Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7352

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16 marzo 2011 all’Agenzia delle Entrate, N.M. e R.R. chiedono di revocare la sentenza n. 10839/09 depositata il giorno 11 maggio 2009 da questa sezione per non aver rilevato "l’avvenuta formazione del giudicato".

L’Agenzia intimata insta per la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione del disposto dell’art. 327 c.p.c., comma 1 (testo, applicabile alla specie ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17), secondo cui "indipendentemente dalla notificazione … la revocazione per i motivi indicati nell’art. 395, nn. 4 e 5 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza": nel caso la sentenza revocanda è stata pubblicata il giorno 11 maggio 2009 mentre il ricorso in revocazione è stato consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica soltanto il 15 marzo 2011, quindi ampiamente dopo la scadenza del termine detto (pur considerando la sospensione dello stesso durante il periodo feriale per quarantasei giorni).

La previsione della "decadenza dall’impugnazione" (e, parimenti, dal potere, qui rilevante, di proporre "revocazione per i motivi indicati nell’art. 395, nn. 4 e 5 ") "dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza", come chiarito da questa Corte (Cass., 1, 12 luglio 2011 n. 15262, in cui si ricorda "Cass. Sez. Un. 954/1994") costituisce "espressione di un principio di ordine generale, diretto a garantire certezza e stabilità dei rapporti giuridici …, che trova applicazione anche nei casi" (come quello in esame) in cui sia, tardivamente, dedotto un error in procedendo che comporti la nullità della sentenza, senza che possa invocarsi l’applicazione analogica del comma 2 del medesimo articolo – concernente la parte contumace che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.", chiarendo che manifestamente ciò non "si pone in contrasto" con l’art. 3 Cost. (atteso che "le situazioni poste a confronto sono significativamente differenti, concernendo l’una un soggetto il quale, per quanto irritualmente non informalo della prosecuzione del giudizio, è comunque informato della pendenza dello stesso e vi ha partecipato; l’altra, invece, il contumace del tutto ignaro, senza sua colpa, del processo") o con l’art. 24 Cost.

(avendo "l’interessato" la "possibilità … comunque …, proprio perchè informato del processo, di attivarsi diligentemente per conoscerne lo stato senza essere sorpreso dal formarsi del giudicato, considerata anche l’ampiezza del termine di cui all’art. 327 cit.").

A. A fondamento della richiesta di revocazione il N. e la R., invero, espongono:

– "avverso" la decisione di appello ("depositata il 2 novembre 2005") "nei termini perentori di legge non perveniva . . . nessuna impugnazione", "con conseguente formazione del giudicato sin dal …

17 dicembre 2006";

– "inopinatamente in data 8 marzo 2007, dopo la scadenza del termine perentorio per la proposizione dell’impugnazione, veniva notificato alle parti personalmente (e non presso il difensore domiciliatario) un sedicente ricorso che conteneva una istanza impropria e fuor d’uso relativa ad una "richiesta di remissione in termini per ricorrere" di cui non è data conoscenza in diritto";

– "tale … iniziativa giudiziale non veniva tenuta in alcuna considerazione . . . attesa la formazione del giudicato";

esso " N. prendeva però conoscenza della sussistenza di un debito tributario vantato dall’Agenzia … mediante … cartella di pagamento" dalla quale "apprendeva che tali importi erano dovuti a seguito sentenza 10839/09 Corte di Cassazione non riassunta" ("ruolo reso esecutivo in data 18 ottobre 2010").

Da tale esposizione emerge univocamente, in fatto, che gli attuali ricorrenti sono comunque venuti a conoscenza della proposizione del ricorso per cassazione sul quale è stata emessa la pronuncia revocanda "in data 8 marzo 2007", ovverosia nel giorno della notifica, quand’anche ad esse "parti personalmente", del "ricorso" per cassazione (pure se contenente "una richiesta di remissione in termini per ricorrere").

B. L’art. 327, comma 2 detto, ben vero, come noto, dispone che la richiamata "disposizione" del suo comma 1 "non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa".

