Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7353 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Agenzia delle Entrate, la s.r.l.

Cooperativa "La Pineta 1", in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 155/47/09 depositata il 2 novembre 2009 dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania la quale aveva accolto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (390/32/07) della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva annullato l’"avviso di accertamento" con cui l’Ufficio, "ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, 39", "in riferimento all’anno 2000", aveva determinato "un maggior reddito dr impresa di L. 100.000,000 ed una conseguente maggiore tassazione ai fini dell’IRPEG, IRAP ed IVA".

L’Agenzia intimata depositava mero atto di costituzione.

Motivi della decisione

p. 1. La sentenza gravata.

La Commissione Tributaria Regionale – premesso aver l’Ufficio dedotto nel gravame che aveva inviato alla cooperativa un "questionario" con l’"invito all’esibizione di documentazione contabile" ("registri acquisti e vendite …"; "fatture acquisti e vendite …"; "UNICO 760 …"; "bilanci anni 1997-2000"; "prova iscrizione nel registro prefettizio nello schedario generale della cooperazione"; "copia atto costitutivo"; "copia atti assegnazione di alloggi") perchè "segnalata quale soggetto evasore" – ha accolto l’appello osservando:

– "nessun difetto di motivazione dell’avviso di accertamento era stato eccepito dalla ricorrente";

– "correttamente l’Ufficio" ha "fatto ricorso" al "metodo induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, art. 63" attese la "mancata risposta al questionario" e le "rilevate incongruenze" ("dettagliatamente indicate dall’Ufficio e neppure contestate": "nella dichiarazione … apparivano dati corretti a mano che non corrispondevano a quelli inviati in via telematica"; "incongruenti apparivano i dati riportati in bilancio" e "I dati relativi alle rimanenze"; "non era stata allegata la fattura relativa all’assegnazione mentre l’esenzione IVA non risultava documentata"; "nessuna prova era stata fornita della data di versamento delle somme" da parte dei soci e "vi erano incongruenze" relative ai "debiti verso soci risultanti in bilancio", etc.) "nella dichiarazione dei redditi e nella redazione dei bilanci" ("che inducevano … a ritenere che diversa fosse stata l’attività della società"); "significativo è peraltro l’esposto a firma R. G.";

– "la documentazione prodotta in questa fase ma non esibita a seguito dell’invito rivolto con il questionario" è "del tutto inutilizzabile";

– "vanno … condivise le osservazioni dell’Ufficio fondate su circostanze di fatto (… elencate e non contestate) che inducono fondatamente a ritenere che anche diversa era l’attività della società". p. 2. Il ricorso della contribuente. La Cooperativa impugna la decisione con tre motivi:

– con il primo, contesta l’affermazione del giudice di appello secondo cui "nessun difetto di motivazione dell’avviso di accertamento era stato eccepito dalla ricorrente"" e denunzia "violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 ed art. 132 cpv 4 c.p.c." affermando di aver "eccepito che l’avviso di accertamento de quo agitur era assolutamente nullo per mancanza di motivazione" ed aggiungendo ("ciò senza considerare") che "tale eccezione può essere rilevata anche d’ ufficio";

– con il successivo motivo affermato che "rientra nel diritto di difesa del contribuente … scegliere la propria strategia processuale e dunque di produrre la documentazione a suo vantaggio non … alla … "controparte", in una fase prodromica a quella giudiziaria, bensì solo innanzi al giudice tributario terzo ed imparziale" denunzia "violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39", osservando: (a) "l’Agenzia … non poteva attivare la procedura dell’accertamento induttivo in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, avendo invece basato lo stesso su di elementi generici privi di riscontro ed affidati ad espressioni di stile"; (b) "dall’avviso … impugnato è evidente l’errore dell’Agenzia … nella parte in cui ha considerato gli immobili indicati in bilancio … alla stregua di immobilizzazioni trascurando che tali beni hanno … natura di beni merce e concorrono alla formazione delle esistenze iniziali e delle rimanenze finali";

(c) "l’Ufficio, non avendo considerato che si trattava dell’ultima assegnazione, aveva ritenuto erroneamente omesso il valore delle rimanenze nei ricavi desumendo ciò dal conto economico riportato in denunzia dei redditi parziali dell’anno 2000 in quanto anche nella denunzia dei redditi si seguiva lo stesso principio del bilancio CEE e cioè si riportavano solo le variazioni" ("trattandosi nel caso … di cooperativa edilizia a r.l., quindi senza scopo di lucro, mai avrebbe potuto generare redditi") ; (d) "di alcun pregio … è la circostanza che la documentazione … non fosse stata prodotta conseguentemente all’invio del questionario … atteso che la cessione del bene immobile era avvenuta in favore di un socio di essa cooperativa e quindi giammai poteva essere interpretata come cessione ordinaria";

– nel terzo (ed ultimo) motivo, denunzia "violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c." ("extrapetizione") in ordine alla "chiosa del giudice di secondo grado" secondo cui "le circostanze di fatto inducono fondatamente a ritenere che anche diversa era l’attività di essa società" affermando che "dalla lettura dell’elaborato giudiziale … non si evince … il ragionamento logico motivazionale che avrebbe indotto a ritenere erroneamente che essa cooperativa … svolgesse nel periodo di imposta in contestazione anche altre attività e quali esse siano". p. 3. Le ragioni della decisione.

Il ricorso è infondato.

A. La prima doglianza – che investe l’affermazione del giudice di appello secondo cui "nessun difetto di motivazione dell’avviso di accertamento era stato eccepito dalla ricorrente" – è inammissibile.

