Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7354 Imposta reddito persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Agenzia delle Entrate, la s.r.l. ALEVAR, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 86/12/09 depositata il 15 luglio 2009 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia la quale, su appello dell’Ufficio avverso la decisione (58/03/07) della Commissione Tributaria Provinciale di Varese (che, previa riunione dei distinti suoi ricorsi, aveva annullato gli "avvisi di accertamento" relativi ad IRPEG ed IRAP per gli anni dal 2002 al 2004 ritenendo "mero errore materiale" la "contestata omissione di indicare separatamente il costo delle importazioni da paesi a fiscalità privilegiata"), aveva "dichiara (to) dovute le sanzioni nella misura del 10%".

L’Agenzia intimata instava per il rigetto dell’impugnazione.

La ricorrente depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

A. La Commissione Tributaria Regionale – esposto aver (1) "i primi giudici … accolto i ricorsi" e (2) "l’Ufficio" (a) "argomentato" (al) che "L’ art. 111 recte: D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 11 sanzionava con l’indeducibilità dei costi l’omessa indicazione separata in dichiarazione" e (a2) che "i commi 301 e 302 della L. n. 296 del 2006 … hanno sostituito la sanzione dell’indeducibilità con una sanzione amministrativa del 10%", nonchè (b) chiesto "l’applicazione della sanzione della misura del 10% posto che la violazione è stata contestata" – ha "dichiara(to) dovute le sanzioni nella misura del 10%" osservando:

– "oggetto della controversia sono gli avvisi di accertamento e in concreto le sanzioni comminate con essi dall’Ufficio, quindi non sussiste alcun mutamento dei fatti costitutivi";

– "è ovvio che il giudice debba applicare la legge vigente al momento della decisione . . . indipendentemente da ogni richiesta della parte, quindi non ha pregio l’eccezione della appellata di domanda nuova dell’appellante";

– "nella specie, la L. n. 296 del 2006 ha dettato nuove norme per il passato, quindi anche per gli anni in questione";

– "non è contestata l’omissione della segnalazione delle operazioni de quibus in dichiarazione" ("la stessa società dichiara di aver presentato … le tre dichiarazioni integrative . . . mesi dopo il processo verbale di constatazione …, dal quale traggono origine gli accertamenti, datato 2 marzo 2006") : "quindi non è in questione la possibilità di integrazione delle dichiarazioni … ma il momento in cui sono state inviate, la loro tardività e quindi la loro inefficacia sanante";

– "l’omessa dichiarazione non può essere qualificata … mero errore formale, priva di danno per l’erario, posto che essa segnalazione … era finalizzata a rendere edotta l’amministrazione finanziaria … affinchè le valutasse …, mentre in concreto la verifica è avvenuta soltanto per iniziativa della GdF attivata dalla Dogana", "l’omessa dichiarazione deve essere sanzionata ai sensi dell’art. recte: comma 303 finanziaria 2001, che oltretutto reca una misura (10%) assai più favorevole al contribuente di quella irrogata con gli avvisi impugnati in base alla normativa all’epoca vigente".

B. La contribuente – esposto (pagg. 2-3 del ricorso per cassazione) che "con tre avvisi di accertamento … l’Ufficio rettificava i redditi imponibili recuperando a tassazione i costi riferiti agli acquisti solo perchè era stato disatteso l’onere dichiarativo …, non tenendo conto delle dichiarazioni integrative già presentate per la correzione dell’errore formale" – impugna la decisione con tre motivi:

– con il primo, contesta l’affermazione del giudice di appello secondo cui "le dichiarazioni integrative presentate … in data 11 luglio 2006 fossero prive di "efficacia sanante" … in quanto successive al PVC datato 2 marzo 2006" e denunzia "violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8, comma 2" affermando che "le dichiarazioni integrative presentate … dopo la verifica della Guardia di Finanza ma prima della notifica degli avvisi accertamento … devono ritenersi… valide e … in grado di sanare dall’origine l’adempimento legato all’onere dichiarativo" per cui "la CTR avrebbe dovuto confermare la sentenza di primo grado che aveva annullato gli accertamenti";

– con il successivo, denunzia "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1 e dell’art. 37 c.p.c.", racchiuse nel (non necessario) "quesito" con cui chiede "se costituisca materia riservata all’amministrazione finanziaria l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie", in particolare "se sia riservata all’… Agenzia … l’applicazione della sanzione prevista … in caso di omissione o incompletezza della indicazione delle spese e degli altri componenti negativi …;

se, pertanto, sia affetta da difetto di giurisdizione la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che, sostituendosi all’Ufficio … abbia disposto l’applicazione della sanzione predetta";

– nel terzo (ultimo) motivo (formulato "assumendo, per ipotesi, che la Commissione Tributaria Regionale potesse irrogare una sanzione"), affermato che "la sanzione irrogata dalla Commissione Tributaria Regionale non tiene conto del principio della continuazione", denunzia "violazione e falsa applicazione D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12" esponendo che "la Commissione ha determinato … le sanzioni applicando il "cumulo materiale", senza considerare che l’applicazione del "cumulo giuridico", che comporta una sola sanzione, ma maggiorata, sarebbe più favorevole … e, dunque, avrebbe dovuto essere applicata".