Per tale norma, quindi (Cass., 3, 3 luglio 2008 n. 18243; cfr., anche, Cass., 1, 6 ottobre 2011 n. 20520), "la parte, rimasta contumace nel giudizio concluso dalla sentenza che impugna, può farlo anche dopo la scadenza del termine stabilito dall’art. 327 c.p.c., comma 1, se dimostra che, a causa della nullità della notificazione dell’atto che introduce la lite, non ha avuto conoscenza del processo": su quest’ ultimo punto va ribadito (non essendo condivisibile, per le ragioni espresse nella decisione n. 18243, in appresso riprodotte, la tesi, adottata nella "sentenza 16 aprile 2008 n. 9989" per la quale "il convenuto non deve dare altra prova di non avere avuto conoscenza del processo, perchè ne è prova sufficiente la circostanza che la notificazione dell’atto introduttivo della lite sia avvenuta con modalità che ne provocano la nullità, sicchè spetta a chi ha assunto l’iniziativa della notificazione dare dimostrazione del contrario") il "prevalente" orientamento della Corte secondo cui – "nei … casi in cui la notificazione è stata eseguita con modalità che ne determinano l’inesistenza" ("quando cioè la notificazione è eseguita in luogo o con consegna a persona, che non hanno alcun collegamento col destinatario della notifica" ) "v’è una presunzione che la parte non abbia potuto avere conoscenza dell’atto a lei indirizzato (in tema di distinzione tra notificazione nulla e notificazione inesistente, da ultimo: Sez. Un. 29 aprile 2008 n. 10817; sullo stesso tema, in rapporto alla prova della conoscenza del processo in sede di applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2: Cass. 22 maggio 2006 ". 11991; e, in rapporto alla decorrenza del termine di cui all’art. 325 c.p.c.: Sez. Un. 22 giugno 2007 n. 145 70)";

– "quanto … la notificazione è nulla" ("perchè è stata eseguita con modalità difformi da quelle prescritte, ma in luogo o con consegna a persona, che hanno con la parte un collegamento che fa presumere che la stessa parte possa avere in concreto conosciuto l’atto, perchè è questo che di solito avviene") "l’onere di dimostrare il contrario è invece accollato al convenuto, … in conformità del dettato letterale della norma (Sez. Un. 12 maggio 2005 n. 9938; Cass. 8 giugno 2007 n. 13506; 14 settembre 2007 n. 19225)".

Nella specie la notificazione, "in data 8 marzo 2007", del ricorso per cassazione alle "parti personalmente" e non al "procuratore domiciliatario" ("Dott. B.F.") non era affatto inesistente ma cfr. Cass., trib., 27 settembre 2011 n. 19702: "la notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente, anzichè al difensore costituito nel giudizio nel quale è stata resa la sentenza impugnata, non ne determina l’inesistenza giuridica, ma semplicemente la nullità, sanabile in forza della rinnovazione della notifica, sia quando il ricorrente vi provveda di propria iniziativa, anticipando l’ordine contemplato dall’art. 291 c.p.c., sia quando agisca in esecuzione di esso, senza che rilevi che alla rinnovazione si provveda posteriormente alla scadenza del termine per impugnare (Sez. 5, n. 9242 del 2004)" soltanto nulla: i ricorrenti, infatti, hanno espressamente ammesso che "tale . . , iniziativa giudiziale non veniva tenuta in alcuna considerazione" ("attesa la formazione del giudicato") con ciò univocamente ammettendo la loro piena ed integrale conoscenza della proposizione del ricorso per cassazione e, quindi, della pendenza del relativo processo di impugnazione, donde la decorrenza del termine di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1.

C. Per la loro totale soccombenza i ricorrenti, ai sensi degli artt. 91 e 97 c.p.c., debbono essere solidalmente condannati a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità, liquidate – assumendo a parametro di riferimento le vigenti tariffe professionali forensi in osservanza del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, commi 2 e 3 ("disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività", in Supplemento ordinario n. 18 alla GURI n. 19 del 24 gennaio 2012, in vigore dal 24 gennaio 2012, il cui primo comma ha espressamente abrogato "le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico"), come "sostituito" dall’allegato alla Legge (di conversione) 24 marzo 2012, n. 27 (pubblicata nel supplemento ordinario n. 71 alla GURI del 24 marzo 2012), per il qual e "nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del… decreto" detto – nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’Agenzia, in solido tra loro, le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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