando:

Respinge il ricorso, come in epigrafe proposto.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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