C. Il ricorso è infondato. Ci. La prima doglianza è inammissibile.

Dalla formulazione della stessa, infatti, non si evince la concreta rilevanza (quindi l’interesse ex art. 100 c.p.c. all’affermazione di afferente principio) sulla decisione impugnata della eventuale validità ("devono ritenersi … valide") delle "dichiarazioni integrative presentate . . . dopo la verifica della Guardia di Finanza ma prima della notifica degli avvisi accertamento" atteso (1) che il giudice di appello (riscontrato "non -" essere "contestata l’omissione della segnalazione delle operazioni de quibus in dichiarazione", quindi il fatto sanzionato), giusta il devolutum (non risultando aver l’Ufficio impugnato la sentenza di primo grado anche quanto all’annullamento dell’operato recupero dei costi), ha statuito unicamente sulle "sanzioni comminate" e 2 che il comma 8 (sostituito dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2 con la decorrenza indicata nell’art. 19, comma 1 del medesimo decreto: "le disposizioni degli artt. da 1 a 8 hanno effetto a decorrere dal 1" gennaio 2002") del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2 (di cui la contribuente denunzia la violazione) fa espressamente "salva l’applicazione delle sanzioni" per gli "errori od omissioni" delle "dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’ imposta" che la norma consente di integrare ("possono essere integrate") "mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 49 e successive modificazioni".

C.2. La censura contenuta nel secondo motivo ("se costituisca materia riservata all’amministrazione finanziaria l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie", in particolare "se sia riservata all’… Agenzia … l’applicazione della sanzione prevista … in caso di omissione o incompletezza della indicazione delle spese e degli altri componenti negativi…; se, pertanto, sia affetta da difetto di giurisdizione la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che, sostituendosi all’Ufficio … abbia disposto l’applicazione della sanzione predetta" ), poi, è priva di fondamento.

In primis va rilevato che in nessun punto della sentenza impugnata il giudice di appello ha affermato (o, comunque, implicitamente supposto) che "l’applicazione della sanzione prevista … in caso di omissione o incompletezza della indicazione delle spese e degli altri componenti negativi" non sia "riservata all’… Agenzia": da tanto discende naturaliter che la questione involge soltanto l’individuazione dei poteri propri del giudice tributario e, quindi, inerisce al merito della controversia e non alla giurisdizione sulla stessa, con conseguente sussumibilità di quella denunziata nell’ambito della "violazione o falsa applicazione di norme di diritto" prevista dall’art. 360 c.p.c., n. 3 e non in quello del n. 1 ("motivi attinenti alla giurisdizione"); donde anche l’estraneità della censura alla fattispecie di cui all’art. 374 c.p.c., comma 1 ("pronuncia a sezioni unite").

In secondo luogo, si deve evidenziare che, diversamente da quanto affermato dalla società ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale non ha affatto "disposto" di sua iniziativa "l’applicazione della sanzione" perchè la "sanzione" per il fatto ("omissione o incompletezza della indicazione delle spese e degli altri componenti negativi") ascritto alla contribuente era stata irrogata (quindi "applicata") dall’Ufficio con l’atto impugnato.

In terzo (ed ultimo) luogo, va osservato che la riduzione (in applicazione di sopravvenuta norma più favorevole alla contribuente) della misura della sanzione non importa in alcun modo "sostituzione" ("sostituendosi") della "Commissione Tributaria Regionale … all’Ufficio".

Su queste due ultime osservazioni è sufficiente ribadire che – come già statuito da questo giudice di legittimità Cass., trib.: 23 aprile 2010 n. 9774 (che ricorda "Cass. 4280/2001; 11212/2007;

17127/2007"), da cui gli excerpta, nonchè 17 ottobre 2008 n. 25376) – "il giudice tributario, ove ricorrono i necessari presupposti processuali della sua rituale investitura, ha il potere-dovere di esaminare anche tutti i possibili aspetti del potere sanzionatorio esercitato dall’ente impositore, nonchè il potere di determinare (nell’ambito delle richieste delle parti) l’entità delle sanzioni effettivamente dovute … trovando tali sanzioni compiuta motivazione nel richiamo ai tributi evasi".

