T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 09-12-2011, n. 1717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 23/2/1995 il ricorrente depositava istanza di condono ai sensi dell’art. 39 della L. 724/95, con riguardo ad un servizio igienico con annesso ripostiglio, un portico, un’autorimessa con deposito attrezzi da giardino, tre serre ed una tettoia.

Il Comune di Clusone si pronunciava sfavorevolmente, adducendo che i manufatti erano "in contrasto con le caratteristiche dell’ambiente sottoposto a vincolo".

Con gravame r.g. 1473/96, ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, il Sig. T. impugna gli atti sfavorevoli, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e ss. della L. 1150/42, dell’art. 7 della L.r. 60/77, degli artt. 6 e 30 del regolamento edilizio comunale, violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della L. 724/94, dell’art. 7 della L. 1497/39, della L. 47/85, dell’art. 3 della L. 241/90, eccesso di potere per travisamento dei fatti, erronea valutazione dei presupposti e sviamento, in quanto:

o il Sindaco ha omesso di adottare l’atto a contenuto provvedimentale di sua competenza e si è limitato a riferire i pareri contrari espressi dall’organo consultivo;

o è stato richiamato il vincolo senza riferire la sua tipologia e senza specificare in cosa consista il contrasto con le caratteristiche dell’ambiente;

o non sono stati specificati l’autorità ed il termine entro il quale è possibile tutelarsi in sede giurisdizionale.

Su istanza di parte ricorrente l’amministrazione, con propria nota del 2/4/1999, informava che gli esperti ambientali avevano espresso un parere negativo – accompagnato dall’indicazione della possibilità di attuare piccoli accorpamenti dei locali accessori – ed un parere di massima favorevole quanto alla soluzione di riqualificazione volumetrica dei fabbricati (doc. 17). In data 25/5/1999 il responsabile del settore edilizia privata comunicava il parere degli esperti, che propendeva per una riqualificazione dei corpi da condonare, "anche mediante piccoli accorpamenti" attuabili "mantenendo la tipologia precaria di locali accessori di ridotte dimensioni e altezze" (doc. 18).

Il ricorrente presentava quindi il 23/7/1999 richiesta di accorpamento dei volumi oggetto di condono e gli esperti ambientali interpellavano la Giunta comunale, la quale declinava la propria competenza. A questo punto il ricorrente sollecitava una decisione.

Il 19/7/2001 venivano emessi gli atti di diniego sulle pratiche di condono edilizio 9/95, 11/95, 12/95, 13/95, 14/95 e 15/95, motivati "per relationem" sul parere sfavorevole degli esperti ambientali (mentre un giudizio positivo veniva espresso sulla pratica 10/95). Detti provvedimenti sono impugnati con il gravame r.g. 1110/2001, nel quale parte ricorrente espone le seguenti censure:

b) Violazione dell’art. 3 comma 4 della L. 241/90 per omessa indicazione dell’autorità cui è possibile ricorrere e del termine entro il quale agire;

c) Falsa applicazione dell’art. 2 della L. 241/90, eccesso di potere per sviamento e travisamento, poiché il diniego fa illogicamente riferimento all’originaria istanza di condono (pratiche del 1995) e non contempla la domanda di accorpamento dei volumi in un unico manufatto presentata il 23/7/1999;

d) Violazione dell’art. 3 della L. 241/90, eccesso di potere per motivazione carente ed incongrua, contraddittorietà e perplessità, poiché in 7 anni il Comune ha assunto posizioni ondivaghe e incerte;

e) Violazione dell’art. 39 della L. 724/94 ed eccesso di potere per travisamento, in quanto l’amministrazione fornisce chiarimenti sulla consistenza del vincolo limitandosi ad affermazioni generiche sul contrasto con il contesto ambientale.

Con ordinanze n. 257 e n. 258 dell’11/2/2011 questo Tribunale ha dichiarato l’interruzione del processo per l’intervenuta morte del difensore del Comune.

Con atti depositati l’8/6/2011 parte ricorrente ha chiesto la riassunzione del processo, cui è seguita la fissazione dell’udienza pubblica.

Alla pubblica udienza del 3/11/2011 i ricorsi venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

I due ricorsi appaiono connessi sotto il profilo soggettivo ed oggettivo e pertanto se ne dispone la riunione, potendo essere decisi con un’unica sentenza ai sensi dell’art. 70 del Codice del processo amministrativo.

1. Il gravame r.g. 1473/96 è fondato.

1.1 In disparte le due doglianze di minor spessore – sulla mancata adozione dell’atto di competenza del Sindaco e sull’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui ricorrere – coglie nel segno la censura di eccesso di potere per difetto di motivazione, dato che il vincolo è stato richiamato senza specificare in cosa consista il contrasto con le caratteristiche dell’ambiente.

