Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-05-2012, n. 7351

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 10 marzo 2011 al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed all’Agenzia delle Entrate, P.A., PI.Ar. e PI.Al. (nella qualità, giusta le precisazioni contenute solo nella "procura alle liti", il primo di "socio e legale rappresentante" e gli altri di "soci" della "Utensileria Riminese di Pizzoli Armando & C. s.n.c") chiedono (a) di revocare la sentenza n. 4610/09 (depositata il 26 febbraio 2009) pronunciata nei confronti di detta società da questa sezione e (2) di dichiarare "inammissibile" ("perchè tardivo", essendo stata la sentenza impugnata "pubblicata il 3 aprile 2001") il "ricorso notificato in data 20 maggio 2002" dell’Agenzia.

Questa insta per la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

A. I ricorrenti – esposto desumersi "dall’esame della relazione di notifica del ricorso per cassazione" che "l’Avvocatura dello Stato ha richiesto tre distinte noti fiche": (1) "la prima, in data 9 maggio 2002, presso la sede legale della società, eseguita con le modalità previste dall’art. 140 c.p.c. all’indirizzo di (OMISSIS), ma la sede legale … era mutata fin dal 5 settembre 1997, essendo stata trasferita alla (OMISSIS)" e "cancellata dal registro delle imprese" il "24 settembre 2000" ("di conseguenza" tale "notifica è da considerarsi inesistente"); (2) "la seconda in data 10 maggio 2002 presso il domicilio eletto nel corso del primo giudizio" ("notifica … legittimamente rifiutata dal Dott. P. in quanto la società era stata cancellata dal registro delle imprese e pertanto era venuta meno l’efficacia della procura ad litem rilasciata dalla società in quanto la medesima aveva cessato di esistere"); (3) "ulteriore richiesta di notifica … eseguita nelle mani di una ignara e non meglio identificata "impiegata" dello studio del Dott. P. … in data 20 maggio 2002 … dopo lo spirare del termine per l’impugnazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale" – sostengono che "la nullità della notifica", "non . . . rilevata in sede di legittimità" (e che, a loro giudizio, "ha inficiato la validità del conseguente giudizio"), "può essere fatta valere in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c.".

B. In diritto va ricordato e (in carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria) ribadito che (Cass., 6^, 13 ottobre 2011 n. 21199, da cui gli excerpta che seguono, cui adde, ex multis, Cass.:

3^, 9 luglio 2009 n. 16136; lav., 26 febbraio 2008 n. 5075) – consistendo "l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.c., n. 4, idoneo a determinare la revocabilità delle sentenze …. in un errore di percezione o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo la cui insussistenza o sussistenza risulti invece in modo incontestabile alla stregua degli atti e dei documenti di causa, semprechè il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato" – "l’istanza di revocazione di sentenza sul rilievo che", come si deduce anche nel caso, "quest’ ultima avrebbe – sia pure implicitamente – ritenuta valida la notificazione" è "inammissibile – in quanto non deduce un errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice, ma un errore valutativo, prettamente giuridico, non deducibile", quindi, "con ricorso ex art. 395 c.p.c., n, 4" detto: "l’errore revocatorio", infatti, "presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto emergenti, una dalla sentenza e l’altra dai documenti ed atti processuali, con assoluta immediatezza e senza necessità di particolari indagini ermeneutiche o di argomentazioni induttive" e, pertanto, "un siffatto contrasto non è… ravvisabile nell’errore che costituisca frutto dell’apprezzamento, implicito o esplicito, delle risultanze processuali".

Nel caso, dai fatti addotti dai ricorrenti (riprodotti al precedente punto A) a fondamento della richiesta di revocazione e, soprattutto, dalle considerazioni giuridiche tratte dagli stessi in ordine alla validità delle notifiche (considerazioni, peraltro, fondate sull’affermato trasferimento di sede della società nonchè sulla addotta cancellazione della stessa dal registro delle imprese, la oggettiva risultanza dei quali nel giudizio a quo non è stata neppure allegata) emerge univocamente che l’errore posto a fondamento della richiesta detta prospetta un vizio propriamente "valutativo", quindi "prettamente giuridico", dell’idoneità delle notifiche (significativamente i ricorrenti, nella parte conclusiva del ricorso per revocazione, scrivono: "poichè la nullità della notifica non è stata rilevata" e "tale nullità ha inficiato la validità del conseguente giudizio") , pertanto del tutto estraneo al semplice "errore di percezione" od alla "mera svista materiale", unici suscettibile di determinare la revocazione della sentenza che ne sia affetta.

C. Per la loro totale soccombenza i ricorrenti, ai sensi degli artt. 91 e 97 c.p.c., debbono essere solidalmente condannati a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità, liquidate – assumendo a parametro di riferimento le vigenti tariffe professionali forensi in osservanza del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, commi 2 e 3 ("disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita", in Supplemento ordinario n. 18 alla GURI n. 19 del 24 gennaio 2012, in vigore dal 24 gennaio 2012, il cui comma 1 ha espressamente abrogato "le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico"), come "sostituito" dall’allegato alla Legge (di conversione) 24 marzo 2012, n. 27 (pubblicata nel supplemento ordinario n. 71 alla GURI del 24 marzo 2012), per il quale " nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del… decreto" detto – nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese processuali nei confronti del Ministero intimato non avendo questo ente svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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