C.3. l’ultimo motivo ("violazione e falsa applicazione D.Lgs. 18 dicembre 1991, n. 472, art 12") è inammissibile perchè introduce una questione del tutto nuova, di cui non è stata neppure allegata l’avvenuta sottoposizione all’esame del giudice del merito.

Questo, infatti, come precisato appena innanzi, ha "il potere di determinare … l’entità delle sanzioni effettivamente dovute" sempre e soltanto " nell’ambito delle richieste delle parti", precisamente (Cass., trib., 21 dicembre 2005 n. 28354) "nell’ambito di un iter processuale corretto" : proprio in ordine all’"applicazione del cumulo delle sanzioni previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12" la decisione del 2005 testè richiamata ha condivisibilmente statuito che, "per quanto attiene il giudizio di legittimità", l’"applicazione " detta "richiede la necessaria formulazione della richiesta nel corso del giudizio di merito, affinchè essa possa essere riproposta, se rigettata o non valutata, nel giudizio di cassazione" in quanto "l’applicazione d’ufficio di leggi innovative" è "possibile soltanto ove lo ius superveniens sopravvenga nel corso del processo" conformemente: Cass., trib., 9 giugno 2009 n. 13231, per la quale la "disposizione" del " D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12" ("che prevede concorso di violazioni e continuazione") e … "quella del precedente art. 3 – per cui si applica la legge posteriore alla violazione commessa, se più favorevole al contribuente – entrate in vigore il 1 aprile 1998 (art. 30) …, non costituiscono jus superveniens e non sono applicabili d’ufficio, ma soltanto in base ad una specifica eccezione di parte".

Sulla questione è qui sufficiente chiarire che il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 (di cui si denunzìa la violazione e/o la falsa applicazione) – il quale regola, al comma 1, il "concorso di violazioni" ("e punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione") e, al secondo comma, la "continuazione" tra più "violazioni" ("alla stessa sanzione soggiace chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo") – considera la "violazione" (o le "violazioni") , quindi unicamente i "fatti materiali" imputati al contribuente, mai le sanzioni applicabili a quei fatti sicchè lo jus superveniens dato dal mutamento più favorevole al contribuente (verificatosi nella specie) solo della misura di quelle sanzioni non attribuisce all’incolpato il potere di richiedere l’applicazione di uno o di entrambi gli istituti previsti dalla norma ("concorso di violazioni" e/o "continuazione") precedentemente non richiesto, "nell’ambito di un iter processuale corretto", in riferimento ai medesimi fatti materiali puniti con le (più gravi) sanzioni previste al momento dell’emissione del provvedimento sanzionatorio impugnato.

C.4. Le medesime ragioni giuridiche dell’inammissibilità del motivo appena scrutinato determinano – ed a maggior ragione, in quanto lo stesso è invocato per la prima volta in un atto processuale destinato "esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte", senza alcuna possibilità (Cass., 3^, 10 marzo 2010 n. 5795, ex multis) di "specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate" con l’"atto introduttivo", "tanto meno, per dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito" – l’inutilità del richiamo, contenuto nelle memoria ex art. 378 c.p.c. depositata dalla società, al principio affermato da Cass., trib., 29 dicembre 2010 n. 26298, secondo cui, in base all’"art. 1, comma 303" della " L. n. 296 del 2006", "se il contribuente fornisce prova delle circostanze che gli danno diritto alla deroga, contemplate dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 11, T.U.I.R., l’unica sanzione applicabile per la violazione di carattere meramente formale (mancata indicazione separata) rimane quella da Euro 258,00 a Euro 2.065,00 prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art 8, comma 1": la norma interpretata ("art. 1, comma 303" della " L. n. 296 del 2006"), infatti, era già in vigore al momento (26 febbraio 2010) della proposizione del ricorso per cassazione per cui la censura doveva essere necessariamente formulata come specifico motivo di quel ricorso.

L’inutilità detta, intuitivamente, impedisce di formulare (costituendo evidente obiter) qualsiasi osservazione sulla correttezza e, quindi, sulla condivisibilità, di detto principio di diritto.

D. Per la sua totale soccombenza la ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., è tenuta a rifondere all’Agenzia le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate – assumendo a parametro di riferimento le vigenti tariffe professionali forensi in osservanza del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, commi 2 e 3 ("disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita", in Supplemento ordinario n. 18 alla GURI n. 19 del 24 gennaio 2012, in vigore dal 24 gennaio 2012, il cui primo comma ha espressamente abrogato "le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico"), come "sostituito" dall’allegato alla Legge (di conversione) 24 marzo 2012, n. 27 (pubblicata nel supplemento ordinario n. 71 alla GURI del 24 marzo 2012), per il quale "nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del … decreto" detto – nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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