1.2 E’ noto che il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo deve recare l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della ritenuta compatibilità o incompatibilità di un dato intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica sottese all’imposizione del vincolo stesso. Ne discende che l’eventuale diniego deve essere assistito da un apparato motivazionale che – sia pure in forma sintetica – si soffermi sulla realtà dei fatti e sugli elementi ambientali che sconsigliano di assentire un determinato intervento: devono quindi emergere in concreto le ragioni per le quali il manufatto, per le sue caratteristiche architettoniche ed estetiche, viene giudicato pregiudizievole dell’integrità del contesto paesaggistico in cui si inserisce e, con essa, degli specifici interessi pubblici alla cui tutela il vincolo è preordinato (T.A.R. Toscana, sez. II – 14/3/2008 n. 295; T.A.R. Liguria, sez. I – 22/12/2008 n. 2187; sentenza T.A.R. Brescia, sez. II – 18/3/2011 n. 440).

L’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico chiamata a pronunciarsi in seno al procedimento di condono è tenuta ad esternare le ragioni del proprio apprezzamento. Assumendo infatti valore vincolante il parere espresso da tale autorità, va da sé che il giudizio negativo comporti una compressione dello "ius aedificandi" ed il giudizio positivo una tendenziale irreversibilità dello stato dei luoghi, così da rendere necessaria l’esternazione delle ragioni della scelta operata (positiva o negativa), onde consentire di valutarne la non manifesta irragionevolezza (T.A.R. Puglia Bari, sez. II – 9/2/2011 n. 228).

1.3 Orbene, nel caso di specie tale obbligo motivazionale è stato completamente disatteso dal Comune, che si è limitato ad affermare "il contrasto con le caratteristiche dell’ambiente sottoposto a vincolo", e dunque si è avvalso di una formula di stile assolutamente inadeguata, anche alla luce delle prospettazioni di parte ricorrente che ha dato conto di un comparto composto da altri fabbricati rurali.

In definitiva la censura è condivisibile perché il provvedimento impugnato non contiene una specifica e dettagliata motivazione con riferimento alla ritenuta incompatibilità delle opere con la valenza paesaggistica dell’area.

2. Passando all’esame del gravame r.g. 1110/2001, lo stesso risulta ugualmente fondato.

2.1 Sono meritevoli di apprezzamento le doglianze di cui alle lett. d) ed e) dell’esposizione in fatto incentrate da un lato sulla violazione dell’art. 3 della L. 241/90 e sull’eccesso di potere per motivazione carente ed incongrua, contraddittorietà e perplessità – poiché in 7 anni il Comune ha assunto posizioni ondivaghe e incerte – e sull’inosservanza dell’art. 39 della L. 724/94 e sull’eccesso di potere per travisamento, in quanto l’amministrazione non fornisce chiarimenti sulla consistenza del vincolo, limitandosi ad affermazioni generiche sul contrasto con il contesto ambientale.

Parte ricorrente ha correttamente dedotto che:

o i pareri sfavorevoli del 12/10/2000 richiamati dall’atto impugnato appaiono confliggere con le note del 25/5/1999, le quali manifestavano un’apertura per una riqualificazione dei corpi da condonare mediante piccoli accorpamenti;

o l’amministrazione ha suggerito una riqualificazione volumetrica (2/4/1999), e di seguito (il 25/5/1999) ha affermato trattarsi di un’importante trasposizione volumetrica che richiede un Piano di recupero.

o la tettoia è definita "superfetazione" che si porrebbe in generico contrasto con i valori ambientali, quando l’amministrazione aveva suggerito accorpamenti in grado di mantenere la tipologia precaria di locali accessori (e dunque il Comune aveva già aderito alla qualificazione dei locali accessori come "precari");

o le serre per loro natura sono locali accessori di ridotte dimensioni e altezze;

o per box auto e magazzino è espresso parere favorevole all’ambigua condizione della demolizione della struttura con altezza minore;

o il wc a ripostiglio è definito semplicemente "superfetazione".

2.2 Come già osservato, la valutazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, afferente alla sfera tecnicodiscrezionale, non è sottratta al sindacato giurisdizionale, ove la stessa impinga in vizi di illogicità, incongruità, erroneità, contraddittorietà o inattendibilità delle valutazioni, nonchè nell’ipotesi in cui il giudizio negativo non sia adeguatamente motivato sulle ragioni della ritenuta non compatibilità delle opere realizzate, specificamente considerate per entità e tipologia, rispetto ai beni presidiati dal vincolo (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II – 3/10/2011 n. 1714).

2.3 Nel caso di specie, il Comune anzitutto non ha valorizzato la circostanza che la proposta del ricorrente è stata elaborata alla luce di quanto lo stesso Comune aveva in precedenza suggerito, ossia in vista di una riqualificazione dei corpi da condonare mediante accorpamenti capaci di non alterare la tipologia precaria di locali accessori di ridotte dimensioni e altezze. L’amministrazione ha formulato un giudizio in via autonoma – avulso dall’impulso dato in precedenza – ed ha altresì laconicamente argomentato il ritenuto pregiudizio alle valenze paesaggistiche dell’area facendo leva sulla natura di "superfetazione" delle opere, come tali in netto contrasto con il contesto ambientale tutelato.

La motivazione, pertanto, non si rivela esaustiva, e non prende in minima considerazione il contenuto dei pareri che il Comune aveva espresso in data 2/4/1999 e in data 25/5/1999.

2.4 Le restanti censure possono essere assorbite.

In conclusione entrambi i ricorsi sono fondati e devono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, li accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Clusone a corrispondere al ricorrente la somma di 4.500 Euro a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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