L’affermazione contestata, infatti, ha, all’evidenza, univocamente valenza processuale perchè si risolve nel riscontro della estraneità della questione "motivazione dell’avviso di accertamento" al thema decidendi per mancanza deduzione della stessa, tra i "motivi" del ricorso di primo grado D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 18, comma 2, lett. e), da parte della contribuente (unica interessata ex art. 100 c.p.c.).

Da tanto discende chiaramente l’assoluta irrllevanza, per carenza di congruenza, della "violazione e falsa applicazione" sia "del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32" ("poteri dell’Ufficio") che dell’"art. 132 cpv 4 c.p.c." (la sentenza deve contenere "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione") denunziate dalla ricorrente atteso che l’affermazione contestata non involge il disposto di nessuna di dette norma, essendo quel disposto comunque estraneo alla valutazione del concreto rispetto, nell’"avviso di accertamento" impugnato, del contenuto motivazionale fissato dalla legge (quale, per le imposte dirette, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 per il cui comma 2 "l’avviso di accertamento … deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni").

La "motivazione" di qualsiasi atto di imposizione fiscale, comunque, ha la finalità di portare a conoscenza del contribuente le ragioni (giuridiche e di fatto) sulle quali l’ente impositore fonda la sua pretesa creditoria sia per delimitare, dalla parte di tale ente, il tema dell’eventuale successivo dibattito giurisdizionale sia, di converso, per consentire al contribuente di espletare in pieno il suo diritto di difesa: la sussistenza di un qualche vizio di "motivazione" di detto atto, quindi, non può mai "essere rilevata" dal giudice "d’ufficio" perchè è onere del contribuente delimitare ulteriormente (con la indicazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, di tutti i "motivi" ritenuti utili, giusta il già richiamato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18), ex parte sua, quel dibattito in conformità alla (ed in vista della) tutela di detto diritto, l’ambito della cui gestione è riservata alle scelte insindacabili del contribuente stesso.

B. L’infondatezza del secondo motivo discende dalla erroneità della tesi giuridica ("rientra nel diritto di difesa del contribuente . . . scegliere la propria strategia processuale e dunque di produrre la documentazione a suo vantaggio non . .. alla … "controparte", in una fase prodromica a quella giudiziaria, bensì solo innanzi al giudice tributario terzo ed imparziale") posta a suo fondamento.

La (confessata) volontaria mancata esibizione (peraltro, non altrimenti giustificata) dei "documenti" richiesti dall’Ufficio – a spiegazione della quale non si è nemmeno adombrato un qualsivoglia "errore", quand’anche "non sanabile" -, infatti, giuridicamente integra il "rifiuto" di esibizione sanzionato dalla norma ("le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa"), in quanto questa attesa la finalità perseguita di "contemperare il diritto di difesa del cittadino col principio di buona amministrazione, parimenti costituzionalizzato ( art. 97 Cost.) e, quindi, non disinvoltamente sacrificabili in presenta di comportamenti che ne ostacolino Ingiustificatamente la realizzazione", come precisato nella sentenza 24 giugno 1995 n. 7161 di questa Corte, non attribuisce al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita (in giudizio): la scelta della contribuente, quindi, si rivela evidentemente illegittima perchè, nella sostanza, suppone una interpretazione della norma che, in dispregio del "principio di buona amministrazione", ne rimette l’effettiva osservanza al suo mero arbitrio.

La giuridica impossibilità ("non possono") di prendere "in considerazione a favore del contribuente", anche "in sede … contenziosa", "le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio", intuitivamente, rende del tutto vane le complessive doglianze svolte nel motivo in esame dalla ricorrente perchè fondate unicamente sul contenuto di documenti che "non possono essere presi in considerazione".

Quelle doglianze (rivolte al fondamento della pretesa impositiva), peraltro, si rivelano del tutto inammissibili perchè, non denunziando nessun vizio di motivazione in ordine all’afferente accertamento positivo di legittimità ("essendo legittimo l’accertamento") della "pretesa tributaria", si sostanziano nella richiesta di sostituire a quello del giudice del merito il proprio, opposto (ed interessato) giudizio sulla sussistenza del fatto costitutivo di quella "pretesa".

C. Il vizio di "extrapetizione" ("violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c.") denunziato nell’ultima doglianza, infine, è insussistente.

Questa Corte (Cass., lav., 13 dicembre 2010 n. 25140, che ricorda "Cass. 24giugno 2003 n. 10009 cui adde ex plurimis Cass. 31 marzo 2006 n. 7620 e Cass. 21 giugno 2004 n. 11470", tra le recenti), invero, ha più volte precisato che, in materia di procedimento civile, sussiste vizio di ultra o extra petizione ex art. 112 c.p.c., quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato", spiegando che "tale principio va… posto in immediata correlazione con il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti": nel caso, quello indicato dalla ricorrente (la "chiosa del giudice di secondo grado" secondo cui "le circostanze di fatto inducono fondatamente a ritenere che anche diversa era l’attività di essa società") non costituisce un "punto" che possa considerarsi "decisivo della controversia" perchè l’afferente affermazione della Commissione Tributaria Regionale rappresenta, appunto, soltanto una "chiosa" (quindi un’osservazione marginale) e, comunque, non ha immutato nè il petitum nè la causa petendi della pretesa tributaria in quanto non ha attribuito all’Agenzia un bene dalla stessa non richiesto o dalla stessa richiesto per ragioni (di fatto e/o di diritto) diverse da quelle indicate nell’atto impositivo impugnato. p. 4. Delle spese processuali.

Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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